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CHARLIE KAUFMAN E LA MEMORIA

Una monografia su Charlie Kaufman

I viaggi nell’inconscio e i meccanismi della mente

Le sceneggiature scritte per Gondry e Jonze sono talmente vicine nel tempo che riuscirebbe difficile trovare in esse un filo che riconduca a un processo creativo in evoluzione, tuttavia quello che possiamo dedurre è che il sodalizio con i due registi ha dato decisamente buoni frutti.

 

Quando penso al trio Kaufman, Jonze e Gondry le prime scene che mi vengono in mente sono le immagini che ritraggono sprazzi dell’ inconscio dei personaggi oppure, in flashback, momenti della loro vita passata.

 

Potremmo chiamare questa modalità di rappresentazione “a siparietti”, ma mettendo bene in chiaro che non si tratta di scene iniziate e finite, ma di piccoli accadimenti che si accavallano, si affiancano, si trasformano l’uno nell’altro senza soluzione di continuità, come potrebbe accadere ad una mente umana che si trova in uno stato onirico.

 

Le due sequenze più significative da questo punto di vista sono sicuramente quelle di Essere John Malkovich e Eternal sunshine of the spotless mind.

 

Sono molto simili: nel primo film Maxine, incinta, viene inseguita da Lotte dentro l’inconscio di John Malkovich, attraversano i ricordi di infanzia e adolescenza dell’attore.

 

Si tratta di episodi rapidi, slegati tra loro che rappresentano avvenimenti spesso distanti nello spazio e nel tempo, a volte tristi o commoventi altre ironici e divertenti, ma sempre molto efficaci. Essi sono messi in scena ad incastro in modo tanto armonico quanto impossibile, come potrebbe accadere in un quadro di M. C. Escher.

 

In Eternal sunshine of the spotless mind, invece, Clementine e Joel cercano di sfuggire alla cancellazione dei ricordi di Joel. Tra i vari siparietti ce n’è uno in cui Joel insegue Clem lungo un isolato rimanendovi intrappolato: proprio come avviene in certi sogni in qualunque senso lo percorra si ritrova nel medesimo punto da cui era partito, in quell’incrocio in cui aveva abbandonato l’auto.

 

Joel percorre quello stesso tratto di strada, ma ad ogni passaggio tutto sembra diverso, le insegne dei negozi si cancellano e tutto sembra degradarsi a vista d’occhio. Clem fugge e la città intorno a lei va a pezzi, un’auto cade dal cielo e si schianta al suolo accanto a lei e nella sua camminata c’è qualcosa di strano perché ad un certo punto è sparita una delle sue gambe.

 

Sembra di assistere alla rappresentazione visiva di un processo di deterioramento del ricordo, quello che potrebbe normalmente accadere ad un essere umano a causa del passare del tempo, ma che in questo caso avviene a velocità vertiginosa e in modo completamente consapevole da parte di Joel.

 

L’ambientazione del sogno passa da quella dell’età adulta di Joel a quella dell’infanzia, Clem si trasforma in una zia, o in un’amichetta, o, a volte, rimane sé stessa catapultata nel mondo di Joel bambino. Le scene dell’infanzia si susseguono tra un’umiliazione ed un senso di colpa, proprio come avviene in Essere John Malkovich.

 

E’ probabile che Kaufman, scrivendo la sceneggiatura insieme a Gondry, abbia voluto intenzionalmente sviluppare ciò che aveva appena accennato nel film diretto da Jonze. E quest’ipotetico legame tra i due film è supportato anche dal fatto che il titolo stesso, Eternal sunshine of the spotless mind, è un verso di Eloisa to Abelardo di Alexander Pope che viene recitato dai burattini di Craig nella prima scena di Essere John Malkovich.

 

La modalità di rappresentazione a siparietti si trova, a volte anche solo accennata ma immediatamente riconoscibile, in tutti i film di Kaufman. Mi sento di ipotizzare che essa abbia origine dalla formazione dei due registi nel mondo dei videoclip per poi diventare parte integrante, per non dire emblema, del suo stile.

 

Il cervellotico Kaufman, particolarmente affascinato dai meccanismi della mente, si è probabilmente accorto che questi siparietti erano il modo più efficace e affascinante di rappresentarli: videoclip e meccanismi della mente sembrano sposarsi alla perfezione, ed è questo uno dei motivi per cui i film migliori di Kaufman, a mio parere,  sono proprio quelli girati con Gondry e Jonze.

