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STORIA DEL CINEMA POLACCO

La prima storia del cinema polacco pubblicata in rete in lingua italiana

Il periodo della cosiddetta “Scuola Polacca”

Anno 1957. Un memorabile afoso autunno. Da pił di dodici mesi – dalla manifestazione in Plac Defilad, dove si udirono molte parole su sofferenze inflitte, su errori e perversioni, e sul fatto che tali cose non si sarebbero mai pił ripetute – regna in tutto il paese una strana, festosa atmosfera.[1]

Antoni Libera

 

Władysław Gomułka, durante il suo famoso discorso in Plac Defilad nel 1956[2], fa nascere grandi aspettative di libertą, ma presto tra i cittadini e in particolare tra gli artisti inizia a serpeggiare la sensazione che le cose non vadano proprio come si sperava e l’iniziale ottimismo viene lentamente smorzato. Le illusioni legate alla sua nomina di segretario generale del partito comunista svaniscono gradualmente lasciando spazio ad una cocente delusione.

 

Tuttavia bisogna ammettere che il suo governo, per quanto ben lontano dal concedere la libertą che molti si aspettavano, ha comportato un certa apertura, soprattutto nei confronti di alcuni temi che erano veri e propri tabł fino a pochissimo tempo prima. Fra questi temi se ne trovano alcuni che, a partire dall’avvento del regime di Stalin sino a questo momento, non potevano essere affrontati se non attraverso numerosi filtri e falsificazioni imposti dalle esigenze del regime.

 

Ad esempio, gli scrittori avevano paura di raccontare l’insurrezione di Varsavia o di scrivere dell’Armia Krajowa, perché questi argomenti avrebbero attirato lo sguardo della censura; bisogna tener conto che l’Armia Krajowa, l’esercito clandestino polacco, rappresentava per molti cittadini polacchi molto pił di una semplice organizzazione: aveva dato un vero e proprio senso alla loro vita durante la guerra, oltre al fatto che erano moltissimi coloro che contavano tra i suoi membri i propri cari scomparsi.

 

I cosiddetti “AK” erano per il cittadino comune dei veri propri eroi, ma le autoritą li consideravano soggetti scomodi: spesso venivano umiliati, esclusi e costretti alla fuga all’estero; i loro stessi familiari avevano grossi problemi a trovare posti di lavoro, i loro figli potevano essere cacciati da scuola, tanto che nacque la tendenza a nascondere un’eventuale parentela con uno di essi. Bisogna quindi immedesimarsi nei cittadini polacchi di quel periodo per capire quanto fossero vive le ferite della guerra e dell’insurrezione e quanto fosse pesante per loro non poter nemmeno esprimere il loro dolore.

 

Prima o poi l’arte avrebbe dovuto fare i conti con questo e con tutti quegli altri temi che fino a quel momento non potevano essere affrontati come la religione, l’esistenza di criminalitą e altri problemi sociali, le difficoltą del quotidiano, ecc… Č sullo sfondo di questo stato d’animo che inizia a manifestarsi, a partire dall’ultimo periodo del cinema del disgelo, la cosiddetta “Scuola Polacca”.

 

Non č facile dare una forma definita e attribuire caratteristiche omogenee a questa espressione. Basti pensare che spesso gli stessi esponenti di questo fenomeno non si riconoscono in esso. Come dice Kazimierz Kutz, regista e critico cinematografico polacco che inizia a lavorare come assistente di Wajda proprio in quegli anni: Hanno parlato di una scuola polacca che non č mai esistita. Non ci sono mai stati un pensiero o direttrici comuni, ma soltanto l’avventura di individui isolati.[3]. Si tratta infatti di identitą separate che lavorano in autonomia e hanno linguaggi, tematiche e stili diversi tra loro.

