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STORIA DEL CINEMA POLACCO

La prima storia del cinema polacco pubblicata in rete in lingua italiana

La variante popolare: Kazimierz Kutz e Stanisław Różewicz

Kazimierz Kutz nasce nel 1929 a Szopienice in Slesia da un rivoluzionario slesiano e lģ viene cresciuto in una famiglia proletaria di religione cattolica. Completa le scuole elementari tedesche e nel ’44 viene mandato ai lavori forzati nel Reich. Una volta liberato termina il liceo e dą l’esame per entrare alla scuola di cinema di Łódź.

 

Krzyż walecznych

I suoi primi lavori consistono nell’assistere alla regia Andrzej Wajda nel film Pokolenie (trad. Generazione) e nello scrivere alcune interessanti cronache cinematografiche direttamente dal set. Lavora come regista teatrale e debutta nel cinema nel 1959 con Krzyż walecznych (trad. Croce al valore), basato su tre racconti dello scrittore di origini ebraiche Józef Hen: Krzyż (trad. Croce), Pies (trad. Cane) e Wdowa (trad. Vedova). I primi due episodi si svolgono durante la II guerra mondiale, il terzo subito dopo.

 

Il regista si oppone fermamente alla maniera romantico-intellettuale di raccontare la guerra di Andrzej Wajda e Andrzej Munk, con una aperta critica nei loro confronti e nei confronti della Scuola Polacca in generale. I protagonisti dei suoi film sono originari di strati sociali umili, dal loro punto di vista la guerra non ha nulla di lirico e i loro doveri militari non vengono caricati di valenze storico-letterarie. Lo stile č caratterizzato da un linguaggio condensato e senza fronzoli e da una certa modestia nella messa in scena che spesso crea un intenso effetto drammatico.

 

Con Krzyż walecznych il regista, suo malgrado, si guadagna il titolo di creatore di un “cinema intellettuale che spinge lo spettatore alla riflessione”[1]. Questo film e i suoi due successivi sono considerati senza dubbio come facenti parte della Scuola Polacca, nonostante Kutz si trovasse con essa in forte contrapposizione.

Nikt nie woła

 

Il film successivo č Nikt nie woła (trad. Nessuno chiama) del 1960, anch’esso scritto da Józef Hen. Si svolge subito dopo la fine della guerra e si apre con un treno in arrivo in una cittadina di provincia gremito di gente seduta fin sul tetto: vi sono alcuni che tornano in patria, e altri che invece stanno fuggendo dal loro passato.

 

Il protagonista, Bożek, fa parte dei fuggitivi ed č un Maciek Chełmicki[2] che non ha eseguito l’ordine di uccidere: si nasconde in questa cittadina dei territori occidentali riconquistati in cerca di solitudine, oblio, e di un suo posto nel mondo; ha soltanto un vestito, uno zaino e un soprabito. Innamorato di una ragazza, Lucyna, non vuole pił fuggire, ma poiché č inseguito da un suo ex compagno di un’organizzazione clandestina, ne č costretto.

 

In questa pellicola Kutz sperimenta nuove tecniche formali, ma il film non piace alla critica e nonostante il risultato sia di bellissimo impatto visivo gli viene riconosciuto un certo valore estetico solo tempo dopo, quando viene paragonato al film Avventura di Michelangelo Antonioni, suo contemporaneo.

 

Ludzie z pociągu

L’ultimo film di Kutz che si possa attribuire alla Scuola Polacca č Ludzie z pociągu (trad. Gli uomini del treno) del 1961, che tratta ancora il tema della guerra sulla base di un racconto di Marian Brandys. Un treno viene fermato da soldati tedeschi durante l’occupazione e i suoi passeggeri sottoposti a dure prove di sopravvivenza. Si tratta di una carrellata su vari tipi di viaggiatori: dal contrabbandiere che si innamora di una ragazza alla vedova che ha perso il marito in guerra, dalla madre che ha perso due figli al giocatore d’azzardo, dal capostazione ucciso da un soldato tedesco alla ragazza che si nasconde perché ha un viso che ricorda troppo quello di un’ebrea.