 

In una tonalità minore alcuni flashback presenti in Human nature oppure in Adaptation sono trattati in modo molto simile: Nathan ricorda la sua vita frustrante da bambino, quando saltava la cena per una forchetta sbagliata; Charlie fa i suoi voli pindarici inventandosi storie e situazioni improbabili con tutte le donne che incontra.

 

In Confessioni di una mente pericolosa il protagonista Chuck Barris crolla durante il Gong Show e dietro di lui scorrono immagini della sua infanzia,  di sua madre, del suo primo omicidio e poi, sotto forma di fondale scenografico che viene spostato sullo sfondo, la via di Berlino Est dove aveva ucciso una delle sue vittime.

 

Infine è davvero impossibile non collegare questa modalità di rappresentazione alla miriade di piccoli set teatrali che popolano il magazzino-teatro di Caden Cotard. Ognuno di essi rappresenta un momento della vita del protagonista, al loro interno viene riprodotta la realtà che circonda Caden ritratta nei minimi dettagli.

 

Nei siparietti creati da Caden spesso gli avvenimenti riprodotti sono leggermente diversi da quelli accaduti, le battute e le atmosfere sono più intense e drammatiche di quelle reali, a volte vengono esaltati particolari che originariamente erano in secondo piano, proprio come se l’autore di finzione, nel trasferire la realtà nel teatro, avesse perso o modificato qualche dettaglio.

 

Anche in questo caso ritorna la tematica dei meccanismi della mente con una modalità di rappresentazione simile alle precedenti che ritrae ancora una volta in modo davvero fedele il funzionamento del cervello quando ricorda: esso infatti deforma, reinterpreta, manipola fino quasi a ricreare un’altra versione dei fatti.

 

Inoltre il fatto che questa immensa macchina costruita da Caden sia volutamente priva di pubblico non fa che confermare che si tratti di un processo rivolto esclusivamente verso l’interno. Più che un’opera teatrale massiva sembra un tentativo intimo di sbrogliare i propri nodi psicologici.

 

Le strutture narrative

Ciò che rende fortemente caratterizzato lo stile di Kaufman, oltre agli aspetti tematici ricorrenti o l’estetica dei suoi viaggi nell’inconscio, è la particolarità delle sue strutture narrative.

 

Credo che questo aspetto sia davvero farina del suo sacco, e che non sia stato necessariamente ispirato dai suoi registi, i quali infatti nei loro successivi lavori hanno utilizzato schemi molto più lineari.

 

Kaufman non utilizza mai strutture narrative semplici: i suoi film si svolgono raramente in modo lineare, sono costruiti con continui salti avanti e indietro nel tempo o da un livello all’altro della narrazione.

 

In Adaptation, ad esempio, troviamo un struttura piuttosto curiosa: il film inizia con la voce fuori campo del protagonista che parla del proprio disagio fisico e psicologico. Segue un livello narrativo, che sembrerebbe quello del presente in cui accadono i fatti, in cui l’autore cerca di scrivere la sceneggiatura, incontra Valerie per parlarne, prova ad avere un contatto con Amelia senza successo e cerca di destreggiarsi con il suo gemello Donald appena trasferitosi a casa sua.

 

Alternato a questo piano esiste anche un livello narrativo minore, che appare a sprazzi, in cui Charlie immagina di essere diverso e fantastica sui suoi rapporti con i personaggi femminili del film.

 

Successivamente si intreccia la storia del ladro di orchidee e dell’autrice del libro, ma a questo punto non ci è dato di sapere quando ci troviamo all’interno di ciò che ha scritto Susan Orleans, quando siamo nel mondo dell’adattamento cinematografico e quando invece i fatti narrati siano quelli che accadono nel presente della narrazione.

 

Alla fine si ribalta tutto e ci viene il dubbio che quel piano che fino ad ora avevamo considerato quello del presente in cui accadono i fatti sia in realtà lo sviluppo della sceneggiatura che viene scritta man mano dal personaggio.

 

Si potrebbe dire che Synecdoche, New York abbia una struttura cronologicamente lineare ma da quando entra in scena il magazzino-teatro la trama procede saltellando tra la realtà della vita di Caden e la rappresentazione della stessa realtà tramite i suoi spettacoli teatrali; i personaggi reali e gli attori che recitano i ruoli dei personaggi reali si confondono, le loro vite si incrociano e il tempo prende a procedere in modo alquanto bizzarro.