 

La cosa migliore č dunque lasciare le “definizioni” a chi questa Scuola, sempre che sia esistita veramente, l’ha vissuta:

 

Innanzi tutto bisognerebbe rispondere a una domanda fondamentale: che cos’era la “scuola polacca”? La definizione stessa č nata in modo strano. Pur riferendosi a una invenzione del tutto polacca, il nome “scuola polacca” č venuto dalla Francia, dopo il successo che i nostri film, quali I dannati di Varsavia, avevano ottenuto al Festival di Cannes.

Penso che questa definizione non sia mai piaciuta ai critici polacchi. Nessuno ha tratto le conseguenze dal fatto che dal momento che c’era gią un nome, questo era un dato di fatto che non andava negato. Invece la maggior parte dei critici ha sostenuto che la “scuola polacca” non esisteva, che era semplicemente un’invenzione francese. Si sarebbe invece dovuto riflettere sull’importanza di questo fenomeno, sulle possibilitą di esistere ed evolvere.

Intervista con Andrzej Wajda, 1988[4]

 

Č una scuola formata da una nuova generazione di registi polacchi in gran parte diplomatisi alla Scuola di Cinema di Łódź. Quella generazione, cresciuta durante l’Occupazione, in un’atmosfera patriottica, in tempi che ricordavano, e in maniera ancor pił feroce, la mancanza di libertą dell’epoca delle spartizioni, aveva recepito gią da allora l’idea, tanto caratteristica per la nostra letteratura, della missione storica dell’arte nazionale.

La genesi della “Scuola Polacca”

Intervista con Aleksander Jackiewicz, 1988[5]

 

Recentemente “Przegląd Kulturalny” ha pubblicato le opinioni di alcuni cineasti su questa “infelice” scuola. (…) a conclusione di un ragionamento piuttosto fantasioso, affermano che l’introduzione di tale termine avrebbe posto un limite alle potenzialitą artistiche del cinema polacco, escludendo artisti per i quali nella “scuola” non c’č spazio. Forse hanno preso troppo alla lettera il termine “scuola” (pagelle, colloqui con i genitori, bacchettate), ma qui si tratta di una scuola diversa, una scuola creata dai cineasti stessi.

Eppure scuola

Bolesław Michałek[6]

 

Secondo me questo gruppo era superiore agli altri proprio perché sprovvisto di un qualsiasi programma. Generalmente, infatti, l’elaborazione di un programma esige un tale dispendio di energie da risultare alla fine completamente inutile e improduttivo. Quel gruppo era costituito molto semplicemente da persone piene di entusiasmo, desiderose di fare un cinema personale e contrapposto non solo alla cinematografia polacca di allora, ma anche a quanto accadeva nel mondo. Un gruppo che voleva esprimersi con la propria voce.

La genesi della “Scuola Polacca”

Intervista con Tadeusz Konwicki, 1988[7]

 

I primi a parlare di Scuola Polacca negli anni ’50 sono Aleksander Jackiewicz e Antoni Bohdziewicz. In modo quasi profetico il primo scrive: Vorrei che il nostro cinema si preparasse alla grande dissertazione storica, sociale e morale della vita che ci circonda, del nostro tempo, che nasca una scuola cinematografica polacca (corsivo dell’autore) degna della grande tradizione della nostra arte[8]. Si tenga conto che queste parole risalgono a prima che nascesse il film Pokolenie (del 1954). Antoni Bohdziewicz utilizza invece l’espressione “Scuola Polacca” in una recensione su Pokolenie dal titolo Czyżby cyprysy i pinie na Powiślu? (trad. Ci sono forse cipressi e pini sull’Oltre Vistola?).[9]

 

Ambedue queste figure vedono nel futuro del cinema polacco una tendenza verso il neorealismo italiano e suggeriscono quest’ultimo come modello della nuova Scuola che sta per vedere la luce. E’ indicativo, infatti, che Jackiewicz, recensendo i film Godziny nadziei (trad. Ore di speranza) e Piątka z ulicy Barskiej (trad. I cinque della via Barska), rispettivamente del ’55 e del ’53 scriva un articolo intitolato Z ziemi włoskiej do Polski[10] (trad. Dalla terra Italiana alla Polonia).