 

Nel 1968 Kazimierz Kutz scrive sul numero uscito il 9 giugno della rivista “Ekran” un articolo che disapprova lo stile con cui si realizzano i film e in particolare critica il ruolo dei direttori letterari. In quel periodo vige la tendenza ad ostacolare in tutti i modi l’inteligencja da parte della PZPR e di Władysław Gomułka e l’opinione di Kutz viene presto sfruttata per essere utilizzata contro gli esponenti della Scuola Polacca.

 

Nel 1969 inizia la sua trilogia della Slesia con Sól ziemi czarnej (trad. Il sole della terra nera), seguito nel ’71 da Perła w koronie (trad. La perla nella corona) e da Paciorki jednego różańca (trad. I grani di un rosario) del 1979. La trilogia ha come soggetto il provincialismo, il folclore, le tradizioni e l’umorismo popolare della sua regione natale e come attori, esperti e collaboratori persone provenienti dalla Slesia. I suoi protagonisti lottano spesso per la propria identitą, per la propria casa, per le tradizioni della propria regione.

 

Nel 1970 viene messo sotto controllo dall’SB (Ufficio di sicurezza) nell’ambito di un’operazione dal nome in codice “Regista”, che viene cosģ a conoscenza dei suoi contatti con il KOR (Comitato per la difesa dei lavoratori) e con Solidarność. Dal ’71 al ’76 dirige la Zespół Filmowy Silesia di cui č anche fondatore, e nell’81, durante lo stato di guerra, viene internato per alcuni giorni. Una volta liberato continua ad essere considerato un pericolo per la societą per i suoi contatti con cellule antisocialiste e per i suoi cattivi rapporti con l’autoritą del partito e con la realtą nazionale. Presto č obbligato a rinunciare al suo posto di primo regista del centro televisivo di Katowice.

 

Dopo l’89, caduto il comunismo, diviene direttore del centro televisivo di Cracovia e nel 1994 esce Śmierć jak kromka chleba (trad. La morta č come una fetta di pane), il suo film sulla soppressione degli scioperi nella miniera Wujek del 1981, avvenimento che si colloca tre giorni dopo l’istituzione della legge marziale e in cui perdono la vita diversi scioperanti. E’ dello stesso anno Zawrócony (trad. Riciclati), un film tragicomico su un uomo che si trova involontariamente coinvolto in una manifestazione di Solidarność, interpretato dal “fantozzi polacco” Zbigniew Zamachowski.

 

Nel 1997 Kutz inizia la sua attivitą politica che lo porta a diventare senatore e continua il suo lavoro finalizzato alla difesa della cultura slesiana.

 

Per quanto riguarda Stanisław Różewicz, č il principale esponente del cinema popolare di questo periodo. Il suo cinema č popolare non tanto, come avveniva per Kutz, per desiderio di opposizione all’intellettualismo della Scuola Polacca, ma per natura e tendenza personale.

 

Nasce nel 1924 a Radom e dopo la maturitą, nel ’46, inizia come assistente di Jerzy Zarzycki in Robinson Warszawski. Successivamente lavora con Wojciech Jerzy Has per il cortometraggio documentaristico Ulica Brzozowa (trad. Via Brzozowa) del ’47, ambientato anch’esso tra le rovine di Varsavia. Questo corto, spesso considerato appartenente al Socrealizm, ne č in realtą una delle sue vittime: infatti, dopo l’aggiunta di un commento fuori campo freddo e tendenzioso che neutralizza il suo sguardo pessimista sui poveri abitanti di una cittą distrutta che cercano di trovare un tetto sotto cui ripararsi, non esce mai nelle sale in quanto divenuto poco convincente.

 

Il suo linguaggio si contrappone a quello aulico e lirico della Scuola Polacca, il regista evita il pił possibile il pathos lasciando maggior spazio al realismo. Punta su discrezione, moderazione e consapevolezza e i suoi film sono dotati di una certa morbidezza che si distacca senza dubbio anche dallo stesso Kutz. Molti critici l’hanno associato al neorealismo di Roberto Rossellini, Robert Bresson e Ermanno Olmi, corrente che lui apprezzava molto. Lavora spesso alle sceneggiature dei suoi film con suo fratello Tadeusz, poeta, e con lo scrittore Kornel Filipowicz.