 

Alcuni episodi si ripetono diverse volte, ogni volta rappresentati in un magazzino-nel-magazzino più interno.  Alcune scene che si svolgeranno alla fine del film vengono anticipate in piccole immagini in secondo piano, visibili magari in un programma televisivo in un momento in cui uno dei personaggi guarda distrattamente la televisione.

 

Alcuni personaggi si scorgono, solo se si fa molta attenzione, prima di essere ufficialmente presentati al pubblico, come Sammy che appare come un fantasma in casa di Caden e Claire o per strada quando ancora né noi né Caden sappiamo di chi si tratti.

 

Ad un certo punto la realtà supera la finzione, come se procedesse più velocemente: Sammy, che dovrebbe fare esattamente ciò che fa Caden, all’improvviso lo previene e dice le sue battute prima che le dica lui, mette zizzania tra lui e Claire, gli procura il nuovo indirizzo di Adele come se anticipasse i suoi stessi desideri e arriva a dichiarare il suo amore alla vera Hazel prima di Caden stesso. Caden, dal canto suo, va a letto con la Hazel di finzione prima che con quella vera.

 

In Eternal sunshine of the spotless mind i ricordi vengono rappresentati a ritroso, man mano che vengono cancellati, mentre il resto della vicenda segue l’ordine cronologico. Tutto il film si svolge però in un complesso montaggio alternato tra gli avvenimenti della vita di Clementine e Joel nel periodo di San Valentino e la dimensione dei ricordi di Joel che vengono cancellati, intervallato da spezzoni che ritraggono le vicende dei dipendenti della Lacuna Inc. che stanno cancellando la memoria di Joel.

 

L’intreccio dei vari livelli è intricato al punto che abbiamo bisogno di svariate visioni e dell’espediente del colore dei capelli di Clem per riordinare i fatti in modo cronologico. Ma d’altra parte la struttura di un film che si svolge per la maggior parte nella mente del protagonista non poteva certo essere lineare.

 

Si susseguono quindi movimenti circolari ripetitivi, passaggi repentini da un’età a un’altra del protagonista, da un episodio a un altro, da un ambiente ad un altro, e tutto avviene così velocemente che i siparietti si sovrappongono e così piove sul divano, Clem sdraiata sul ghiaccio viene risucchiata via e scompare trovandosi alla stazione, un letto viene proiettato sulla spiaggia, Joel piange perché vuole essere preso in braccio ma ha le dimensioni di un bambino e l’aspetto di un adulto.

 

Dopo tutto questo non credo sia azzardato pensare che l’autore prediliga trame complesse, cerebrali e discontinue. In un’intervista, infatti, Kaufman afferma che il teatro è vivo perché ogni rappresentazione è diversa dall’altra. Un film, invece, è come fosse morto, perché una volta girato ogni proiezione è identica a quella precedente.

 

E’ per ovviare a questo problema che l’autore predilige storie con queste caratteristiche, dove solo alla fine si capisce il senso di tutto il film, oppure dove ciò che accade prima viene spiegato dopo: in questo modo nelle visioni successive il film viene visto con occhi diversi, come fosse un altro film.

 

Ma questa complessità porta, in molti casi, alla necessità di spiegazioni: un altro elemento molto presente nel cinema di Kaufman, infatti, è la voce over sia come filo diretto con la coscienza dei suoi personaggi, al fine di capirne più a fondo le motivazioni e le caratteristiche psicologiche, sia come aiuto alla comprensione dell’intreccio.

 

“Dio ti aiuti! E’ un modo di scrivere flaccido e sciatto. Qualunque idiota può scrivere usando la voce over per spiegare i pensieri di un personaggio. Devi presentare i conflitti interni del tuo personaggio con l’azione!”. Kaufman fa dire questa frase a McKee in Adaptation, ciononostante sembra utilizzare questo espediente spesso e volentieri a partire, senza dubbio, da questo stesso film.

 

In esso in realtà non è chiaro se la voce over sia la voce dei pensieri di Charlie oppure la sceneggiatura che man mano viene scritta. La sua funzione è apparentemente quella di raccontare i pensieri del protagonista, le sue difficoltà nel rapporto con suo fratello, il disagio nei confronti di se stesso e del mondo e la sua disperazione per il suo lavoro che è in un momento di stallo. In realtà ha però il compito ulteriore di aiutare lo spettatore a destreggiarsi nel complicato intreccio.