 

Queste idee sono lungimiranti e rivoluzionarie ma i tempi non sono maturi: č ancora difficile liberarsi dei retaggi dello stalinismo e risulta infinitamente complesso mettere in pratica questi spunti. La Scuola Polacca vedrą davvero la luce, ma nel successivo lasso di tempo, breve ma intenso, che va dal 1956 al 1963.

 

Marek Hendrykowski, critico cinematografico, nel suo articolo Polska szkoła filmowa jako formacja artystyczna del 1997 su Kwartalnik Filmowy la definisce non come una scuola, o una corrente, o un insieme di correnti, ma come una formazione artistica, termine che a suo parere risulta pił adatto a spiegare la natura e la proporzione di questo fenomeno.

 

La critica ha avuto spesso la tendenza a semplificare per trovare analogie tra i vari esponenti e tra le varie opere della Scuola Polacca. Spesso si č soffermata sulle tematiche, che in molti film effettivamente toccano argomenti simili, come ad esempio quelli storici relativi alla seconda guerra mondiale. Tuttavia limitando la Scuola Polacca a questo ne verrebbero esclusi film che senza dubbio vi appartengono come Pętla (trad. Il cappio), Pociąg (Titolo italiano: Il treno della notte), Matka Joanna od Aniołów (Titolo italiano: Madre Giovanna degli Angeli) e altri di cui parleremo in seguito.

 

Allo stesso tempo, anche senza tener conto delle tematiche, come conciliare tra loro e inserire in una stessa categoria opere di registi cosģ diversi tra loro come Andrzej Wajda, Andrzej Munk, Wojciech Jerzy Has, Jerzy Kawalerowicz, Kazimierz Kutz e Stanisław Różewicz?[11] Il fatto č che in realtą si tratta un fenomeno complesso, pieno di eccezioni e soprattutto privo di una linea di sviluppo univoca e leggibile. La Scuola Polacca ha carattere multiforme, non ha un modello unico di autore, opera, stile o soggetto e inoltre riguarda non solo la categoria dei registi, ma anche quella degli scrittori, (Jerzy Stefan Stawiński, Tadeusz Konwicki), degli operatori (Jerzy Lipman, Jerzy Wójcik, Kurt Weber, Jan Laskowski) e degli attori (Zbigniew Cybulski, Bogumił Kobiela, Tadeusz Janczar, Adam Pawlikowski).

 

Tadeusz Lubelski suddivide i film riconducibili alla Scuola individuando diverse correnti che si distinguono in base alle differenze negli approcci registici.

 

La corrente originaria, ovvero quella che fa nascere la definizione “Scuola Polacca”, č detta dal critico “psicoterapeutica” e comprende film che sviscerano gli avvenimenti e gli stati d’animo caratteristici di un tempo e luogo ben definiti: la Polonia durante, subito prima e subito dopo la seconda guerra mondiale. Come dice la stessa definizione, l’obiettivo sembra proprio quello di riportare alla luce ferite per troppo tempo nascoste o rimosse, al fine di dar loro un senso e, in questo modo, guarirle.

 

In questa corrente si inserisce innanzi tutto quella che si potrebbe definire la “trilogia della guerra” di Andrzej Wajda, formata da Kanał (Titolo Italiano: I dannati di Varsavia), Popiół i dyament (Titolo italiano: Cenere e diamanti) e Lotna. Sullo stesso argomento, ma con uno stile ironico che molto si distacca da quello lirico e romantico di Andrzej Wajda, si aggiungono i due film di Andrzej Munk Zezowate szczęście (Titolo italiano: La fortuna strabica) e Eroica. A chiudere non puņ mancare Pasażerka (Titolo italiano: La passeggera), bellissimo film che Andrzej Munk lascia incompiuto, perché muore tragicamente in un incidente stradale.

