Anno
1957. Un memorabile afoso autunno. Da pił di
dodici mesi – dalla manifestazione in Plac Defilad, dove si udirono
molte
parole su sofferenze inflitte, su errori e perversioni, e sul fatto che
tali
cose non si sarebbero mai pił ripetute – regna in tutto il paese una
strana,
festosa atmosfera.
Antoni
Libera
Władysław Gomułka, durante
il suo famoso discorso in Plac Defilad nel 1956, fa nascere
grandi aspettative di libertą,
ma presto tra i cittadini e in particolare tra gli artisti inizia a
serpeggiare
la sensazione che le cose non vadano proprio come si sperava e
l’iniziale ottimismo
viene lentamente smorzato. Le illusioni legate alla sua nomina di
segretario
generale del partito comunista svaniscono gradualmente lasciando spazio
ad una
cocente delusione.
Tuttavia bisogna
ammettere che il suo governo, per quanto
ben lontano dal concedere la libertą che molti si aspettavano, ha
comportato un
certa apertura, soprattutto nei confronti di alcuni temi che erano veri
e
propri tabł fino a pochissimo tempo prima. Fra questi temi se ne
trovano alcuni
che, a partire dall’avvento del regime di Stalin sino a questo momento,
non
potevano essere affrontati se non attraverso numerosi filtri e
falsificazioni
imposti dalle esigenze del regime.
Ad esempio, gli
scrittori avevano paura di raccontare
l’insurrezione di Varsavia o di scrivere dell’Armia Krajowa, perché
questi
argomenti avrebbero attirato lo sguardo della censura; bisogna tener
conto che
l’Armia Krajowa, l’esercito clandestino polacco, rappresentava per
molti
cittadini polacchi molto pił di una semplice organizzazione: aveva dato
un vero
e proprio senso alla loro vita durante la guerra, oltre al fatto che
erano
moltissimi coloro che contavano tra i suoi membri i propri cari
scomparsi.
I cosiddetti “AK”
erano per il cittadino comune dei veri
propri eroi, ma le autoritą li consideravano soggetti scomodi: spesso
venivano
umiliati, esclusi e costretti alla fuga all’estero; i loro stessi
familiari
avevano grossi problemi a trovare posti di lavoro, i loro figli
potevano essere
cacciati da scuola, tanto che nacque la tendenza a nascondere
un’eventuale parentela
con uno di essi. Bisogna quindi immedesimarsi nei cittadini polacchi di
quel
periodo per capire quanto fossero vive le ferite della guerra e
dell’insurrezione e quanto fosse pesante per loro non poter nemmeno
esprimere
il loro dolore.
Prima o poi l’arte
avrebbe dovuto fare i conti con questo e
con tutti quegli altri temi che fino a quel momento non potevano essere
affrontati come la religione, l’esistenza di criminalitą e altri
problemi
sociali, le difficoltą del quotidiano, ecc… Č sullo sfondo di questo
stato
d’animo che inizia a manifestarsi, a partire dall’ultimo periodo del
cinema del
disgelo, la cosiddetta “Scuola Polacca”.
Non č facile dare
una forma definita e attribuire caratteristiche omogenee a questa
espressione. Basti pensare che spesso gli stessi esponenti di
questo
fenomeno non si riconoscono in esso. Come dice Kazimierz Kutz, regista
e
critico cinematografico polacco che inizia a lavorare come assistente
di Wajda
proprio in quegli anni: Hanno
parlato di
una scuola polacca che non č mai esistita. Non ci sono mai stati un
pensiero o
direttrici comuni, ma soltanto l’avventura di individui isolati..
Si
tratta infatti di identitą separate che lavorano in autonomia e hanno
linguaggi,
tematiche e stili diversi tra loro.
La cosa migliore č
dunque lasciare le “definizioni” a chi
questa Scuola, sempre che sia esistita veramente, l’ha vissuta:
Innanzi
tutto
bisognerebbe rispondere a una domanda
fondamentale: che cos’era la “scuola polacca”? La definizione stessa č
nata in
modo strano. Pur riferendosi a una invenzione del tutto polacca, il
nome
“scuola polacca” č venuto dalla Francia, dopo il successo che i nostri
film,
quali I dannati di
Varsavia, avevano ottenuto al
Festival di Cannes.
Penso che questa
definizione non sia mai piaciuta ai critici polacchi. Nessuno ha tratto
le
conseguenze dal fatto che dal momento che c’era gią un nome, questo era
un dato
di fatto che non andava negato. Invece la maggior parte dei critici ha
sostenuto che la “scuola polacca” non esisteva, che era semplicemente
un’invenzione francese. Si sarebbe invece dovuto riflettere
sull’importanza di
questo fenomeno, sulle possibilitą di esistere ed evolvere.
