Come si percepisce già nel paragrafo
precedente sui
personaggi Cybulskiani, il tema della guerra non si esaurisce con i
film che la
Scuola Polacca ha girato sull’argomento. In questo capitolo si
analizzeranno
pellicole, di cui alcune di grande valore, che hanno molti punti in
comune con
quelle della Scuola, nonostante generalmente non si considerino ad essa
attribuibili.
Una di quelle più interessanti esce
nel 1964 e si intitola Prawo i pięść (trad.
La legge e il pugno),
con la direzione di Jerzy
Hoffman e Edward
Skórzewski. Prawo i pięść è
considerato un Western polacco: così come i western
americani sono ambientati nelle lontane e selvagge terre dell’ovest,
questo
film è ambientato vicino a Toruń, nelle selvagge zone occidentali della
Polonia
dette “territori recuperati”.
In realtà, considerati il ritmo, la musica e la connotazione
psicologica del
film, a mio parere assomiglia di più ad un film di Sergio Leone.
Andrzej Kenig, interpretato da uno
straordinario Gustaw
Holubek, ne è il protagonista reduce
dai campi di concentramento di Dachau e Auschwitz. Si trova in un
convoglio che
si ferma ad una stazione. Quando sente una donna chiedere aiuto scende
dal
treno lasciando a bordo tutte le sue cose. Salva la donna, ma il treno
riparte
senza di lui. Non ha più nemmeno i documenti, e deve cercare un lavoro.
Il sindaco della città gli offre un
posto di insegnante ma
lui lo rifiuta, sostenendo di non avere nulla da insegnare. Viene così
inserito
in un gruppo capeggiato dal Dottor Mielecki, che ha il compito di
sorvegliare
una vicina cittadina termale evacuata da poco dai tedeschi. Nella
cittadina
abbandonata vive soltanto un tedesco sempre ubriaco, ex maitre
dell’hotel della
città, l’hotel Tivoli, oramai deserto e fatiscente.
Gli uomini di Mielecki hanno come
obiettivo di evitare che
la città sia oggetto di sciacallaggio da parte di chi si trovi a
passare da
quelle parti durante i grandi spostamenti che caratterizzano il periodo
subito
successivo alla fine del conflitto. Quando incontrano quattro donne che
si
aggirano con un carretto per le vie, però, decidono di lasciarle
rimanere per
passare con loro la serata.
Kenig scopre che in realtà il Dottor
Mielecki ha come
obiettivo proprio quello di saccheggiare la città e non quello di
difenderla:
pur vivendo in una realtà e in un’epoca completamente differenti,
diventa così
una figura simile a quella di un cowboy solitario che usa pugni e
pistola per
fare giustizia, che rimane fino infondo onesto con se stesso nonostante
la
corruzione dell’ambiente che lo circonda.
Decide quindi di convincere due
componenti del gruppo, Smółka
e Czesiek, ad aiutarlo ad impedire il misfatto. Smółka, che si convince
ad
aiutarlo, viene per questo ucciso dagli altri. Durante un lungo
inseguimento
nelle vie deserte della città con diversi scontri a fuoco, Kenig è
costretto a
uccidere Mielecki e i suoi uomini per difendersi. Czesiek rimane in
vita ma
scappa con le ragazze e la refurtiva.
Le autorità arrivano quando tutto è
finito e cercano di
convincere Kenig a rimanere in città come sindaco. Questi, divorato dai
sensi
di colpa per aver ucciso, se ne va per la sua strada: sullo sfondo
sfila una
lunga carovana di carri, persone e animali che arriva per insediarsi in
città.
La sequenza è accompagnata da una musica malinconica per voce e
percussioni.
È certamente opportuno in questa sede
parlare della trilogia
dell’occupazione di Stanisław
Różewicz,
composta da tre pellicole girate tra il 1964 e il 1965 dal titolo Echo (trad. Eco), Piwo (trad. Birra),
ambedue scritti dal
fratello del regista Tadeusz, e Na
melinę (trad.
Nel rifugio).
