Dopo l’eliminazione
del CUK nascono le Zjednoczone
Zespoły Realizatorów Filmowych (trad.
Squadre unite di realizzatori cinematografici): Kadr, Kamera, Iluzjon,
Start, Rytm, Syrena, Droga
(nuovo nome del settimanale Po Prostu). Sono associazioni, anche dette
“squadre” cinematografiche, che somigliano a quelle che, come la START
negli
anni ’30, autoproducevano i propri film.
I vari direttori di
queste squadre non erano indipendenti
come dei veri produttori perché chi faceva il bello e cattivo tempo
erano
ancora le autorità, incarnate nella figura dello szef kinematografii
(trad. capo della
cinematografia). Tuttavia molti di essi ebbero un
ruolo davvero positivo per lo sviluppo
del
cinema e diedero vita ad una vera e propria generazione di registi e
cineasti
in Polonia. Alcune delle figure più importanti in quest’ambito sono,
per la
squadra Kadr,
il direttore Jerzy
Kawalwerowicz e il direttore
letterario Tadeusz
Konwicki, e per la
squadra Kamera
Jerzy
Bossak e Jerzy
Stefan Stawiński.
Queste figure hanno
la possibilità di allargare le loro
conoscenze e il ventaglio delle loro esperienze, perché grazie a queste
realtà iniziano
ad avere accesso alle opere più importanti che provengono da oltre
cortina. Se
fino ad ora in Polonia chi si occupava di cinema aveva come fonte di
ispirazione per lo più il la Hollywood degli anni ‘30 e il cinema epico
sovietico postbellico, ora le fonti aumentano e cambiano andando a
comprendere anche
il cinema Europeo. Nasce così un nuovo gusto cinematografico.
Come già accennato
riguardo a Jerzy
Lipman, cambia il linguaggio
cinematografico e, inoltre, cambia la modalità di collaborazione tra
registi e
scrittori: quello che si cerca di fare è adattare la sceneggiatura alle
esigenze del Socrealizm, mantenendone le tematiche e facendo in modo
che i film
abbiano una trama che ne segua le linee guida. Tuttavia nel momento in
cui si
procede alla trasposizione della sceneggiatura sullo schermo, queste
linee
guida vengono senza dubbio superate: la narrazione avviene in modo
fresco e
nuovo, si susseguono spesso paradossi e sorprese. E questo modo di
operare si
differenzia moltissimo da quello che si era adottato in film, come ad
esempio Celuloza,
girati pochissimo tempo prima.
Pokolenie (trad. Generazione)
di Andrzej
Wajda del
1954 è l’incarnazione
di questa nuova modalità. La pellicola avrebbe dovuto intitolarsi Staż Kandydacki (trad.
Apprendistato),
sulla base di una sceneggiatura di Bohdan
Czeszki che era stata scritta per Aleksander
Ford. La commissione che doveva dare il nulla osta per
iniziare le
riprese, tuttavia, trova il film troppo poco ottimista e troppo debole
a
livello ideologico. Aleksander Ford, quindi, rinuncia al progetto e la
sceneggiatura
finisce in mano al suo assistente Andrzej Wajda, che decide di portare
a
termine quest’opera e ne cambia il titolo, appunto, in Pokolenie.
Pokolenie ha la
prerogativa di essere la rampa di lancio di alcuni attori e registi che
in
seguito diventeranno vere e proprie leggende del cinema polacco e non.
Tra gli
attori, infatti, annovera niente meno che Roman
Polański, che non ha bisogno di presentazioni, Tadeusz Łomnicki,
leggenda del cinema e del
teatro polacco, Zbigniew
Cybulski,
altra leggenda, tragicamente e prematuramente scomparso, e Tadeusz Janczar,
che prenderà parte ad
almeno cinquanta film. Insomma, si tratta dei primi studenti che a
breve
termineranno la scuola di cinema di Łodź e che conferiranno a
quest’ultima
l’alto livello qualitativo e la fama che tutt’ora ci è nota.
Pokolenie è anche il
primo film di un regista che farà cinema per moltissimi anni e che sarà
coinvolto in tutte le fasi storiche, politiche e culturali del suo
paese,
rimanendo quasi sempre in patria quando molti dei suoi colleghi
sceglievano la
via dell’emigrazione. Ancora adesso l’uscita di un suo film è
considerata un
vero e proprio avvenimento.
