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STORIA DEL CINEMA POLACCO

La prima storia del cinema polacco pubblicata in rete in lingua italiana

Cinema commerciale: melodramma

Il melodramma è uno dei generi più amati del cinema polacco in questo periodo. Chi fa cinema nel breve lasso di tempo in cui la Polonia si trova ad essere finalmente indipendente non è più obbligato a tener conto della censura. Per questo motivo spesso sceglie di seguire il più possibile i gusti dello spettatore per ottenere il massimo successo possibile. Da questo risulta uno sguardo sul mondo piuttosto schematico e un po’ kitsch, ma allo stesso tempo, e forse proprio per questo, rassicurante. I personaggi sono convenzionali, privi di sfumature e hanno quasi sempre una fine tragica, le storie piene di intrighi e sorprese, ricche di pathos e sentimentalismo.

 

Il melodramma in Polonia nei primi anni ‘30 si intreccia spesso e volentieri con altri generi. Ad esempio in Prokurator Alicja Horn (trad. Il procuratore Alicja Horn) del 1933, ancora di Michał Waszyński e con Jadwiga Smosarska, troviamo una forte componente proveniente dal genere giallo. Un professore misterioso e malvagio, che vive in una casa-laboratorio simile a quella di Frankenstein, presta a Jan Winkler del denaro, facendosi promettere che in cambio gli procurerà delle ragazze giovani per alcuni suoi esperimenti scientifici.

 

Prokurator Alicja Horn

Winkler è proprietario di un locale alla moda, dove incontra Alicja, un procuratore interpretato da Jadwiga Smosarska, e i due si innamorano. Presto però Winkler inizia ad interessarsi ad una ragazza più giovane, che è la pupilla di Alicja. Improvvisamente viene accusato di omicidio a causa delle ragazze scomparse e, per non tradire i professore, rifiuta di difendersi. Alicja scopre da una lettera che lui l’ha tradita, ed è combattuta se salvarlo o meno dall’accusa. Alla fine decide di condannarlo con una appassionata arringa. Il professore appare all’ultimo momento in tribunale per scagionare Winkler, e Alicja rientra nel suo ufficio sbattendo la porta. Il film è tratto dal romanzo omonimo di Tadeusz Dołęga-Mostowicz scritto nello stesso anno.

 

Nel film Szpieg w masce (trad. La spia in maschera) del 1933 il melodramma si mescola con i toni dello spionaggio. Il film è di Mieczysław Krawicz e il protagonista dell’intrigo è il figlio di un inventore che ha trovato un modo per far finire la guerra fermando i motori degli aerei nemici. L’uomo si innamora di una spia che si trova lì per rubare l’invenzione di suo padre. La spia, una cantante di nome Rita, inizialmente l’ha sedotto per entrare in possesso di informazioni, ma poi si innamora di lui per davvero. Purtroppo i suoi superiori la obbligano a portare a termine la missione. L’invenzione viene effettivamente rubata e in un inseguimento Rita viene uccisa dallo stesso Jerzy. Morendo gli dice che lo ama, ma che non le è stato possibile risolvere quel pasticcio.

 

Szpieg w masce


Il film è particolarmente interessante per il cast artistico. Il ruolo di Rita è interpretato da una famosa cantante, Hanka Ordonówna, che nel film canta Miłość ci wszystko wybaczy (trad. L’amore ti perdona tutto), mentre l’inventore è un noto attore, Jerzy Leszczynski, che ha partecipato a moltissimi film già ai tempi del muto. Lo vediamo ad esempio in Mogiła nieznanego żołnierza nei panni del padre della ragazza.

 

Nel cast di questo film c’è anche Igo Sym, che interpreta il capo del controspionaggio polacco. Nel mondo reale questo attore ha avuto una vita che sembra davvero uscita da un film di spionaggio. Filotedesco da sempre, durante la seconda guerra mondiale diventa agente tedesco e informatore della GESTAPO, nonché organizzatore di un’imboscata per far arrestare proprio l’attrice protagonista di questo film, che si stava nascondendo. Come spesso accade la realtà supera la fantasia. Alla fine della guerra viene condannato per tradimento.

