Wajda guarda Ingenui perversi
come immagino un regista guardi quel film “che non gli è venuto bene”.
E lo
stesso fa Skolimowski, che ha scritto la sceneggiatura.
Bisogna dire
innanzi tutto che Wajda di solito scrive le
sceneggiature ma non le segue, a volte non le guarda nemmeno per tutta
la
durata della produzione del film. Bisogna dire che in questo caso la
sceneggiatura, come ammette egli stesso, l’ha seguita alla lettera.
Bisogna dire che
non so se esista anche solo un film di
Skolimowski, magari escludendo quelli del nostro millennio, che
Skolimowski e
soprattutto i suoi produttori non guardino come quello “che non gli è
venuto
bene”.
Pare che il
giovanissimo Jerzy, che era sul set di Ingenui perversi
come “apprendista”, con grande
faccia tosta abbia criticato il lavoro del Guru Wajda e questi l’abbia
sfidato
a scrivere lui la sceneggiatura. E Skolimowski l’ha fatto davvero. E in
una
sola notte.
Forse era volere
troppo aspettarsi un risultato che accontentasse
tutti da questo esperimento che ha provato a mettere insieme, nello
stesso
film, due personalità così diverse come Skolimowski e Wajda.
Due persone che
appartengono a due diverse generazioni. Sì,
hanno solo 12 anni di differenza, ma mi sento di affermare che
appartengono a
due diverse generazioni per due motivi: prima di tutto perché Wajda ai
tempi
della guerra era già un ragazzo, mentre Skolimowski era un bambino, e
secondo
perché Wajda appartiene alla cosiddetta Scuola Polacca, mentre
Skolimowski fa
parte della successiva “Nowa Fala”, ovvero della Nouvelle Vogue
Polacca: due
mondi diversi.
Molti film di fine
anni ’50 o degli anni ’60 trattano il
tema del confronto critico tra la generazione di chi durante la guerra
era
adulto, e quindi partecipe e responsabile, e quella di chi la guerra
l’ha
subita e guardata con occhi senza colpa. Forse l’impossibilità di
conciliare
queste due generazioni, che in quegli anni proprio non riuscivano ad
andare
d’accordo, era dovuta ad una questione di colpevolizzazione e di
responsabilità?
Resta il fatto che
Wajda e Skolimowski si sentono due pesci
fuor d’acqua a lavorare insieme, e così Skolimowski scrive una
sceneggiatura
senza convinzione, mentre Wajda non riesce a metterci del suo quanto
vorrebbe e
segue questa sceneggiatura alla lettera perché proprio non riesce a
sentirsela
addosso.
Il risultato,
lasciatemelo dire, non accontenterà i creatori
ma accontenta chi guarda il film!
Ingenui
perversi riunisce in sé la meraviglia
dei dialoghi e delle domande senza risposta di Skolimowski e l’altra
meraviglia
che è la maestria di Wajda con la macchina da presa.
Aggiungiamoci
un’attrice adorabile, e nel contorno tutte le
star degli anni 60 polacchi:
Zbigniew Cybulski,
eroe romantico di Cenere
e Diamanti, detto il James Dean polacco,
ma che alla fine fa sempre il suo personaggio un po’ impacciato, anzi
direi
quasi imbranato, e non proprio fortunato con le donne.
Tadeusz Łomnicki,
qui protagonista con i capelli ossigenati.
Impossibile descrivere a parole quanto è unico e prezioso questo
attore, che
reciterà fino a tarda età, morendo proprio durante un monologo a teatro.
Lo stesso Jerzy
Skolimowski, col suo immancabile pugilato e
la sua immancabile bottiglia di Wodka. E poi Krzystof Komeda, che dice
solo una
frase, “E’ già la
fine”, ma lascia
il segno per la sua bellezza e per la sua musica che avvolge tutto il
film un
un’aura inconfondibile. Bogumil Kobiela, l’icona grottesca del cinema
polacco,
e non manca il piccolo Polański, che fa la solita parte del ragazzino
scavezzacollo…
E tutto condito con
una leggerezza, una tale assenza di
palpabilità… sì, è un film impalpabile, leggero, divertente che lascia
un
bellissimo senso di incompletezza, ma anche freschezza e serenità.
E’ un film
completamente giovane e fresco, che è tale a
maggior ragione se si considera il momento in cui è stato girato: un
momento di
delusione, di cattivo umore, di mancanza di speranza e di illusioni
perdute. Un
momento in cui quasi non si spera nemmeno più nella libertà.
E nonostante il
periodo storico, e nonostante ci si trovi in
Polonia in quegli anni in cui non si parlava che di guerra, nonostante
sia
proprio Wajda il regista, che come è ben noto non si occupa di
frivolezze…
nonostante tutto questo non si fa nessun accenno alla storia, o alla
politica,
o allo stato d’animo comune in quel periodo.
Beh, non è proprio
vero. C’è una piccola frase buttata lì da
Pelagia, in una conversazione che, come chiaramente descritto nei
cinque punti
da seguire per un perfetto primo appuntamento, “deve essere seria”:
Dicono che la nostra
generazione non vede niente oltre a se stessa. Forse hanno ragione, ma
come
potrebbe essere diverso… dal momento che tutti noi giovani non abbiamo
illusioni?
Dice Wajda nel suo
sito: Ingenui
perversi è uno dei pochi film
politicamente neutrali che ho fatto. E tuttavia le autorità dell’epoca
di
Wladyslaw Gomulka hanno avuto un’opinione diversa sul soggetto
innocente di un
giovane dottore che adora i bei calzini e le sigarette di buona
qualità, che ha
un registratore dove registra le sue conversazioni con le fidanzate, e
ha solo
una passione: suonare le percussioni nella Jazz Band di Krzystof
Komeda. Gli
ideologi e gli educatori comunisti hanno trovato il soggetto più
problematico
di quanto non fosse l’Armia Krajowa o l’insurrezione di Varsavia.
Sì, certo, sappiamo
che la censura da quelle parti ragionava
a modo suo, sappiamo anche che senza alcun dubbio il tono e l’atmosfera
del
film sono ben diversi dal tono e dall’atmosfera della realtà in cui si
collocavano, e soprattutto dal tono e dall’atmosfera che si voleva
mantenere in
Polonia.
E’ un film così
atipico, così fuori posto e allo stesso
tempo così… appropriato. E’ uno spaccato della vita della gioventù
degli anni
sessanta. Certo, non si tratta di una gioventù qualunque, ma di quella
gioventù
davvero al di sopra della media, quella fortunata, quella eletta,
composta da
artisti di vario genere.
In tutto questo,
però, c’è una certa amarezza di fondo che
comunque in qualche modo si sente nel film. Forse a causa dello sfondo
di
quella Varsavia in ricostruzione, piena di calcinacci e polvere…
Forse è il fatto
che di tutti quei ragazzi
pieni di vita e
speranze, troppi sono morti di lì a poco tragicamente, troppi non hanno
avuto
il successo che si meritavano, troppi hanno dovuto emigrare… e si sa
che i
polacchi che emigrano raramente sono felici.
Quel che sento ogni
volta che vedo questo film, che oramai
conosco quasi a memoria, è che vorrei entrarci dentro, come Mia Farrow
in La rosa purpurea del
Cairo. E quando finisce mi
rimane la nostalgia di un tempo e di un luogo che non esistono più,
anche se
quel tempo e quel luogo io non ci sono mai stata.
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