Protagonista della prima pellicola, Echo, è un
importante avvocato di nome Henryk che
per vent’anni, nel dopoguerra, ha lavorato per ottenere un’ottima
posizione e
ha una bella famiglia cui tiene molto. Un giorno scopre che il suo nome
si
trova in una lista di confidenti della Gestapo che è stata recentemente
ritrovata. Sottoposto a processo, ammette la sua collaborazione e di
aver
tradito una persona denunciandola, ma racconta anche di aver subito
avvisato
quest’ultima salvandole la vita. Tuttavia questa sua storia non può
essere
confermata poiché il denunciato nel frattempo è morto. Disperato,
Henryk si
allontana dalla famiglia e dal suo mondo e medita il suicidio.
La seconda pellicola, Piwo,
è un mediometraggio da 24 minuti ambientato nella sala d’aspetto di una
stazione. Davanti a una birra un uomo racconta ad un altro un episodio
avvenuto
in quella stessa stanza tre anni prima, durante l’occupazione tedesca:
aveva
assistito all’uccisione da parte dei nazisti di sua madre, che era
uscita per
procurarsi del cibo. L’uomo esprime i sensi di colpa che prova per non
aver
fatto nulla per salvarla.
Na
melinę è, anch’esso,
un mediometraggio e dura 29 minuti. È tratto dal racconto Wszarz (trad. Pidocchio) di
Jan Józef Szczepański,
scrittore,
sceneggiatore, saggista e reporter piuttosto controverso. Questi si
occupa
anche dell’adattamento cinematografico.
Alcuni partigiani dell’Armia Krajowa
stanno facendo i
preparativi per ritirarsi nei nascondigli predisposti per l’inverno,
quando si
rendono conto che un mendicante li osserva con troppo interesse. Alcuni
di loro
si travestono da soldati tedeschi per metterlo alla prova e gli
chiedono di
aiutarli a localizzare i nascondigli. Il mendicante, senza esitare,
mostra
questi ultimi ai finti tedeschi in cambio di una giacca e un paio di
scarpe e
viene successivamente ucciso dai partigiani stessi. L'intera azione si
conclude
con uno sbrigativo rapporto al comandante dei partigiani.
L’Armia Krajowa, esercito clandestino
polacco odiato e
screditato in tutti i modi dal partito comunista e amato dal popolo
polacco,
non viene certo messo in buona luce. Tuttavia non definirei questa
pellicola
come un film di propaganda ma, più che altro, come un ritratto
impietoso della
meschinità che caratterizza l’uomo che si trova in situazioni estreme.
Il film appartiene al ciclo Dzień
ostatni, dzień pierwszy (trad. L’ultimo giorno, il primo giorno) del
1965, ambientato al limite tra la guerra e la pace dopo la fine della
seconda
guerra mondiale. A questo ciclo partecipano anche i coniugi Petelski,
Jerzy
Zarzycki e Bohdan Poręba con alcuni corti alcuni dei quali piuttosto
tendenti
alla propaganda antitedesca o filosovietica.
Sempre di Bohdan Poręba è Daleka
jest droga (trad. Lunga è la strada) del 1963: dopo la
guerra un
ufficiale polacco della prima Divisione Corazzata, che si trova in
Scozia si innamora
di una ragazza inglese di nome Sheila. Gli giunge la notizie della
morte di un
amico, e scopre così di essere suo esecutore testamentario. Decide così
di
tornare in Polonia per costruire una scuola con il denaro da lui
ereditato. Le
sue avventure sembrano dimostrare che l’uomo può essere felice solo se
vive nel
proprio paese. Nonostante questo aspetto, che avrebbe dovuto rendere
piuttosto
contenta la Commissione di Valutazione Sceneggiature, il film viene
scambiato
per un tentativo di riabilitazione dell’emigrazione e lasciato sugli
scaffali: come
conseguenza il regista non ha più potuto fare cinema per un paio
d’anni.
Durante la guerra, in Germania era
stata indetta una legge
che condannava eventuali rapporti interraziali o tra persone di
nazionalità
diverse al fine di mantenere pura la razza tedesca. Chi disobbediva
veniva
condannato all’infamia, alla prigione o addirittura a morte, che fosse
tedesco
o di qualunque altra nazionalità. È su questo tema che si sviluppa Kiedy miłość była zbrodnią (trad.