 

Pod twoją obronę

 

Vi è un altro film che fa parte del genere melodrammatico, questa volta con la contaminazione di elementi religiosi, e che ha come sfondo una vicenda curiosa: è Pod twoją obronę (trad. Sotto la tua protezione) del 1933 di Józef Lejtes. Il regista designato per questa pellicola è Edward Puchalski, che è anziano e ha problemi di salute. Il produttore e Puchalski si rendono conto che per quest’ultimo la regia è un compito troppo oneroso e chiedono entrambi a Lejtes di occuparsi della direzione di questo film. Non gli permettono però di firmarne la regia per paura che che la chiesa si schieri per principio contro un film di argomento religioso girato proprio da Lejtes, che è ebreo.

 

Il film è il più grande successo al botteghino in Polonia nel periodo tra le due guerre, lo proiettano al cinema Apollo di Varsavia per più di sei mesi. Raggiunge altissimi livelli sia in termini di montaggio che di fotografia. Si tratta di una storia d’amore tra un pilota della forza aerea polacca e una ragazza, che per salvarlo dopo un incidente aereo gli dona il suo sangue. Lui perde l’uso delle gambe, lei lo convince a fare un pellegrinaggio al santuario di Częstochowa dove, durante la cerimonia dell’esposizione della Madonna, avviene il miracolo e il protagonista riesce di nuovo a camminare.

 

Quest’ultima parte della pellicola è stata montata unendo spezzoni di riprese documentaristiche effettuate al santuario di Częstochowa. Pare che queste scene abbiano grande impatto sul pubblico, il quale ad ogni proiezione si commuove e si inginocchia a pregare o nei corridoi tra le file di poltrone del cinema.

 

Biały Ślad

Nel 1932, invece, Adam Krzeptowski sceglie la tematica montana e gira Biały Ślad (trad. L’orma bianca) sui monti Tatra, film che narra di amori non corrisposti, amanti dispersi sotto slavine e salvataggi in extremis. Questo film rappresenta un caso piuttosto isolato nell’ambito del cinema polacco, un po’ per l’ambientazione e un po’ per come è stato girato. Il regista infatti, fratello di un famoso sciatore, gira un certo numero di scene montane per un cortometraggio di propaganda che si intitola Zima w Zakopanem (trad. Inverno a Zakopane) del 1931, e ne riutilizza alcune per questo film, che viene portato al Festival del Cinema di Venezia del 1932 come rappresentante della Polonia. In questa occasione il film viene ampiamente lodato per la fotografia, per la limpidezza delle immagini e del messaggio. È un film sonoro per quanto riguarda musica e rumori, ma i suoi dialoghi sono ancora scritti sui cartelli.

 

Si intrecciano con il melodramma anche altri temi, come quello giovanile, nel film Dzień wielkiej przygody (trad. Il giorno della grande avventura) del 1935 di nuovo girato sui monti Tatra e diretto da Józef Lejtes, oppure quello femminile, come ad esempio in Wyrok Życia (trad. Il verdetto della vita) del 1933 di Juliusz Gardan.

 

Wyrok Życia

Quest’ultimo ha un’intricata storia in cui un procuratore di nome Krystyna salva una ragazza madre poverissima dall’accusa di omicidio del suo bambino. La ragazza è stata condannata alla pena di morte, anche se il suo bambino è morto accidentalmente. Il vero problema, secondo Krystyna, è che la ragazza è stata sedotta e abbandonata da un uomo, il quale dovrebbe riconoscere la sua parte di colpa per aver lasciato la ragazza, giovane e ingenua, in condizioni così drammatiche.

Krystyna porta la ragazza a casa sua per aiutarla, e nel frattempo continua le ricerche del seduttore latitante. Purtroppo, però, quando il marito di Krystyna rincasa da un viaggio, incontra la ragazza e si scopre che il tanto ricercato colpevole è proprio lui. L’uomo tenta il suicidio, e le due donne lo salvano e lo curano. La ragazza, grata a Krystyna  per l’aiuto e visto l’amore incondizionato che lega la coppia, se ne va via per sempre.