 

Il suo primo film č Trudna miłość (trad. Amore difficile) del 1953, quasi dimenticato, che ottiene grande successo e racconta la storia di un amore impossibile tra Janek Małodworny, sostenitore della collettivizzazione, e Hanka, figlia di un kulak[3]. Questo film, nato sotto i dettami del Socrealizm, segna anche l’abbandono di quest’ultimo da parte del regista che dalla pellicola successiva in poi diventerą un artista consapevole delle sue scelte e col coraggio di portare avanti una lunga serie di opere personali e indipendenti da mode o obblighi di altro genere. I suoi film degli anni ’50 sono stati anche definiti neorealisti o bressoniani, ma si discostano nettamente da questi stili cosģ come si dal pathos e dal lirismo di Wajda.

 

 

Trzy kobiety (trad. Tre donne) del 1956 č un dramma psicologico su tre donne reduci da un campo di concentramento legate da una profonda amicizia che cercano di rifarsi una vita. Vorrebbero vivere insieme, ma non č possibile: Maria vuole dimenticare il pił presto possibile e dopo la morte del marito se ne va con un altro uomo; Celine, la pił giovane, se ne va anch’essa con il suo primo amore. La pił anziana, Helena, scopre invece che il suo amato era un traditore, perde la fiducia nell’umanitą e rimane da sola.

 

 

Wolne Miasto

Nel 1958 dirige Wolne Miasto (trad. Cittą libera), un film-cronaca su un fatto realmente avvenuto nella seconda guerra mondiale a Danzica, allora detta appunto Cittą Libera. Il film, basato anche su materiali d’archivio, racconta l’eroica difesa della Posta Polacca contro il terrore hitleriano nel ’39 a ridosso dello scoppio della seconda guerra mondiale. Tutti gli impiegati combattono, dall’anziano prossimo alla pensione alla giovane telegrafista, che si occupa dei feriti. Nel primo attacco perde la vita Konrad, mandato da Varsavia per capeggiare la strenua difesa, la quale crolla miseramente dopo 12 ore di lotta. Tutti i partecipanti all’azione che sono miracolosamente sopravvissuti vengono successivamente fucilati.

 

Gli avvenimenti sono narrati sotto forma di un documentario che viene perņ rimesso in scena a posteriori, e si tratta quindi di un film di finzione che diventa un vero e proprio documento storico su un episodio minore e poco conosciuto. Simili esperimenti erano gią stati fatti con La battaglia per la bomba atomica del 1948 di Jean Dréville e Titus Vibe-Muller, con La battaglia di Stalingrado di Vladimir Michajlovic Petrov del 1949 e con L’ultimo atto di Georg Wilhelm Pabst del 1955. Da mettere in evidenza la scena di una rissa in un locale di Danzica, dove tedeschi e polacchi si picchiano come in un film western, con tanto di sedie lanciate attraverso il locale e con l’immancabile barista che, minacciato dai vetri delle bottiglie che dietro di lui vanno in frantumi, si nasconde dietro il bancone.

 

Świadectwo urodzenia

 

Dopo Miejsce na ziemi (trad. Un posto sulla terra) del 1959, storia di un ragazzo difficile e ribelle, Stanisław Różewicz gira nel 1961 un film che viene considerato ufficialmente facente parte della Scuola Polacca: Świadectwo urodzenia (trad. Testimone di nascita). E’ un film sull’occupazione tedesca vista dagli occhi dei bambini che si articola in tre episodi: Na drodze (trad. In strada), su un bambino in cerca della sua mamma, List z obozu (trad. Lettera dal campo), sul figlio di un ufficiale prigioniero che cerca di sostituire il padre e crescere i propri fratelli, e Kropla krwi (trad. Goccia di sangue), sulla storia realmente accaduta di una piccola ebrea nascosta in un orfanotrofio polacco che viene presa come esempio di perfetta ariana e destinata alla germanizzazione.

 

Stanisław Różewicz ha una lunghissima carriera cinematografica che arriva, come quella di Wajda, fino ai giorni nostri. Č fondatore e direttore per molti anni della famosa squadra Tor che ha prodotto e produce ancora molti capolavori del cinema polacco. Muore nel 2014.



[1] Dal sito https://www.filmpolski.pl (come visualizzato a Febbraio 2015).

[2] Protagonista del film Cenere e Diamanti di Wajda.

[3] I kulaki erano contadini che possedevano la propria terra e che avevano qualche lavorante alle proprie dipendenze nei primi decenni del XX secolo. Con l’avvento di Stalin e la collettivizzazione iniziarono ad essere considerati nemici dello stato.