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Le recensioni che abbiamo scritto su alcuni film

Il doppio, i mutanti e la metamorfosi in A history of violence

A history of violence rappresenta forse la visione più positiva di uno dei temi preferiti all’interno della poetica di Cronenberg: il doppio e la mutazione che ne consegue.

 

Tom Stall e Joey Cusack sono due entità nello stesso corpo: uno è un uomo normale, l’altro una macchina per uccidere. La bravura impareggiabile di Viggo Mortensen, non diversamente da quella di Jeremy Irons ne Gli inseparabili, è capace di farci capire la differenza tra uno e l’altra in modo stupefacente. E’ il suo sguardo che fa la differenza: quando interpreta Joey gli occhi dell’uomo spariscono e lasciano il campo libero a quelli gelidi e vuoti di un automa programmato per uccidere. Il modo in cui punta la pistola per essere sicuro di avere davvero ucciso tutti, o quello di girarsi su un fianco dopo aver sparato al “cattivo” per evitare che il cadavere gli cada addosso sono gesti inconsci dettati non dalla paura ma da un’esperienza di anni e da una tecnica infallibile.

 

L’inorganico che invade l’organico, o l’”animalesco” che contamina l’”umano”, sono varianti dello stesso tema cardine: pensiamo a Videodrome e La mosca: la carne umana assimila armi e videocassette, il corpo di un uomo si fonde con quello di un insetto. La conseguenza di queste contaminazioni è un’orribile metamorfosi del corpo, una mutazione della carne che si sviluppa in modo graduale ma inarrestabile ed è accompagnata da una ancor più inquietante metamorfosi della mente: l’altro da sé diventa così forte da governare nel personaggio in questione i movimenti, i desideri e, poiché chi non è umano non ha anima e quindi non ha morale, la stessa capacità di distinguere il bene dal male. Qualunque sia la variante si parla di un processo generato da un errore cui l’uomo non può più rimediare. Non ha più il potere di opporvisi in alcun modo e l’unico modo per uscirne è distruggendo se stesso.

 

In Crash, invece, Cronenberg fa un passo in più: è l’uomo stesso che cerca la lacerazione di carne e lamiera per suggellare in modo fisico la fusione tra uomo e macchina, e tale fusione si incarna nel corpo metà di carne e metà meccanico di Gabrielle. Ma qui il caso è più complesso: la natura di questi personaggi in realtà rappresenta una devianza dalla normalità: questi esseri sono davvero completamente umani? Forse sono stati contaminati da qualcos’altro, sono dei mutanti e la fusione tra umano e non umano è avvenuta prima di tutto nella loro mente. Questo li porta ad avere dei desideri contro natura: ciò che infatti questi esseri anelano è la morte come momento  di suprema estasi e di completa compenetrazione tra carne e materia inorganica.

 

Gli inseparabili, in quest’ottica, è un caso ancora più interessante. Qui Cronenberg ci parla di due gemelli, due entità e due corpi distinti praticamente identici tra loro: le parti che devono fondersi in questo caso sono entrambi di natura umana. All’inizio del film sembrano essere in qualche modo diverse e riconoscibili, ma poi i gemelli si imitano, si scambiano e non siamo più sicuri di quale dei due abbiamo davanti. Lo stesso nome completo di uno dei due, Beverly, è un’assonanza dei nomi di entrambi pronunciati di seguito: Bev e Elly. Potremmo quasi azzardarci a dire che invece di parlare di due identità nello stesso corpo, come nei film precedenti, qui Cronenberg ci ponga davanti a una unica identità in due corpi. Tale identità può divenire compiuta solo se si elimina la distinzione tra i due corpi, cosa che, per forza di cose, può avvenire solo nella morte.

 

In A history of violence il concetto di doppia identità, come per gli altri, pervade tutto il film: non è sola prerogativa del personaggio principale ma è esteso anche a quelli secondari, al linguaggio cinematografico utilizzato dal regista e alle stesse ambientazioni.

 

Il piano sequenza iniziale al motel è ambientato in un luogo assolutamente normale, e la situazione, prima che la telecamera entri nella reception, è anch’essa normale. Tuttavia in questi momenti di strana calma Cronenberg è molto bravo a trasmettere allo spettatore un senso di ansia. Non sempre riusciamo a identificare cosa, ma sentiamo che c’è qualcosa fuori posto. In questo caso ha un che di inquietante il modo in cui l’assassino giovane del motel mette a posto la sedia fuori dalla stanza come farebbe una persona ordinata ed equilibrata e poi, nella reception, dopo aver toccato tutto con le mani senza preoccupazione di lasciare impronte, ci mostra con alcuni gesti accompagnati da perfetti movimenti di macchina la strage appena avvenuta all’interno e poi senza pensarci più di tanto uccide una bambina.