 

Il film inizia con un montaggio alternato di tipo connotativo: un giudice in tribunale si profonde in discorsi sull’importanza dei bambini i quali sono un dono e devono essere amati e curati, mai lasciati da soli. Come contrappunto il regista monta tre scene in cui tutto ciò che dice il giudice viene ironicamente smentito: in una un padre viene a sapere che la moglie ha partorito due gemelli, e sconsolato dice: “altre due bocche da sfamare… “, nella successiva un padre si sfila la cintura per picchiare il figlioletto, e nell’ultima una quindicina di bambini di circa 5 anni giocando a mosca cieca abbandonano un loro amichetto bendato e scappano via. Terminata la breve scena del processo, in cui la ragazza viene condannata alla pena capitale, il regista indugia su un particolare del giudice, che con i polsini inamidati ed i gemelli si lava le mani come Ponzio Pilato.

 

Questo tipo di montaggio, utilizzato in modo così significativo, viene ripreso in altri momenti del film, come ad esempio quando Krystyna saluta il marito in partenza: si guarda allo specchio, è in camicia da notte e ha i capelli sciolti sulle spalle; qui il regista monta una lenta dissolvenza in cui a quest’immagine si sovrappone quella della stessa Krystyna con i capelli legati, austera e vestita di nero, pronta per il suo lavoro. Interessante anche la sequenza del bambino nel cesto che finisce nel fiume, altro riferimento biblico a un piccolo Mosè che però, in questo caso, invece di salvare il suo popolo ahimè muore affogato.

 

Juliusz Gardan, lo stesso regista del film già citato Czy Lucyna to Dziewczyna, inizia la carriera cinematografica proponendosi a Henryk Szaro come assistente. Si presenta alla Leo Film, casa di produzione di cui faceva parte Szaro, con una sceneggiatura pronta per far conoscere le proprie capacità e il giorno dopo viene assunto. Quando Szaro se ne va dalla Leo Film, Gardan prende il suo posto. Negli anni successivi fino allo scoppio della guerra collabora con molte altre industrie cinematografiche tra cui la Sfinks. Dopo il 1939 inizia a lavorare con le equipe cinematografiche che si occupano di riprendere le varie fasi della guerra: è impegnato a Varsavia, Lwów e Kiev. Ad Ashgabat, dove muore nel 1944, è fondatore e presidente dell'Unione dei Patrioti Polacchi.

 

Anche nell’ambito del melodramma non possono certo mancare le trasposizioni letterarie. Sul grande schermo vengono affrontati tutti i tipi di letteratura: da quella commerciale più banale a quella popolare che affronta tematiche morali, per arrivare a quella che racchiude in sé finalità didattiche.

 

Trędowata

 

Trędowata (trad. La lebbrosa) del 1935, ancora di Juliusz Gardan e prodotto dalla Sfinks, è un esempio di trasposizione dalla letteratura commerciale dell’epoca. La regola vigente in questo genere è che tutto, nel film, deve apparire molto più bello che nella realtà, e il finale deve essere il più possibile tragico. Ciò che deve emergere è che l’amore è più forte della morte. L’attrice protagonista di Trędowata, giovanissima e al suo secondo film, diventerà famosa proprio grazie ad esso. La storia, tratta dal libro omonimo di Helena Mniszkówna che vanta ben altre tre trasposizioni cinematografiche, descrive un amore impossibile tra un aristocratico, Waldemar, e una gentildonna impoverita che lavora come istitutrice a casa sua.

 

Nonostante la differenza di stato sociale, e nonostante la famiglia di lui si opponga fortemente al legame tra i due giovani, il matrimonio viene deciso e organizzato. Purtroppo però, l’ex fidanzata di Waldemar, sfruttando l’onestà e la lealtà della ragazza, organizza un intrigo per far sì che il matrimonio salti. La verità alla fine si scopre, ma purtroppo la ragazza è oramai in fin di vita.

 

Znachor

Riguardo alle trasposizioni di letteratura popolare a tema morale si può citare Znachor (trad. Il guaritore) del 1937 di Michał Waszyński. Un famoso chirurgo viene abbandonato dalla moglie e dalla figlia Marysia e finisce in un locale di infima categoria, dove viene derubato e picchiato e perde così la memoria. Trova lavoro come mugnaio in campagna, dove viene soprannominato il Guaritore per le sue incredibili capacità di curare le persone.