La trama, come già
accennato, segue ancora le logiche del
Socrealizm: in essa gli ex soldati dell’Armia Krajowa sono
collaboratori dei
tedeschi e gli unici corretti sono i comunisti. L’ispirazione, però,
proviene
dal neorealismo italiano di Miracolo
a Milano,
fino a poco tempo prima bandito per l’eccessivo pessimismo, e la
fotografia di Jerzy
Lipman per lo più riprende giornate
piovose in netto contrasto con l’euforia e l’ottimismo dei personaggi.
La forma,
quindi, si discosta nettamente dagli schemi fino ad allora seguiti.
Inoltre, come
evidenzia il titolo stesso del film, il
regista usa la sceneggiatura non per trasmettere valori ideologici, ma
come un
pretesto per raccontare la generazione di chi ha visto la guerra
coincidere con
l’ingresso nell’età adulta. Wajda e i suoi coetanei, durante la guerra,
non
avevano vissuto esperienze tanto diverse da quelle dei personaggi: egli
stesso
aveva lavorato presso diversi artigiani durante il conflitto, e aveva
attinto a
questa sua esperienza per le scene riguardanti il lavoro nella bottega
del
falegname del protagonista. Tadeusz
Łomnicki
e Tadeusz Janczar avevano
fatto parte
dei “Ranghi grigi”
o dell’Armia Krajowa e altri, come Polański e Lipman, avevano vissuto
il
terrore del ghetto o dei campi di concentramento.
Il film, quindi,
acquisisce un carattere personale ed
autobiografico, perché esprime le paure e i traumi degli stessi
componenti
dell’equipe che lavora ad esso. Inoltre il punto di vista è
apparentemente
unico, ovvero quello del protagonista Stach, ma in realtà lo spettatore
deve
misurarsi con diverse angolazioni in un modo che allora era
anticonvenzionale.
La recitazione è teatrale e tutto l’insieme si discosta dallo
schematismo “socrealistico”
abbastanza da rivelare la nascita di una nuova visione del mondo.
Durante la seconda
guerra mondiale Stach, con degli amici,
ruba il carbone dai convogli tedeschi. In una di queste azioni muore
Kostek,
personaggio che inaugura la breve ma intensa carriera cinematografica
di Zbigniew Cybulski.
Successivamente Stach
inizia a lavorare per una bottega di falegnameria dove entra in
contatto con l’Armia
Krajowa. Sceglie, però, di legarsi alla Gwardia Ludowa, l’esercito
popolare.
Conosce una ragazza, Dorota, che lo spinge a far parte di una
associazione di
giovani comunisti.
L’odio contro
l’invasore cresce sempre più, al punto che
viene commesso il linciaggio di un ufficiale tedesco per mano di Jasio
Krone,
personaggio interpretato da Tadeusz Janczar. Scoppia la rivolta del
ghetto e
Jasio inizialmente rifiuta di aiutare gli ebrei, ma poi cambia idea e
per
salvarli attira il nemico in un edificio da cui non c’è uscita
rimettendoci la
vita. Dorota, invece, viene arrestata e uccisa.
I personaggi vivono
dei cambiamenti radicali, come Stach
quando muore Dorota, e soprattutto come Jasio che sacrifica la sua vita
in una
scena che in più occasioni richiama il sacrificio di Cristo. I
personaggi
agiscono con modalità che vanno al di là degli schemi e grazie a
questo, e
forse anche grazie al carattere autobiografico degli eventi
rappresentati,
risultano più tridimensionali e quindi più umani.
Un altro film che
si distacca dal Socrealizm è Godziny
nadziei
(trad. Ore di speranza)
del 1955 di Jan
Rybkowski. Il film si
svolge in un paesino negli ultimi giorni di guerra. Questo luogo è
popolato da
ogni genere di persone: superstiti di campi di concentramento,
fuggitivi
provenienti dai lavori forzati, yankee e malati e feriti di guerra
accolti in
un ospedale da campo.
Una squadra di SS
nascosta nei boschi deve attraversare il
paese e questo porta a una lotta impari: i feriti dell’ospedale vengono
trasportati dall’altra parte del vicino lago, ma sia chi prende le armi
che chi
si arrende ai tedeschi viene ucciso. L’arrivo dei carri armati
sovietici
interrompe il massacro.
La struttura ha
apparentemente uno schema abbastanza
classico, con un improvviso attacco dei tedeschi, una città da
difendere e i
sovietici che fanno la parte dei salvatori. Tuttavia nel film non si
trova il
solito insieme di personaggi che l’avrebbero popolato se si fosse
trattato di
un’opera del Socrealizm, e nel linguaggio le influenze sono anche qui
chiaramente provenienti dal neorealismo italiano.
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