Uno dei primi
scrittori ad osare un passo in direzione della
Scuola Polacca č Jerzy
Stefan Stawiński
che, abbandonata la strada che era stato costretto a prendere
precedentemente
con il suo socrealistico Herkulesy,
si
orienta verso narrazioni pił vere e pił vicine alla propria esperienza
personale.
Jerzy Stefan
Stawiński nasce nel 1921 in Masovia in una
classica colta famiglia dell’inteligencja
polacca e studia diritto all’Universitą di Varsavia. Nel 1939 prende
parte alla
Campagna di Settembre e durante l’occupazione diventa un combattente
dell’Armia
Krajowa. Partecipa all’insurrezione di Varsavia e viene successivamente
mandato
a Murnau nel campo di prigionia per ufficiali polacchi. Partecipa alla
battaglia di Monte Cassino e dopo un soggiorno in Inghilterra torna a
Varsavia
nel 1947 dove riprende gli studi interrotti e li termina nel 1952.
Scrittore,
traduttore e sceneggiatore, dal 1957 al 1965 fa parte della squadra
cinematografica Kamera
e successivamente inizia
a lavorare per la SFP (Stowarzyszenie Filmowców Polskich, ovvero
Associazione
cineasti polacchi). Negli anni ‘70 diventa direttore artistico della
squadra Panorama
e poi della Iluzjon.
Il suo stile
razionale e rigoroso viene trasformato dalle
mani di registi come Andrzej
Wajda e Andrzej
Munk che aggiungono ai suoi testi i
tocchi inconfondibili del loro stile, il primo poetico ed epico, il
secondo
comico e ironico, dando vita ad alcuni capolavori del cinema degli anni
’50: da
Kanał
(Titolo Italiano: I dannati di Varsavia) a
Człowiek
na torze (trad. L’uomo sui binari),
Eroica
e Zezowate
Szczęście (trad. La fortuna strabica).
Dopo una lunga
carriera di sceneggiatore muore nel 2010 a
Varsavia. Nella seconda metą degli anni cinquanta il vero intento di
Stawiński
č quello di raccontare la sua esperienza durante il periodo bellico,
leggendola
perņ con un’ottica contemporanea, e di denunciare per quanto possibile
la
realtą sociale polacca del dopoguerra.
Il suo primo
pensiero č quello di raccontare la sua
esperienza pił drammatica. Negli ultimi giorni dell’insurrezione di
Varsavia
fugge con una squadra di uomini al suo comando attraverso le fogne
della cittą.
Arrivato finalmente all’uscita, si rende conto che sono rimasti vivi
soltanto
pochi di loro. Disperato ripercorre la strada all’indietro per andare a
cercarli ma puņ solo constatare che non c’č pił nessuno da salvare. Da
questa
esperienza nasce il romanzo Kanał.
Mentre Stawiński lo
scrive, Tadeusz
Konwicki inizia a pensare alla
trasposizione cinematografica. In un caffč sulla Via Marszałkowska si
incontrano tutti gli esponenti della Kadr: Jerzy Kawalerowicz, Konwicki, Wajda
e infine Munk e Stawiński, che stavano collaborando per Człowiek na torze.
Stawiński racconta quello
che sta scrivendo e Konwicki č molto colpito dal progetto. Wajda
suggerisce subito
la scena finale, proponendo di apporre una grata a una delle uscite dei
canali fognari
nella Vistola per girare quella che diventerą la scena pił famosa del
film.
Munk č il primo
candidato a girare il film: si reca nel
luogo dove si pensava di girare la scena, ma giudica impossibile girare
in quelle condizioni e con quella illuminazione che non gli garantiva
la buona
riuscita delle riprese, le quali, secondo quanto gli dettava il suo
stile,
dovevano essere realistiche, chiare, prive di contrasti eccessivi e
zone troppo
buie.
Konwicki decide
cosģ di dare la regia a Wajda che ha appena
finito di girare Pokolenie
(trad. Generazione) con
il direttore della fotografia Jerzy
Lipman,
il quale ha, per quanto riguarda la luce, idee molto rivoluzionarie.
Insieme a
quest’ultimo e parte della troupe di Pokolenie
Wajda inizia a girare questo film.
Andrzej Wajda nasce
nel 1926 nel nord est della Polonia, ma
presto si trasferisce a Radom. Il padre, Kazimierz
Wajda, cade prigioniero dei russi e viene ucciso a Katyń
lasciando nella
vita del futuro regista un vuoto incolmabile che non potrą essere
espresso appieno nella sua arte fino a quando non riuscirą a girare il
film Katyń
nel 2007. Durante la guerra studia inizialmente nelle scuole
clandestine, ma
deve subito smettere per motivi economici. Mentre lavora come
magazziniere, nonostante la situazione sempre pił difficile, si
interessa di
pittura. Nel ’42 si sposta a Varsavia e diventa membro dell’Armja
Krajowa,
l’esercito clandestino polacco. Quando molti dei suoi compagni vengono
presi
dalla Gestapo, decide di trasferirsi prima a Cracovia e poi, dopo la
fine della
guerra, di tornare a Radom per finire il liceo alle scuole serali.