 

Di eguale importanza e valore artistico č la corrente definita da Lubelski “psicologico-esistenziale”, che vede tra le sue fila alcune tra le pił belle pellicole di quegli anni. In questo caso la tendenza č quella di mettere a fuoco i problemi psicologici ed esistenziali che tormentano l’uomo, affrontandoli in modo pił universale e meno legato alla specifica esperienza polacca. Tra le tematiche affrontate vi sono la ricerca di un’identitą sociale, il rapporto con gli altri individui, la mancanza di punti di riferimento, la ricerca di una strada o di un modello da seguire.

 

Questo si riscontra in film come Pożegnania (trad. Addii), Rozstanie (trad. Separazione) e Wspólny pokój (trad.  Stanza in comune) di Woiciech Jerzy Has, Salto di Tadeusz Konwicki o Pociąg di Jerzy Kawalerowicz. Si ritrovano anche tematiche pił specifiche come la religione in Matka Joanna od Aniołów di Jerzy Kawalerowicz e l’alcolismo in Pętla di Woiciech Jerzy Has.

 

Se il tema principale di questa corrente non č la guerra, questo non vuol dire che di quest’ultima non si tenga conto: in alcuni casi, infatti, questo argomento č fortemente presente. La differenza sta nell’approccio, che si concentra maggiormente sull’uomo e che tralascia la specificitą della storia polacca: il conflitto che sta alla base di Prawdziwy koniec wielkiej wojny (trad. La vera fine della grande guerra) di Jerzy Kawalerowicz o di Jak być kochaną (trad. Come essere amata) di Woiciech Jerzy Has potrebbe essere avvenuto in qualunque luogo o tempo senza cambiare minimamente il senso del film.

 

Lubelski definisce un’ulteriore corrente “popolare”, in cui inserisce alcune pellicole di Stanisław Różewicz e Kazimierz Kutz. In esse si affronta ancora il tema della guerra, ma distaccandosi nettamente sia dai toni lirici di Wajda, sia da quelli ironici di Munk, ma anche da quelli psicologico-esistenziali di film come Prawdziwy koniec wielkiej wojny e Jak być kochaną. Kutz, in particolare, si pone in una posizione di aperta contraddizione nei confronti dell’intellettualismo o dell’eccessivo pathos della Scuola Polacca, rifiutando di essere ad essa assimilato.

 

I film appartenenti a questa corrente sono Trzy Kobiety (trad. Tre donne), Świadectwo urodzenia (trad. Testimone di nascita), Wolne Miasto (trad. Cittą libera) e Westerplatte di Stanisław Różewicz e Ludzie z pociągu (trad. Gli uomini del treno), Krzyż walecznych (trad. Croce al valore) e Nikt nie woła (trad. Nessuno chiama) di Kazimierz Kutz.

 

In questa variante “popolare” possono anche essere inseriti film come Dezerter (trad. Disertore) di Witold Lesiewicz e Zamach (trad. Assassinio) di Jerzy Passendorfer, ambedue con sceneggiatura di Jerzy Stefan Stawiński, insieme a Pigułki dla Aurelii (trad. Pillole per Aurelia) di Stanisław Lenartowicz con sceneggiatura di Aleksander Ścibor-Rylski e Orzeł (trad. L’aquila), scritto e diretto da Leonard Buczkowski.

 

Se, invece, si volesse analizzare la Scuola Polacca in modo diverso da quello di Lubelski, non č del tutto sbagliato l’approccio di Marek Hendrykowski che non potendo omologare né le tematiche, né i linguaggi, né i generi vede come unico asse d’analisi possibile quello storico, dividendo il periodo cronologicamente in cinque fasi.

 

Di esse la prima ha inizio con le pellicole nate a cavallo tra il Socrealizm e la Scuola Polacca, che hanno come principale riferimento il primo ma iniziano gradualmente a contrapporsi ad esso.

 

Le fasi successive comprendono la definitiva liberazione dal Socrealizm e il distacco dalla tradizione presente fino a quel momento, con la creazione di una vera propria avanguardia che apre la strada non solo al neorealismo polacco, ma anche ad altre tendenze verso cui si muoveva in quegli anni il cinema europeo in generale: espressionismo, surrealismo, esistenzialismo, teatro dell’assurdo, con particolare attenzione alla vita privata e interiore dell’uomo.

