Nasce in questo
ambito una tendenza, per lo più sentita nel
cinema documentaristico, denominata Czarna
seria (trad. La serie nera). Essa viene così denominata
perché affronta
temi fino ad ora tabu come la criminalità, la burocrazia, la
prostituzione e la
povertà.
Jerzy Hoffman e Edward Skórzewski,
giovani laureati
dell’Istituto Cinematografico Statale Russo dove aveva studiato anche Andrei Tarkovsky,
sono i primi a prendere
coraggio e a provare ad occuparsi di questi temi. Molti altri li
seguono, e
molti proprio a causa dei temi spinosi che affrontano incontreranno
enormi
difficoltà con la censura.
Hoffman e
Skórzewski inaugurano la nuova tendenza girando
il corto documentaristico-pubblicitario
di 12 minuti Uwaga
chuligani (trad. Attenzione
ai teppisti) nel 1955. La lavorazione del film è
costellata di non pochi
problemi, poiché in esso si affronta il tema della criminalità
giovanile che,
secondo ciò che si vuole far credere, è un problema che nella Polonia
di questi
anni non esiste.
Lo stesso problema
si presenta in Koniec
nocy (trad. Fine della notte) del 1956,
che è la tesi di laurea di alcuni studenti della scuola di cinema di
Łódź, la
cui idea nasce da un’esperienza vissuta realmente dal regista Paweł Komorowski
e dall’operatore Jerzy
Wójcik, testimoni di una rapina in un
negozio di liquori in città.
Alla sceneggiatura,
oltre a Komorowski e Wójcik, partecipano
il loro professore di allora, Antoni
Bohdziewicz, lo scrittore Marek Hłasko
ed altri, mentre tra gli attori sono presenti Zbigniew Cybulski,
Roman
Polański e
Ryszard
Filipski, che recitano senza alcun compenso. Al film
partecipa anche la
stessa Milicja Obywatelska (trad. Milizia dei Cittadini), forza di
polizia
polacca allora attiva.
Tra i personaggi
spiccano Romek, autista che perde il lavoro
perché è stato trovato ubriaco alla guida, Mały (trad. Piccolo,
interpretato da
Polański), che si dà al contrabbando ed è sommerso dai problemi
familiari,
Edek, leader che ambisce a consolidare il suo potere sulla banda e
infine Filip
(l’attore Adam Fuit, morto tragicamente in un incidente a 33 anni) che
ha il
padre ossessionato dai ricordi del campo di prigionia e la fidanzata
incinta
che vorrebbe far abortire. Tutto si svolge sullo sfondo di vie piene di
locali
e tram affollati in una Łódź oscura che, insieme alle difficili
situazioni
familiari, porta i personaggi a sulla cattiva strada.
Lo stile si ispira
al neorealismo italiano, i personaggi rappresentano
in modo abbastanza pessimista una generazione di ragazzi della seconda
metà
degli anni ’50: sono nichilisti, spaventati dalla noia e caratterizzati
da un
certo vuoto interiore e che li porta inesorabilmente verso la
criminalità. L’argomento
è certamente molto scomodo per quei tempi e si scontra nettamente con
la
visione ottimistica imposta dal Socrealizm.
Per problemi
economici e non solo, quindi, il film tarda
molto ad uscire nelle sale, e quando finalmente lo fa è oramai troppo
tardi perché
venga apprezzato come film precursore del neorealismo polacco.
Un altro film
rimasto sugli scaffali è Zagubione
uczucia (trad. Sentimenti perduti)
del 1957 di Jerzy
Zarzycki, che
racconta la vita di una donna sola, abbandonata dal marito che ha
scelto la
carriera politica nel sindacato, costretta con l’aiuto del figlio più
grande a crescere
quattro bambini nel distretto di Cracovia chiamato Nowa Huta. Il film è
girato
secondo il punto di vista del figlio maggiore, quattordicenne, che si
ribella
ai suoi doveri quotidiani e fugge di casa finendo per entrare a far
parte di
una banda di teppisti. Nel finale un “tram fantasma” attraversa la
città verso
la piazza Centrale privo del suo autista, perché quest’ultimo è stato
portato
via con la forza e colpito con una botta in testa dalla banda stessa.
Il film
vince la sirenetta di Varsavia ex aequo con Człowiek
na torze di Andrzej
Munk, di
cui si parlerà in seguito.
Anche Andrzej Wajda
ha le sue difficoltà a vedere i frutti
del suo lavoro in questo periodo: inizialmente scrive la sceneggiatura
del film Wielki Bluff
(trad. Grande Bluff) insieme a Marek Hłasko: ha
già scelto gli attori ed è
pronto a iniziare le riprese, quando Hłasko improvvisamente vende lo
script a Aleksander
Ford, per il quale Wajda non
vuole più lavorare dopo l’esperienza di Pokolenie.
Il giovane regista si vede così costretto a rinunciare al progetto e
Hłasko, da
parte sua, non esita a pubblicare lo scritto col titolo Głupcy wierzą w poranek
(trad. Gli stupidi
credono nel mattino).
Successivamente
inizia a lavorare su un altro film ancora
scritto da Marek Hłasko, Jesteśmy
sami na
świecie (trad. Siamo soli al mondo), su una ragazza
incinta che fugge di
casa e finisce per partorire, aiutata dal suo ragazzo, in mezzo alle
rovine
della città. Di nuovo Wajda è pronto a girare, ha scelto anche la
location, ma
questa volta viene fermato dalla censura.
