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STORIA DEL CINEMA POLACCO

La prima storia del cinema polacco pubblicata in rete in lingua italiana

I treni di Zbigniew Cybulski

E’ impossibile parlare del cinema della Scuola Polacca senza soffermarsi su un suo esponente che, al contrario di quelli analizzati fino ad ora, non è un regista ma un attore: Zbigniew Cybulski nasce nel 1927 in una regione che oggi appartiene all’Ucraina, dopo la guerra finisce il liceo in una cittadina nei dintorni di Breslavia e poi si trasferisce a Cracovia dove si iscrive alla PWST[1].

 

Debutta al cinema nel film Pokolenie (trad. Generazione), ma la sua fama viene consolidata nel 1958 con il bellissimo ruolo di Maciek in Cenere e diamanti. Il regista che lo dirige in questi due film, Andrzej Wajda, apprezza enormemente la sua magistrale interpretazione di questo personaggio romantico e tormentato e lo stima incondizionatamente. Come già accennato, ancora adesso si rammarica di non averlo avuto nel cast di Lotna, imputando la cattiva riuscita di questo film proprio alla sua assenza.

 

Do widzenia, do jutra

Insieme all’amico Bogumił Kobiela, Cybulski fonda il teatrino studentesco Bim Bom, che rimarrà attivo a Danzica fino al 1960. Il regista Janusz Morgenstern nella sua opera prima dal titolo Do widzenia, do Jutra (trad. Arrivederci domani) del 1960, ritrae in modo molto fedele l’atmosfera e lo stile di questo teatrino. Il film, alla cui sceneggiatura partecipano anche Kobiela e Cybulski, è una romantica storia d’amore tra il giovane polacco Jacek, interpretato da quest'ultimo, e Marguerite, figlia di un ambasciatore, e si svolge in una Danzica fangosa e decadente ma anche molto suggestiva; si tratta di un vero e proprio tributo alle sue piazze, ai suoi locali, alle sue chiese e alla Motława, sul cui sfondo avviene il loro primo incontro.

 

Ma più di tutto è interessante l’ambientazione in cui vengono riprese le scene in interno: le cantine in cui si riuniscono gli studenti per assistere alle performance di teatrini come, appunto, il Bim Bom. Nel film si respira davvero l’aria di questi luoghi di incontro, anche perché le scene sono state girate proprio in questi suggestivi locali. Emerge in modo vivido, soprattutto grazie alla maestria di Cybulski, anche lo stato d’animo di malinconia, nostalgia, ma anche di disillusione e rancore, che caratterizzava la giovane inteligencja di allora: la relazione tra i due protagonisti è impossibile, perché a dividerli non c’è soltanto la partenza di Marguerite o la loro differenza di età, di lingua e di estrazione sociale, ma anche tutta la cortina di ferro, ben rappresentata visivamente dall’alto cancello della villa di lei, dietro il quale Jacek non può che sentirsi tagliato fuori dal mondo.

 

Gli stacchi sulle performance teatrali, con un audio sporco e pieno di fruscii, sono deliziosamente retro e conferiscono al film un ritmo discontinuo e un carattere etereo e inafferrabile, che in qualche modo anticipa i film della Nowa Fala (la Nouvelle Vague polacca). L’elegantissima grafica del luminoso bianco e nero e la musica di Krzysztof Komeda completano l’opera creando un’atmosfera di malinconica intensità e allo stesso tempo di grande leggerezza.

 

Trasferitosi a Varsavia Cybulski lavora in diversi teatri e cabaret, finché non viene scritturato, sempre da Wajda, per una parte minore in Niewinni Czarodzieje (Titolo italiano: Ingenui perversi) nel 1960. Nel 1961 nasce suo figlio, che si chiamerà Maciej proprio come il personaggio di Cenere e diamanti.

 

Il nostro, proprio sull’onda del successo che ha avuto quest’ultimo film all’estero, avrà la possibilità di lavorare anche in produzioni internazionali come ad esempio L’amour à vingt ans (Miłość dwudziestolatków, titolo italiano: L’amore a Vent’anni), un film collettivo del 1962 cui parteciperà insieme ad Andrzej Wajda per l’episodio polacco. Quello francese si intitola Paris, con la regia di François Truffaut e l’interpretazione del giovanissimo Jean-Pierre Léaud che aveva da poco finito I 400 colpi e che qualche anno dopo avrebbe lavorato con Jerzy Skolimowski in Le Depart (Titolo italiano: Il vergine).