 

Andando avanti nel film troviamo anche qualche tocco visivo che ci dà un’idea e poi la inverte di segno: la casa degli Stall, quando è ripresa da dentro sembra intima e familiare, mentre nella scena in cui arriva la spaventosa macchina nera, ripresa da fuori con la veranda e gli scalini, sembra quella di un film western, e ci fa presagire un’immancabile momento successivo di violenza. Anche il montaggio ci trae in inganno convincendoci di qualcosa e poi mostrandocene un’altra: il modo in cui il regista fa montare la sequenza della macchina nera che, ferma davanti al Diner’s, parte e va verso casa Stall ci tende una vera e propria trappola e ci spiazza, perché alla fine non è lì che sta andando, per lo meno in quel momento.

 

Lo stesso viso di Viggo Mortensen è diverso quando interpreta Tom e Joey: sicuramente Cronenberg ha studiato alla perfezione l’angolazione da cui riprendere l’uno e l’altro personaggio e le luci che mettano in risalto i diversi aspetti dell’attore. Persino il suo modo di camminare e muoversi è completamente diverso, e, nella versione originale, anche il suo accento.

 

Tuttavia questo film è una variante molto diversa sul tema.

 

Joey compare quando Tom non saprebbe cavarsela altrimenti, e non sembra voler prendere il sopravvento su quest’ultimo se non per salvargli la vita. Sì, a volte è un po’ più invadente di quanto sia necessario, come ad esempio nella scena di sesso sulle scale, ma comunque quando parte per Filadelfia lo fa perché è chiaro che se non si sistema tutto quello che riguarda il suo passato, né Tom né la sua famiglia potranno sopravvivere. E quando tutto è finito Tom ritorna al suo posto, alla sua famiglia, con l’intenzione di rimanerci, e prima si specchia e si lava in un’acqua carica più che mai della classica valenza simbolica di purificazione. In realtà non cambia nulla in lui, rispetto all’inizio del film, è forse Tom a programmare Joey: infondo l’ha tenuto “in stand by” per molti anni, poi l’ha richiamato quando serviva e l’ha rimesso “in stand by”.

 

E’ invece il resto della famiglia di Tom che subisce un cambiamento molto più tangibile, o forse raggiunge un diverso grado di consapevolezza, dopo quest’irruzione della violenza nella sua vita. Sarah è troppo piccola per capire ma forse è l’unica  persona che istintivamente già sentiva l’esistenza di Joey traducendola nella sua paura dei mostri. Jack e Edie invece ne vengono presto pesantemente contaminati: Jack, che ha sempre prediletto le soluzioni pacifiche, finisce per picchiare il bullo della scuola e, alla fine, arriva ad uccidere un uomo. Edie, invece, si rende conto che la sua vita è basata su una bugia e come accade in questi casi perde i riferimenti e parte della sua stessa identità: qual è il suo vero cognome? Stall o Cusack? Ma quando fa l’amore con Joey si rende conto che nemmeno lei è così immune alla violenza.

 

Forse si chiederà se anche suo figlio non abbia ereditato in qualche modo il lato non umano di suo padre. E’ plausibile che anche lo stesso Jack faccia questo ragionamento ed arrivi alla stessa conclusione. Fogarty era il peggiore nell’escalation dei “cattivi” che va dal bullo della scuola ai mafiosi irlandesi passando per quei pazzi omicidi che capitano per caso nel bar attirando i riflettori sulla famiglia Stall. Non si sarà chiesto, un ragazzino pacifico di Millbrook, come sia riuscito senza aver mai preso un fucile in mano e non essendosi mai trovato in situazione di tale pericolo, ad avere il sangue freddo di sparare proprio a uno come Fogarty e per di più uccidendolo con un solo colpo perfettamente mirato?

 

Probabilmente è proprio perché sentono che nel loro modo di essere Stall c’è anche un po’ di Cusack che Jack e Edie possono pensare al perdono di Tom: perché capiscono e accettano il fatto che dentro di loro esistano, necessarie alla sopravvivenza, due forze che portano in direzioni opposte. E quello che vuole dirci Cronenberg è che questo vale anche per noi. La nostra identità deve continuamente oscillare tra una forza e l’altra cercando di mantenere l’equilibrio, perché annientarne una significherebbe vanificare l’esistenza di quella opposta che verrebbe a sua volta a mancare.

 

E’ questa consapevolezza e questo equilibrio che determinano, mio parere, la grande differenza tra la famiglia Stall/Cusack e gli altri personaggi mutanti di Cronenberg.