Intervista
con Andrzej
Wajda, 1988
Č una
scuola
formata da una nuova generazione di
registi polacchi in gran parte diplomatisi alla Scuola di Cinema di
Łódź. Quella
generazione, cresciuta durante l’Occupazione, in un’atmosfera
patriottica, in
tempi che ricordavano, e in maniera ancor pił feroce, la mancanza di
libertą
dell’epoca delle spartizioni, aveva recepito gią da allora l’idea,
tanto caratteristica
per la nostra letteratura, della missione storica dell’arte nazionale.
La
genesi della “Scuola Polacca”
Intervista
con
Aleksander Jackiewicz, 1988
Recentemente
“Przegląd
Kulturalny” ha pubblicato le opinioni di alcuni cineasti su questa
“infelice”
scuola. (…) a conclusione di un ragionamento piuttosto fantasioso,
affermano
che l’introduzione di tale termine avrebbe posto un limite alle
potenzialitą
artistiche del cinema polacco, escludendo artisti per i quali nella
“scuola”
non c’č spazio. Forse hanno preso troppo alla lettera il termine
“scuola”
(pagelle, colloqui con i genitori, bacchettate), ma qui si tratta di
una scuola
diversa, una scuola creata dai cineasti stessi.
Eppure scuola
Bolesław
Michałek
Secondo
me questo
gruppo era superiore agli altri proprio perché sprovvisto di un
qualsiasi
programma. Generalmente, infatti, l’elaborazione di un programma esige
un tale
dispendio di energie da risultare alla fine completamente inutile e
improduttivo.
Quel gruppo era costituito molto semplicemente da persone piene di
entusiasmo,
desiderose di fare un cinema personale e contrapposto non solo alla
cinematografia polacca di allora, ma anche a quanto accadeva nel mondo.
Un
gruppo che voleva esprimersi con la propria voce.
La
genesi della “Scuola Polacca”
Intervista
con Tadeusz
Konwicki, 1988
I primi a parlare
di Scuola Polacca negli anni ’50 sono Aleksander Jackiewicz
e Antoni Bohdziewicz.
In modo quasi profetico
il primo scrive: Vorrei
che il nostro
cinema si preparasse alla grande dissertazione storica, sociale e
morale della vita
che ci circonda, del nostro tempo, che nasca una scuola
cinematografica polacca (corsivo
dell’autore) degna della grande tradizione della nostra arte.
Si
tenga conto che queste parole risalgono a prima che nascesse il film Pokolenie (del
1954). Antoni Bohdziewicz
utilizza invece l’espressione “Scuola Polacca” in una recensione su Pokolenie dal titolo
Czyżby
cyprysy i pinie na Powiślu? (trad. Ci sono
forse cipressi e pini sull’Oltre Vistola?).
Ambedue queste
figure vedono nel futuro del cinema polacco una
tendenza verso il neorealismo italiano e suggeriscono quest’ultimo come
modello
della nuova Scuola che sta per vedere la luce. E’ indicativo, infatti,
che
Jackiewicz, recensendo i film Godziny
nadziei
(trad. Ore di speranza) e Piątka z ulicy
Barskiej (trad. I cinque della via Barska),
rispettivamente
del ’55 e del ’53 scriva un articolo intitolato Z ziemi
włoskiej do Polski (trad. Dalla terra Italiana
alla Polonia).
Queste idee sono
lungimiranti e rivoluzionarie ma i tempi
non sono maturi: č ancora difficile liberarsi dei retaggi
dello stalinismo e risulta infinitamente complesso mettere in
pratica
questi spunti. La Scuola Polacca vedrą davvero la luce, ma nel
successivo lasso
di tempo, breve ma intenso, che va dal 1956 al 1963.
Marek Hendrykowski,
critico cinematografico, nel suo articolo Polska
szkoła filmowa jako formacja artystyczna del 1997 su
Kwartalnik Filmowy
la definisce non come una scuola, o una corrente, o un insieme di
correnti, ma
come una formazione artistica, termine che a suo parere risulta pił
adatto a
spiegare la natura e la proporzione di questo fenomeno.
La critica ha avuto
spesso la tendenza a semplificare per
trovare analogie tra i vari esponenti e tra le varie opere della Scuola
Polacca.
Spesso si č soffermata sulle tematiche, che in molti film
effettivamente toccano argomenti simili, come ad esempio quelli storici
relativi alla seconda guerra mondiale. Tuttavia limitando la Scuola
Polacca a
questo ne verrebbero esclusi film che senza dubbio vi appartengono come
Pętla
(trad. Il cappio), Pociąg
(Titolo italiano: Il treno della notte), Matka
Joanna od Aniołów (Titolo italiano: Madre Giovanna degli Angeli) e
altri
di cui parleremo in seguito.