 

L’uomo per cui la moglie l’aveva lasciato muore a fronte della caduta di un albero, e la mamma di Marysia, per mantenere se stessa e la figlia, fa la sarta e di sera suona il pianoforte in un cinema in cui proiettano i film di Charlie Chaplin. Quando la madre muore, Marysia prende il suo posto al pianoforte. Un giorno la ragazza e il suo fidanzato, un ragazzo con cui vorrebbe sposarsi ma non può perché è ricco e la famiglia non glielo permette, hanno un incidente in motocicletta. Marysia è in fin di vita e il dottore, amico della famiglia di lui, la dà per spacciata e non permette al Guaritore di usare i suoi strumenti per salvarla. Quest’ultimo, allora, glieli ruba, opera la ragazza e la salva.

 

Denunciato dal dottore, viene arrestato. A testimoniare in quanto esperto in materia viene chiamato un chirurgo, che combinazione è un ex collega del protagonista, e che lo difende pur non riconoscendolo. Salvato dalla prigione grazie a quest’ultimo, all’arringa del suo avvocato e alle testimonianze di chi è stato guarito da lui, il Guaritore accompagna quindi Marysia alla tomba della madre. Il chirurgo li segue perché vuole scoprire l’identità di quest’uomo che, pur essendo quasi un vagabondo, opera con tale maestria. Sulla tomba della madre di Marysia si svela il mistero, il Guaritore riprende a lavorare nella sua clinica e Marysia, in quanto figlia di un noto chirurgo, può finalmente sposarsi col suo fidanzato.

 

Il film, che incredibilmente ha un lieto fine, è basato sul libro omonimo di Tadeusz Dołęga-Mostowicz, stesso autore del film Prokurator Alicja Horn, anch’esso diretto da Waszyński.

 

L’attore principale, Kazimierz Junosza-Stępowski, è un personaggio particolare: attore teatrale e cinematografico di lunga data, è famoso per la sua grande eleganza, viaggia un po’ dappertutto e conosce perfettamente il russo e il tedesco. È filogermanico, e questo desta vari dubbi sulla sua lealtà nei confronti della Polonia. Ricopre vari ruoli fin dagli albori del cinema. Muore tragicamente dopo la seconda guerra mondiale in una sparatoria per salvare sua moglie morfinomane, che in cambio di soldi aveva denunciato un membro dell’Armia Krajowa.

 

Wrzos

Wrzos (trad. Erica) del 1938, sempre di Juliusz Gardan e prodotto dalla Sfinks, è invece un esempio di trasposizione di letteratura dal valore didattico, tratto dall’omonimo libro di Maria Rodziewiczówna. In esso si racconta di un matrimonio di interesse tra una donna, Kazimiera Szpanowska, e un giovane, Andrzej Sanicki, ambedue belli e ricchi. I due sposi non sono innamorati e si sono sposati per far contente le loro famiglie. Tra loro c’è un accordo: matrimonio di interesse e niente di più.

Lui ha la propria relazione extraconiugale, della quale ha messo la futura moglie al corrente già prima del matrimonio. Lei ama un uomo, Stach, che è stato mandato in Siberia, e le speranze che i due si incontrino ancora sono molto remote. Tutto sembra funzionare finché Andrzej non si innamora veramente di Kazimiera, non ricambiato. Kazimiera, inoltre, incontra di nuovo Stach, ma non può sopportare di vivere una relazione non onesta e preferisce lasciare che questi se ne vada all’estero da solo per rispettare il voto del matrimonio. Gettatasi a capofitto in attività di beneficenza contrae il tifo.

 

Nell’ultima scena, Andrzej, al funerale di lei, sconsolato stringe in mano un mazzolino di erica. Il personaggio di Andrzej è Franciszek Brodniewicz, lo stesso attore col naso affilato e lo sguardo inquietante che interpreta quel losco figuro di cui si innamora il procuratore Alicja Horn, e lo stesso che interpreta Waldemar in Trędowata.