Quando l’amore era
un crimine) del 1967.
Questa legge colpisce duramente una
serie di personaggi: il
polacco Władysław Olkiewicz insieme ad una vedova tedesca, il polacco
Roman e
la tedesca Margerita di cui si è innamorato, l’americano di colore
Robert, la
sua ragazza tedesca di nome Inga e il bambino dalla pelle scura da loro
concepito e infine un soldato tedesco che ha passato le vacanze con una
straniera. Gli uomini sono condannati all’impiccagione, e le donne al
campo di
concentramento.
Il film è scritto e diretto da Jan Rybkowski,
che aveva vissuto
l’esperienza dei campi di lavoro. In realtà, nonostante l’esperienza
diretta
dell’autore, il film non risultò di particolare rilievo e sarebbe stato
immediatamente dimenticato, se non fosse stato per il fatto che venne
preso di
mira, anch’esso, dalla censura. Quest’ultima lo tacciò di essere un
film
antipolacco che affronta la realtà della prigionia in modo frivolo.
Il fatto che la produzione fosse
tedesco-polacca peggiorò
ancora le cose, anche se all’inizio, quando si trattava di accettare i
finanziamenti,
nessuno si era opposto a tale collaborazione. Il regista venne
costretto a fare
autocritica e il suo film successivo, Album
polski (trad. Album polacco) del 1970,
fu girato
con caratteristiche prettamente
propagandistiche.
Anche Janusz Morgenstern dà il suo
contributo a questo
filone girando la sua serie televisiva Stawka
większa niż życie (trad. La posta è più alta della vita)
uscita nel 1968.
La serie tratta del giovane Stanisław Kolicki che scopre di essere il
sosia
dell’ufficiale tedesco Hans Kloss e diventa un spia strategicamente
fondamentale per l’esercito polacco. Ogni episodio racconta una
missione
diversa del falso Kloss.
Vi è poi un altro filone da non
dimenticare: tra i film di
guerra, con un tono completamente diverso, è d’obbligo citare due tra
quelli
diretti da uno dei più grandi registi polacchi che si occupano del
genere
commedia. Si tratta di Tadeusz
Chmielewski,
che nel 1963 gira Gdzie
jest generał? (trad. Dov’è
il generale?), seguito nel 1969 da Jak
rozpętałem drugą wojnę światową (trad. Come scatenai la seconda guerra
mondiale).
Il tono leggero di queste due
commedie riesce a non
infastidire la censura, forse addirittura se la ingrazia: da un lato
ritrae,
infatti, un’amicizia tra un polacco e una russa, e dall’altro
rappresenta i
popoli dell’ovest, francesi, inglesi, italiani e tedeschi, come
macchiette
piene di difetti.
Il primo di questi due film,
interpretato da Jerzy Turek e
Elżbieta Czyżewska, narra la storia di due personaggi molto diversi tra
loro: Orzeszko,
polacco pigro, dormiglione e ubriacone, e Marusia, ragazza russa
attiva,
energica e caratterizzata da uno spiccato senso del dovere. I due
rappresentano
i classici stereotipi della propaganda, in cui il polacco appare goffo
e la
russa laboriosa e zelante. Tuttavia in questo caso sembra che il
regista abbia
in mente non tanto la censura o la propaganda, quanto invece la visione
comune
del tempo: Gdzie jest
generał nasce
quindi come un film destinato allo spettatore comune. L’ambientazione è
nella
primavera del ’45 in una fortificazione nelle terre più ovest della
Polonia,
dove si nasconde un generale tedesco. Nello stesso luogo si incontrano
Marisia
e Orzeszko, che, per quanto siano diversi, o forse proprio in quanto
diversi,
si sentiranno presto attratti l’uno dall’altra.