Salto

 

Rispettivamente nello stesso anno e in quello successivo Cybulski ricopre altri due dei migliori ruoli della sua carriera nei film Rękopis znaleziony w Saragossie (trad. Il manoscritto trovato a Saragozza), tratto da un romanzo di Jan Potocki e diretto da Wojciech Jerzy Has e Salto, con la regia di Tadeusz Konwicki.

 

In quest’ultimo film interpreta Kowalski – Malinowski, un personaggio che ha la stessa età e vive nello stesso momento storico di Maciej di Cenere e diamanti. I due personaggi, però, sono completamente diversi. Ambedue sono il risultato dei traumi della guerra, sono tormentati e non riescono a trovare la propria identità e un posto nel mondo. Ma uno è un eroe romantico, tragico, mentre il secondo è un bugiardo, è meschino, ed è visto in chiave non eroica ma ironica e grottesca. Se Maciej porta gli occhiali scuri perché la lunga permanenza nelle fogne di Varsavia gli ha danneggiato la vista, l’altro lo fa per vanità, o per non rivelare con lo sguardo troppo di se stesso, dato che l’unica cosa certa su di lui è che ha qualcosa da nascondere.

 

Cybulski interpreta spesso ruoli che evidenziano conflitti generazionali o conflitti con il sistema sociale e politico contemporaneo, rinuncia raramente al suo giubbotto di pelle e ai suoi occhiali da sole che gli danno un’aria da ribelle. Tuttavia i suoi personaggi, seppur romantici e tragici, sono spesso goffi e quasi buffi, e non sempre hanno successo con le ragazze.

 

Eppure diventa presto emblema e rappresentante di quella giovane generazione polacca che aveva vissuto la guerra di striscio e che si è trovata sperduta in un mondo completamente diverso da quello in cui era cresciuta e nel quale non riesce a riconoscersi e adattarsi. Nella vita è un uomo religioso, interessante, carismatico e pieno di iniziativa. Muore prematuramente vittima di un incidente ferroviario: pare che avesse il brutto vizio di scendere dai treni in corsa. Come si racconta in una biografia della sua intima amica Marlene Dietrich, appena prima di morire aveva accompagnato la grande attrice alla stazione di Breslavia, dove doveva salire su un treno Varsavia[2].

 

Il treno sembra avere sempre avuto un particolare rilievo nella vita di questo artista: la sua prima apparizione cinematografica lo ritrae nei panni di Kostek in Pokolenie proprio mentre sale su un treno in corsa, e questa sua azione si ripeterà in altri film successivi, quasi come se il suo destino fosse segnato fin dall’inizio da questo elemento così simbolico, nonché così presente nell’iconografia cinematografica polacca; Salto inizia con Kowalski – Malinowski che si trova su un treno in corsa. All’improvviso si guarda in giro come per controllare che nessuno lo guardi, si fa il segno della croce e poi salta giù, rotolando per un po’ sull’erba di un prato.

 

Nel bellissimo film di Jerzy Kawalerowicz, che guarda caso si intitola Pociąg (Titolo italiano: Il treno della notte), il suo personaggio fa la sua prima apparizione appeso al finestrino di un vagone ferroviario e per tutta la durata della pellicola lo si vedrà arrampicarsi pericolosamente mentre il convoglio è al massimo della velocità. Tutto questo allo scopo di conoscere una ragazza di cui si è innamorato e che non lo considera nemmeno. Il capotreno ad un certo punto gli grida anche: “Wsiadaj pan, no wsiadaj pan! Koniecznie chce pan trafić do szpitala!” (trad. Salga, Signore, avanti! Salga! Vuole proprio finire all’ospedale!”), quasi a ricordargli il suo destino.

 

Il film Wszystko na sprzedaż (trad. Tutto in vendita) del 1968, che potremmo chiamare l’8 e ½ di Andrzej Wajda, celebra proprio la morte di questo artista così carismatico. In esso debutta un giovanissimo Daniel Olbrychski che interpreta l’attore che sostituirà Cybulski dopo la sua morte. Anche nella realtà, pur essendo molto diverso dal divo degli anni ’60 polacchi, prenderà in qualche modo il suo posto in alcuni dei successivi lavori di Wajda.  



[1] Państwowa Wyższa Szkoła Teatralna, ovvero Scuola Teatrale Superiore Statale

[2] Marlene Dietrich, my friend: an intimate biography, di David Bret - Robson Books, 2001.