Allo stesso tempo,
anche senza tener conto delle tematiche,
come conciliare tra loro e inserire in una stessa categoria opere di
registi
cosģ diversi tra loro come Andrzej
Wajda,
Andrzej
Munk, Wojciech
Jerzy Has, Jerzy
Kawalerowicz, Kazimierz
Kutz e Stanisław
Różewicz?
Il
fatto č che in realtą si tratta un fenomeno complesso, pieno di
eccezioni e
soprattutto privo di una linea di sviluppo univoca e leggibile. La
Scuola
Polacca ha carattere multiforme, non ha un modello unico di autore,
opera,
stile o soggetto e inoltre riguarda non solo la categoria dei registi,
ma anche
quella degli scrittori, (Jerzy
Stefan
Stawiński, Tadeusz Konwicki), degli operatori (Jerzy
Lipman, Jerzy
Wójcik, Kurt
Weber, Jan
Laskowski) e degli attori (Zbigniew Cybulski,
Bogumił
Kobiela, Tadeusz
Janczar, Adam
Pawlikowski).
Tadeusz Lubelski
suddivide i film riconducibili alla Scuola
individuando diverse correnti che si distinguono in base alle
differenze negli
approcci registici.
La corrente
originaria, ovvero quella che fa nascere la
definizione “Scuola Polacca”, č detta dal critico “psicoterapeutica” e
comprende
film che sviscerano gli avvenimenti e gli stati d’animo caratteristici
di un
tempo e luogo ben definiti: la Polonia durante, subito prima e subito
dopo la
seconda guerra mondiale. Come dice la stessa definizione, l’obiettivo
sembra
proprio quello di riportare alla luce ferite per troppo tempo nascoste
o rimosse,
al fine di dar loro un senso e, in questo modo, guarirle.
In questa corrente
si inserisce innanzi tutto quella che si
potrebbe definire la “trilogia della guerra” di Andrzej Wajda,
formata da Kanał (Titolo
Italiano: I dannati di Varsavia),
Popiół
i dyament (Titolo italiano: Cenere e
diamanti) e Lotna.
Sullo stesso
argomento, ma con uno stile ironico che molto si distacca da quello
lirico e
romantico di Andrzej
Wajda, si
aggiungono i due film di Andrzej
Munk Zezowate
szczęście (Titolo italiano: La fortuna
strabica) e Eroica.
A chiudere non
puņ mancare Pasażerka
(Titolo italiano: La
passeggera), bellissimo film che Andrzej
Munk lascia incompiuto, perché muore tragicamente in un
incidente
stradale.
Di eguale
importanza e valore artistico č la corrente
definita da Lubelski “psicologico-esistenziale”, che vede tra le sue
fila alcune
tra le pił belle pellicole di quegli anni. In questo caso la tendenza č
quella
di mettere a fuoco i problemi psicologici ed esistenziali che
tormentano
l’uomo, affrontandoli in modo pił universale e meno legato alla
specifica esperienza
polacca. Tra le tematiche affrontate vi sono la ricerca di un’identitą
sociale,
il rapporto con gli altri individui, la mancanza di punti di
riferimento, la
ricerca di una strada o di un modello da seguire.
Questo si riscontra
in film come Pożegnania
(trad. Addii), Rozstanie
(trad.
Separazione) e Wspólny
pokój (trad. Stanza
in comune) di Woiciech Jerzy Has, Salto di Tadeusz
Konwicki o Pociąg
di Jerzy Kawalerowicz. Si ritrovano
anche tematiche pił specifiche come la religione in Matka Joanna od Aniołów
di Jerzy Kawalerowicz
e l’alcolismo in Pętla
di Woiciech Jerzy Has.
Se il tema
principale di questa corrente non č la guerra, questo
non vuol dire che di quest’ultima non si tenga conto: in alcuni casi,
infatti,
questo argomento č fortemente presente. La differenza sta
nell’approccio, che si concentra maggiormente sull’uomo e che tralascia
la
specificitą della storia polacca: il conflitto che sta alla base di Prawdziwy koniec wielkiej wojny
(trad. La vera fine
della grande guerra) di Jerzy Kawalerowicz o di Jak być kochaną (trad. Come
essere amata) di
Woiciech Jerzy Has potrebbe
essere
avvenuto in qualunque luogo o tempo senza cambiare minimamente il senso
del
film.