La seconda pellicola è ambientata nel
1939 e ha come
protagonista il soldato polacco Franek, mandato in treno al confine tra
Polonia
e Germania per dare una mano nella difesa della ferrovia. Franek, però,
si addormenta
nel suo vagone e non si rende conto che tutti i suoi compagni sono
ormai scesi.
Finisce così per ritrovarsi oltre il confine. Dopo aver sparato ad un
nazista,
scoppia la guerra e Franek è convinto che ciò sia avvenuto a causa sua.
Viene
arrestato e mandato in un campo di lavoro, dove tenta la fuga in tutti
i modi,
ma, essendo alquanto imbranato e sfortunato, viene colto in flagrante e
mandato
in un altro campo. Alla stazione riesce a scappare salendo di nascosto
su un
vagone che, secondo lui, è in partenza per Strasburgo.
In realtà si ritrova nel Tirolo, poi
va in Jugoslavia e
successivamente si fa assumere involontariamente come mozzo su una nave
diretta
a Famagosta, a bordo della quale si trova al risveglio dopo una bella
sbornia.
La nave viene affondata e i marinai sono tratti in salvo dai francesi,
che lo
fanno arruolare come cuoco nella legione straniera una volta sbarcati
in Siria.
Qui diventa l’eroe dei suoi compagni, perché ingannando i siriani con
il gioco
delle tre carte riesce a portare al quartier generale una quantità di
cibo che
i soldati, che fino ad allora avevano patito la fame, non si sognavano
neppure.
Finisce comunque in prigione per aver ingannato il capitano con lo
stesso
gioco, e i francesi, ritratti come macchiette che pensano e parlano
soltanto di
cibo, si ribellano e si uniscono a un gruppo di Francesi Liberi.
Ma le avventure di Franek non sono
finite. Finisce nelle
grinfie degli inglesi che, infastiditi dal troppo zelo del polacco che
dimostra
grande voglia di combattere, lo rinchiudono in un altro campo di lavoro
in
costruzione. Gli inglesi sono descritti come personaggi noiosi e
talmente
dediti alla tradizione del the delle cinque da abbandonare per
quest’ultima
lavoro e combattimenti. Proprio durante questa pratica, due italiani si
infiltrano nel campo inglese e uccidono un ufficiale. Franek è convinto
di
averlo ucciso lui, si traveste da inglese e riesce quasi a fuggire
indisturbato. Viene smascherato solo quando, passando davanti agli
altri,
rifiuta una tazza di the, gettando il campo nel caos.
Uno degli italiani viene ferito ed
egli, proprio malgrado,
lo aiuta riportandolo dai suoi compagni. Gli italiani vengono descritti
come
codardi, disorganizzati, voltagabbana e pigri. L’unica cosa che li
smuove dal
loro ozio è la notizia che gli inglesi stanno invadendo il loro
bordello, una
tenda poco lontano dal campo in cui i soldati ospitano una gran
quantità di
belle ragazze. Nella confusione, in mezzo alle ragazze urlanti, Franek
si traveste
da infermiere e si imbarca in una nave per l’Italia.
Qui per una serie di motivi si trova
vestito di una divisa
tedesca. Conosce Mirella, ma poi viene scambiato per un disertore e
mandato sul
fronte orientale. Non vi arriva, in realtà, perché si butta col
paracadute
dall’aereo su cui sta viaggiando e finisce in un monastero, finalmente
in
Polonia. Conosce una ragazza, Teresa, di cui si innamora e a cui
confida di
essere polacco e non tedesco. Per convincerla di questo, le recita il
Pan
Tadeusz di Adam Mickiewicz. Insieme a lei e ad alcuni soldati
attraversa un
bosco per raggiungere un ponte che i tedeschi vogliono fare saltare.
L’obiettivo è salvare il ponte. Tuttavia Franek, fermatosi a
raccogliere dei
fiori per Teresa in un campo minato, si imbatte in una famiglia di
partigiani.
Ruba una mucca per farla camminare davanti a sé ed evitare di incappare
in una
mina, e poi finisce per sventare, involontariamente, la distruzione del
ponte
da parte dei tedeschi. Reincontra così i suoi connazionali e si
ricongiunge con
Teresa.