 

Nell’ultima fase inizia un declino, se di declino si puņ parlare, da cui tuttavia nascono due giovani personalitą che, pur distaccandosi dalla Scuola Polacca, devono ad essa la loro formazione: Roman Polański e Jerzy Skolimowski debuttano rispettivamente nel 1962 e 1964 con Nóż w wodzie (Titolo italiano: Il coltello nell’acqua) e Rysopis (Titolo italiano: Rysopis - Segni particolari nessuno) e incarnano una nuova formazione ideologico-artistica per la quale la Scuola fa parte del passato, ma non per questo č un capitolo chiuso.

 

Considerate le difficoltą nel categorizzare linguaggi, tematiche e opere diversi e considerato che gli autori che appartengono alla Scuola Polacca sono di fatto identitą separate e indipendenti tra loro, si č preferito suddividere questa sezione in paragrafi dedicati per lo pił a singoli esponenti della formazione. Non si troverą in questo capitolo un paragrafo dedicato a Tadeusz Konwicki perché questa personalitą, indubbiamente fondamentale per la Scuola, viene gią analizzata in capitoli precedenti e verrą ulteriormente approfondita in quelli successivi.

 

Inoltre alcune pellicole che nell’originale suddivisione in correnti indicata da Lubelski sono attribuite alla Scuola Polacca si trovano in questo testo inserite in sezioni precedenti e successive, perché il confine tra ciņ che fa parte e ciņ che non fa parte di questa formazione non č definibile con precisione. Questo vale, ad esempio, per tutti i film della “Czarna Seria”[12], inseriti nella parte riguardante il disgelo, cosģ come per i film Zaduszki (trad. Giorno dei morti) e Ostatni dzień lata (trad. L’ultimo giorno d’estate) di Konwicki, che verranno inseriti nei prossimi capitoli in quanto gią considerabili precursori della “Nowa Fala”, ovvero della Nouvelle Vague polacca.



[1] In lingua originale: Rok pięćdziesiąty siódmy. Pamiętna upalna jesień. Od ponad dwunastu miesięcy – od wiecu na placu Defi lad, gdzie padło wiele słów o wyrządzonym złu, o błędach i wypaczeniach, i o tym, że takie rzeczy więcej się nie powtórzą, panuje w całym kraju dziwny, odświętny nastrój. Traduzione mia.
Da Godot i jego cień di Antoni Libera - Znak, Varsavia 2009.

[2] Vedi capitolo: Il disgelo e la liberazione dal Socrealizm.

[3] Il cinema dell’Inteligencja di Tadeusz Sobolewski, da Dalla scuola polacca al nuovo cinema, 1956 – 1970, a cura di Malgorzata Furdal e Roberto Turigliatto - Ubulibri, Milano 1988.

[4] Ibid.

[5] Ibid.

[6] Ibid.

[7] Ibid.

[8] In lingua originale: Chciałbym aby nasz film przygotował się do wielkiej rozprawy historycznej, społecznej i moralnej z otaczającym nas życiem, z naszym czasem, aby powstała polska szkoła filmowa godna wielkiej tradycji naszej sztuki. Traduzione mia. Da Prawo do eksperymentu di Aleksander Jackiewicz, da Przegląd Kulturalny, 1954, nr 51-52.

[9] Czyżby cyprysy i pinie na Powiślu? di Antoni Bohdziewicz, da Łódź Literacka, I-III, 1955.

[10] Z ziemi włoskiej do Polski di Aleksander Jackiewicz, da Latarnia czarnoksięska, Varsavia 1956. Il titolo č anche un verso dell’inno nazionale polacco.

[11] Polska szkoła filmowa jako formacja artystyczna di Marek Hendrykowski, da Kwartalnik Filmowy del 1997, nr 17, pag. 120-130

[12] Vedi capitolo: Il disgelo e la liberazione dal Socrealizm, paragrafo: La Czarna seria.