Lubelski definisce
un’ulteriore corrente “popolare”, in cui
inserisce alcune pellicole di Stanisław Różewicz e Kazimierz Kutz. In
esse si
affronta ancora il tema della guerra, ma distaccandosi nettamente sia
dai toni
lirici di Wajda, sia da quelli ironici di Munk, ma anche da quelli
psicologico-esistenziali di film come Prawdziwy
koniec wielkiej wojny e Jak być kochaną.
Kutz, in particolare, si pone in una posizione di aperta contraddizione
nei
confronti dell’intellettualismo o dell’eccessivo pathos della Scuola
Polacca,
rifiutando di essere ad essa assimilato.
I film appartenenti
a questa corrente sono Trzy
Kobiety (trad. Tre donne), Świadectwo urodzenia (trad.
Testimone di nascita),
Wolne
Miasto (trad. Cittą
libera)
e Westerplatte
di Stanisław Różewicz e Ludzie
z pociągu (trad. Gli uomini del treno),
Krzyż
walecznych (trad. Croce al valore) e Nikt nie woła (trad. Nessuno
chiama) di Kazimierz
Kutz.
In questa variante
“popolare” possono anche essere inseriti
film come Dezerter
(trad. Disertore) di Witold Lesiewicz
e Zamach (trad.
Assassinio) di Jerzy
Passendorfer, ambedue con
sceneggiatura di Jerzy Stefan Stawiński, insieme a Pigułki dla Aurelii (trad.
Pillole per Aurelia)
di Stanisław
Lenartowicz con
sceneggiatura di Aleksander Ścibor-Rylski e Orzeł
(trad. L’aquila), scritto e diretto da Leonard Buczkowski.
Se, invece, si
volesse analizzare la Scuola Polacca in modo
diverso da quello di Lubelski, non č del tutto sbagliato l’approccio di
Marek
Hendrykowski che non potendo omologare né le tematiche, né i linguaggi,
né i
generi vede come unico asse d’analisi possibile quello storico,
dividendo il
periodo cronologicamente in cinque fasi.
Di esse la prima ha
inizio con le pellicole nate a cavallo
tra il Socrealizm e la Scuola Polacca, che hanno come principale
riferimento il
primo ma iniziano gradualmente a contrapporsi ad esso.
Le fasi successive
comprendono la definitiva liberazione dal
Socrealizm e il distacco dalla tradizione presente fino a quel momento,
con la
creazione di una vera propria avanguardia che apre la strada non solo
al
neorealismo polacco, ma anche ad altre tendenze verso cui si muoveva in
quegli
anni il cinema europeo in generale: espressionismo, surrealismo,
esistenzialismo, teatro dell’assurdo, con particolare attenzione alla
vita
privata e interiore dell’uomo.
Nell’ultima fase
inizia un declino, se di declino si puņ parlare,
da cui tuttavia nascono due giovani personalitą che, pur distaccandosi
dalla Scuola
Polacca, devono ad essa la loro formazione: Roman
Polański e Jerzy
Skolimowski debuttano
rispettivamente nel 1962 e 1964 con Nóż
w wodzie
(Titolo italiano: Il coltello nell’acqua)
e Rysopis (Titolo italiano: Rysopis
- Segni particolari
nessuno) e incarnano una nuova formazione
ideologico-artistica per la
quale la Scuola fa parte del passato, ma non per questo č un capitolo
chiuso.
Considerate le
difficoltą nel categorizzare linguaggi,
tematiche e opere diversi e considerato che gli autori che appartengono
alla
Scuola Polacca sono di fatto identitą separate e indipendenti tra loro,
si č
preferito suddividere questa sezione in paragrafi dedicati per lo pił a
singoli
esponenti della formazione. Non si troverą in questo capitolo un
paragrafo
dedicato a Tadeusz
Konwicki perché
questa personalitą, indubbiamente fondamentale per la Scuola, viene gią
analizzata in capitoli precedenti e verrą ulteriormente approfondita in
quelli
successivi.
Inoltre alcune
pellicole che nell’originale suddivisione in
correnti indicata da Lubelski sono attribuite alla Scuola Polacca si
trovano in
questo testo inserite in sezioni precedenti e successive, perché il
confine tra
ciņ che fa parte e ciņ che non fa parte di questa formazione non č
definibile
con precisione. Questo vale, ad esempio, per tutti i film della “Czarna
Seria”,
inseriti nella parte riguardante il disgelo, cosģ come per i film Zaduszki (trad. Giorno dei morti)
e Ostatni dzień lata
(trad. L’ultimo giorno d’estate) di
Konwicki, che verranno inseriti nei prossimi capitoli in quanto gią
considerabili precursori della “Nowa Fala”, ovvero della Nouvelle Vague
polacca.
|