Dopo il suo primo
film che segna i primi sintomi di distacco
dal Socrealizm, gira i suoi capolavori Kanał
e Popiół i dyament
(Titolo italiano: Cenere e
diamanti), che a Cannes e a Venezia faranno sģ che le sue
capacitą
vengano riconosciute anche all’estero. Con essi diventa uno dei
principali
esponenti della Scuola Polacca.
Collabora sia nel
cinema che nel teatro con Zbigniew
Cybulski, fino alla tragica e prematura
morte di quest’ultimo. Accompagna tutta la storia del cinema polacco
dagli anni
’50 fino ad oggi, riuscendo a produrre film durante tutto il periodo
del
comunismo nonostante la censura, mantenendo comunque un livello di
qualitą estremamente
alto. Indimenticabile il suo Krajobraz
po bitwie
(trad. Paesaggio dopo la battaglia) del 1970, che racconta
la vita di
tutti coloro che, appena finita la guerra, si trovavano in giro per
l’Europa
senza mezzi per raggiungere la propria casa, e spesso senza nemmeno
sapere chi
o cosa, una volta arrivati in patria, li avrebbe aspettati.
Prima e durante la
nascita del movimento di Solidarność gira
Człowiek
z marmoru (Titolo italiano: L'uomo di
marmo) del 1976 e Człowiek
z żelaza
(Titolo italiano: L'uomo di ferro) del 1981, in cui appare
anche lo
stesso Lech Wałęsa nei panni di se stesso. In queste due pellicole
racconta,
inserendosi nella corrente del cinema dell’inquietudine morale, i
difficili
tempi dello stalinismo e la successiva nascita di Solidarność,
attraverso le
vite degli stessi personaggi. Insieme a Wałęsa.
Człowiek z nadziei (trad. Wałęsa, l’uomo di speranza) del
2013, che riprende
gli stessi avvenimenti attraverso un’intervista di Lech Wałęsa con Oriana Fallaci,
costituiscono quella che
potrebbe essere definita una vera e propria trilogia.
Per quanto riguarda
Kanał
si impone con decisione su due particolari che ha intenzione di
inserire
nell’incipit del film: per prima cosa vuole mettere nei titoli di testa
una
scena che ritragga alcuni ulani a cavallo che corrono all’attacco dei
carri
armati nemici con uno stendardo col motto: Ku
chwale ojczyzny (trad. per la gloria della patria); il suo
secondo
desiderio č quello di mettere nella prima sequenza una voce narrante
fuori
campo che, mentre passano le immagini dei protagonisti del film che si
preparano alla giornata di combattimenti, racconta agli spettatori che
prima
della fine della giornata tutti questi ragazzi saranno morti. Per
questo modifica
leggermente la trama di Stawiński, che presupponeva la sopravvivenza di
alcuni
di loro tra cui Smukły, interpretato da Stanisław
Mikulski, che invece nel film muore tentando di sminare
un’uscita dalle
fogne trovata lungo la strada.
Ku chwale ojczyzny
diventa anche il titolo della sceneggiatura, che viene sottoposta al
CUK proprio durante un periodo di grandi avvenimenti politici: a metą
febbraio del ’56, infatti, si tiene il XX Congresso del Partito
Comunista
dell'Unione Sovietica,
dove
Nikita
Chruščėv decide di finalmente
di denunciare le violenze inflitte dal
regime di
Stalin. Il 12 marzo dello stesso anno Muore Bolesław
Bierut, presidente della Polonia popolare dal 1947 al
1952.
Dopo l’apertura
verso la riabilitazione dei combattenti
dell’Armia Krajowa, suggellata da un articolo sul settimanale Po Prostu
intitolato
Na
spotkanie ludziom z AK (trad. In
occasione dell’incontro con gli uomini dell’Armia Krajowa),
finalmente Wajda
e Stawiński ricevono l’autorizzazione a procedere con la realizzazione
del film.
Le scene sulle
rovine vengono girate un una zona di Varsavia
ancora distrutta, ovvero nei pressi del vicolo con le scalette che
dalla cittą
vecchia scende verso la Vistola e che si chiama ancora adesso Kamienne
Schodki.
I canali delle fogne vengono creati negli studi di Łódź. Nel ruolo di
Koraba avrebbe
dovuto esserci l’attore Zbigniew Cybulski, gią presente in Pokolenie, ma la
scelta cade poi su Tadeusz
Janczar, anch’egli presente nel film
precedente di Wajda.