Baza ludzi umarłych (trad. La
base degli uomini morti) viene tratto dal romanzo Następni do raju (trad. I
prossimi in paradiso)
di Marek Hłasko e causa il litigio tra quest’ultimo e il regista, Czesław Petelski.
Il film si svolge in una
base per il trasporto del legname nel Distretto di Bieszczady in cui
vivono
uomini in condizioni disumane: manca l’attrezzatura per lavorare, i
mezzi di
trasporto, i pezzi di ricambio e condizioni sanitarie decenti: incombe
su di
loro il fantasma della morte, che porta via i personaggi uno dopo
l’altro.
Quando arrivano i soccorsi sono rimasti solo due superstiti.
Nonostante Petelski
abbia caratterizzato i personaggi in
modo tridimensionale e ben lontano dagli schemi “socrealistici”, Hłasko
lo
accusa di aver conferito una sfumatura troppo ottimistica ad una storia
che
doveva lasciar trasparire la totale mancanza di speranza.
Il record dei
problemi con la censura lo batte Ósmy
dzień tygodnia (trad. L’ottavo giorno della
settimana), del 1959 di Aleksander Ford, che rimane sugli
scaffali per
ben 25 anni. Uno dei motivi di questo fatto è sicuramente il suo autore
letterario, di nuovo Marek Hłasko, rappresentante, o meglio emblema,
della Czarna Seria.
Anche in quest’opera,
infatti, emerge la sua visione del mondo cinica, pessimistica e
demoralizzata.
Il film, visto così tanto tempo dopo, riscuote comunque successo
soprattutto grazie
al curioso cimentarsi del cinquantenne Aleksander Ford con quei
giovanissimi
contemporanei che, come Zbigniew
Cybulski,
stavano dando vita alla “Scuola Polacca”.
La storia è
ambientata a Varsavia, dove un ragazzo, Piotr,
fa di tutto per trovare un posto dove vivere insieme alla sua fidanzata
Agnieszka, la quale vive in famiglia con un fratello alcolizzato. Dopo
numerosi
tentativi falliti, finalmente la fortuna gli sorride. Ma, oramai,
Agnieszka è
scappata con un giornalista.
Naturalmente Marek
Hłasko non apprezza affatto la
trasposizione di Ford.
Marek Hłasko nasce
nel 1934, e già dimostra il suo carattere
quando al suo stesso battesimo nel 1935 risponde alla domanda del prete
“rinunci al male?” un bel “no”.
Per arruolarsi
nella squadra degli Scouts di Wroclaw mente
sulla propria età “invecchiandosi” di un anno. Ne viene tuttavia presto
espulso
perché non si presenta agli appelli. A scuola è sempre il più piccolo,
è
immaturo e indisciplinato. Nell’immediato dopoguerra fa il camionista,
poi dal
1951 si mette a scrivere. I suoi idoli sono Bogart
e Dostojewski.
Presto raggiunge
una grandissima fama come scrittore della
nuova generazione, sia per la peculiarità delle sue opere, sia per la
stranezza
dei suoi comportamenti e del suo abbigliamento, che lo portano a
diventare la
leggenda della sua generazione e simbolo dell’anticonformismo.
Viene spesso
definito come il James
Dean polacco, e in effetti gli
assomigliava abbastanza, e fisicamente è alto e massiccio,
caratteristica che
stride col suo carattere debole e portato per la depressione. Dopo aver
vissuto
gli anni della guerra, afferma di non riuscire a concepire alcuna
storia la cui
fine non sia tragica e pervasa dalla morte.
Negli anni dal 1955
al 1957 lavora nella redazione di Po Prostu.
Nel 1958 va a Parigi dove scrive il romanzo Cmentarze (trad. Cimitero)
che gli
impedisce di tornare in Polonia. Sarà così la sua fidanzata Agnieszka Osiecka,
poetessa e scrittrice, a
portargli la macchina da scrivere a Parigi dove è costretto a rimanere
e dove
scrive il già citato Następny
do raju.
Una volta scaduto
il suo visto, chiede asilo politico a
Berlino Ovest e poi chiede il permesso di tornare in Polonia. Senza
aspettare
la risposta parte per Israele: come spesso accadeva agli artisti
polacchi di
quel periodo, non poteva vivere senza la Polonia, ma non poteva nemmeno
ritornarci.
Nel ’60 si sposa
con l’attrice Sonja
Ziemann con cui va a vivere in
Germania. Arrestato per ubriachezza nel ’63, fino
al ‘66 entra e esce dalle cliniche
psichiatriche. Sempre nel ‘66 si trova a Los Angeles invitato da
Polański per
scrivere una sceneggiatura ma naturalmente anche in questo caso
qualcosa va
storto e viene “licenziato”.
Rimane in America
dove fa qualunque mestiere gli capiti a
tiro, dall’operaio al pilota di aerei. Il regista Nicholas Ray gli
richiede una
sceneggiatura, ma poi lo trova in atteggiamento non chiaro con sua
moglie e il
suo lavoro va di nuovo in fumo. Diventa amico del jazzista Krzysztof Komeda,
con il quale si trova al
momento in cui quest’ultimo è vittima di un incidente che lo porterà
alla
morte. Dopo poco morirà anche Marek Hłasko per aver ingerito una dose
di
sonniferi ed alcool. Gli amici affermano che si tratti di suicidio.
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