La pellicola, che
esce il 20 aprile del 1957 con il titolo "Kanał",
suscita enorme interesse ma un’accoglienza un po’ freddina da parte del
pubblico che non ne condivide i toni troppo disfattisti: infatti gli
spettatori
del tempo si aspettano di assistere ad un ritratto realistico
dell’insurrezione
di Varsavia, mentre Wajda ha reso il suo film un dramma di pił ampio
respiro con intensa valenza simbolica.
Secondo il pubblico
manca di profonditą nella rappresentazione dello stato emozionale dei
protagonisti. Non piace neanche la voce fuori campo iniziale che
anticipa la fine dei protagonisti, perché toglie la tensione della
suspense. In questo film Wajda elimina ogni spiraglio di speranza:
qualunque strada si prenda, qualunque scelta si faccia č sbagliata e
porta alla morte. La visione dell’uomo che ne emerge non č eroica, ma
solo amara e pessimista: i protagonisti non muoiono non come eroi ma
come topi.
Il luogo e la situazione non possono non far pensare ad un inferno
dantesco, e non a caso il personaggio del compositore quando impazzisce
recita i versi di Dante.
Il film viene
rivalutato dal pubblico e dalla critica
polacca solo quando, proiettato al Festival di Cannes, riceve critiche
entusiastiche. Proprio a Cannes nel 1957 otterrą la Palma D’Argento a
pari
merito con Il settimo
sigillo di Ingmar
Bergman.
Sempre nel 1957
Wajda decide di girare un altro film dal
titolo Popiół i dyament
(Titolo italiano: Cenere
e diamanti), tratto dall’omonimo romanzo di Jerzy Andrzejewski
del 1948 che racconta i
giorni subito successivi alla fine della guerra nelle campagne intorno
a
Cracovia, focalizzandosi sulla storia di un esponente del partito
comunista e
di un nemico dello stato. Il romanzo seguiva i canoni imposti dal
regime, cosģ
come imponeva il periodo storico, e all’epoca della sua uscita aveva
riscosso
un importante successo.
Nel ’57 la sua
tematica non č pił molto attuale, ma Wajda,
aiutato da un Andrzejewski ben contento di riprendere in mano
quell’opera
scritta in tempi pił difficili, decide di ritoccare la storia
adattandola al
suo particolare momento storico: il protagonista diventa un giovane
soldato
dell’Armia Krajowa, Maciek
Chełmicki,
e l’azione viene limitata al lasso di tempo di un solo giorno, come
nella
tragedia greca. La tragicitą della vicenda viene accentuata
ulteriormente perché
i due autori decidono di porre il protagonista in una situazione senza
uscita, nella
quale qualunque scelta gli si sarebbe ritorta contro.
La Commissione di
Valutazione delle Sceneggiature nel 1958
accetta subito di buon grado il testo e dą il nulla osta per la
realizzazione
del film. Wajda sceglie per il ruolo del protagonista Zbigniew
Cybulski, attore bello e carismatico in cui gli spettatori si sarebbero
sicuramente immedesimati volentieri. Quest’ultimo sta in quel periodo
lavorando al film Do
widzenia,
do jutra (trad.
Arrivederci domani) con Janusz Morgenstern, allora aiuto
regista di Wajda. Il primo giorno delle riprese si presenta con i suoi
vestiti da “ragazzo degli anni ’50” e i suoi inseparabili occhiali da
sole, rifiutandosi di indossare gli abiti da soldato dell’Armia
Krajowa. Il giovane attore, futura grande star del cinema polacco,
convince Wajda che con questo abbigliamento avrebbe creato maggior
empatia con i giovani contemporanei.
L’importanza di
questa empatia risiede nel particolarissimo
momento storico in cui si trovano i nostri: nel ’58 l’euforia per
l’elezione di
Gomułka
č oramai quasi sfumata. Il
settimanale Po Prostu, che come gią detto č la rivista simbolo della
giovane inteligencja
polacca impegnata in riforme
politiche e sociali, č stato infatti chiuso da pochi mesi, e le
successive
manifestazioni studentesche subito represse. Dopo un breve periodo di
speranza,
buona parte del popolo polacco ha oramai raggiunto la consapevolezza
che la
libertą e l’indipendenza dall’influenza sovietica restano ancora un
sogno
impossibile da realizzare.
Nel ‘45 la
situazione era simile, perché la guerra era
finita e la Polonia era stata liberata dall’occupazione, ma purtroppo
la
speranza di libertą e indipendenza era offuscata dal fatto che sul
paese
incombeva irrimediabilmente l’ingombro dello stalinismo. Questo
parallelismo
tra le due epoche, con un protagonista che diventa un eroe romantico,
martire e
allo stesso tempo simile ai giovani contemporanei, insieme al tono
epico, fanno
sģ che il film venga accettato con entusiasmo. Il ministero della
cultura,
perņ, non gli consente di andare a Cannes. Fortunatamente poco dopo
subentra come
Presidente dell'Ufficio di Cinematografica Jan
Lewiński, che riesce a farlo proiettare a Venezia dove
vince il premio
FIPRESCI.
Grazie a Cybulski
viene aggiunta la scena fuori
sceneggiatura in cui Maciek e il suo superiore Andrzej fanno un
brindisi
dedicato ai loro amici combattenti dell’Armia Krajowa uccisi durante
l’insurrezione, accendendo in loro onore la vodka nei bicchieri in modo
che la
fiamma la consumi. In questa stessa scena vi č anche un significativo
accenno
al fatto che la guerra purtroppo non č davvero finita. Sullo sfondo
suona la canzone
Czerwone
maki (trad. Papaveri rossi),
canzone che celebrava la vittoria di Monte Cassino e che non si sarebbe
mai
potuta cantare durante gli anni dello stalinismo.
Il personaggio
dell’esponente del partito, Szczuka,
e il suo compagno, sono invece interpretati
da attori pił anziani e non particolarmente attraenti, che non erano
famosi e
che fino ad allora avevano lavorato solo in teatrini di provincia.
Anche loro
ascoltano le loro canzoni e ricordano le loro esperienze durante la
guerra di Spagna,
ma i loro ricordi suonano estranei al pubblico polacco che di
conseguenza in
loro proprio non riesce ad immedesimarsi.
Anche qui, come in Kanał,
il tema strettamente legato alla situazione polacca al momento in cui č
ambientata la storia ricopre una indubbia importanza, ma ciņ non toglie
che il
regista conferisca al film anche un respiro universale: il film,
infatti, parla
di temi come la fedeltą nei confronti degli amici e della patria, della
scelta
tra un ideale e i propri principi, della lotta per la libertą e il
prezzo da
pagare per quest’ultima, della difficoltą di trovare la propria strada
in un
mondo in continuo cambiamento. Inoltre anche in questo film la morte
del
protagonista, che tra l’altro avviene in mezzo all’immondizia, č
inutile e ben
poco eroica.
A chiudere la
“Trilogia della Guerra” di Wajda
č Lotna,
del 1959, un altro film dai toni
epici e romantici la cui protagonista č una cavalla bianca che durante
la
Campagna di Settembre nel 1939 getta scompiglio in un reggimento di
ulani che
si accapigliano per cavalcarla. I contendenti muoiono tutti, uno dopo
l’altro,
come se la cavalla portasse sventura e morte a chi la possiede. Sullo
sfondo
l’invasione tedesca avanza con i carri armati e gli aerei, mentre gli
ulani,
con sciabole e cavalli, si avviano ad una morte sicura.
Il linguaggio
filmico utilizzato dal regista č aulico e
spesso fortemente simbolico, i personaggi vivono storie epiche e sono
avvolti
da un’atmosfera surreale e mistica che rende il film un’opera
irripetibile. Lotna
č stato anche definito un “capolavoro non
riuscito”.
Alcune scene
rimangono impresse quasi indelebilmente nella
mente dello spettatore, come ad esempio la corsa della cavalla incolume
in
mezzo ai proiettili o la sua prima apparizione nel corridoio del
palazzo del
primo anziano proprietario morente.
Tutti gli elementi
del film, come anche gli ulani stessi,
rappresentano una Polonia che, dopo la seconda guerra mondiale, non
esiste pił:
agli occhi di un cittadino polacco del ’59, che ha a che fare con una
realtą
politica tutt’altro che facile e molto lontana da qualunque idea di
romanticismo, questo mondo č oramai soltanto un mito. Il film ha anche
una
valenza fortemente personale per il fatto che a quel mondo apparteneva
anche il
padre del regista, che era, come gią detto, scomparso a Katyń nel 1939.
Lotna č tratto da un
racconto di Wojciech
Żukrowski del
1946 con lo stesso titolo, e in questo caso Wajda non riesce a trovare
una vera
e propria idea per creare una variante della storia che la renda pił
attuale
cosģ come aveva fatto per Cenere
e diamanti.
Inoltre č anche costretto a rinunciare a Zbigniew Cybulski, dalla cui
partecipazione al film, secondo il regista, dipendeva in gran parte la
sua
buona riuscita. Ancora adesso Wajda rimpiange l’assenza in questa
pellicola di questa
figura a dir poco fondamentale per il cinema polacco degli anni ’50 e
’60.
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