 

In Eternal sunshine of the spotless mind la voce della mente di Joel ha la stessa funzione duplice di filo diretto con la coscienza e chiarimento su quale sia il livello narrativo in cui ci troviamo: essa apre il film esternando la confusione mentale del mattino che segue la cancellazione dei suoi ricordi. Si chiede perché una forza sconosciuta l’abbia spinto a telefonare al lavoro per darsi malato e a prendere il treno al contrario rispetto al solito per andare a Montauk.

 

Si chiede come mai alcune pagine del suo diario siano state strappate e perché gli sembrino passati secoli da quando l’ha scritto l’ultima volta. Ed è sempre la voce della sua mente che man mano che i suoi ricordi vengono cancellati li rivive, li commenta e li rimpiange, cosciente di averli persi per sempre.

 

In Synecdoche, New York, invece, non esiste una vera e propria voce over che narra i pensieri di un unico personaggio, ma nella parte finale del film sentiamo la voce di Millicent che, ventiquattro ore al giorno, dice a Caden cosa fare parlandogli attraverso un auricolare.

 

In questa fase vengono spiegati i pensieri ed i rimpianti di Ellen, la donna delle pulizie di Adele, ma essi vengono intrecciati in modo inscindibile con quelli di Caden e anche con quelli della stessa Millicent.

Questa voce inizialmente sostituisce i bigliettini che Caden scriveva per gli attori, ma poi esce dal suo ruolo, si allarga fino a diventare quasi la voce di una creatura ultraterrena, forse divina, ma che non lascia spazio per il libero arbitrio.

 

E proprio su quella voce si chiude il film, con l’ultimo ordine che essa pronuncia: Muori.


I personaggi di Kaufman

Tutto ciò che so fare è scrivere di me stesso”, dice il personaggio di Adaptation. Il fatto che si chiami come lui e faccia lo sceneggiatore ci fa pensare che anche il vero Charlie Kaufman scriva spesso e volentieri di se stesso.

 

Secondo me i personaggi nei suoi film sono opera sua più di quanto non lo siano di Jonze o di Gondry, anzi mi sentirei di dire che alcuni personaggi siano dei veri e propri alter ego di Kaufman: Adaptation è un film fortemente autobiografico nel quale la presenza di un alter-ego è abbastanza scontata, ma se ne trovano comunque in quasi tutti i suoi film.

 

Charlie, Caden e Craig sono dunque i primi della lista: sono i personaggi creativi che per vivere devono inventare storie, fare muovere personaggi. Charlie è uno sceneggiatore, e ha una marcia in più rispetto ad un suo “normale” collega: sembra che ciò che scrive determini gli avvenimenti reali. Non si limita ad inventare storie, sembra inventare anche la realtà.

 

Craig è un burattinaio che inizia la sua carriera muovendo burattini e inventando storie. Ma poi va molto oltre: prende possesso del corpo e della vita di un'altra persona, lo indossa come un bel vestito e ne non solo inizia a condizionarne le azioni ed i pensieri, ma arriva a reinventarne completamente vita.

 

Caden, invece, è un autore di teatro, ma non un autore di teatro come tutti gli altri. Pretende che tutta la realtà della sua vita venga replicata nella finzione e spinge talmente a fondo questo processo che la finzione inizia a precedere la realtà, ad anticiparla. A lui non basta muovere un burattino, seppur in carne ed ossa, come fa Craig. Ne muove centinaia perché è lui a dire ai suoi attori cosa fare in ogni minuto della loro vita, fino a diventare paradossalmente lui stesso un burattino manovrato dall’attrice che lo interpreta.

 

Se a prima vista sembra invece difficile trovare punti in comune tra Kaufman e Chuck Barris, bisogna tener conto che inventare storie o inventare i giochi che inventava Chuck non è poi tanto diverso. Anche lui è un po’ burattinaio e fa muovere i concorrenti a suo piacimento, creando coppie o facendo loro compiere azioni assurde davanti a migliaia di persone. Arriverà persino a causare la morte di uno di essi.

 

A prescindere dal fatto che Kaufman e Barris provengano entrambi da famiglia ebrea americana, siano nati a poche miglia di distanza l’uno dall’altro e si chiamino tutti e due Charles, il fattore che più li accomuna è sicuramente la ricerca del successo nel mondo dello spettacolo. Non credo sia stato difficile per Kaufman immedesimarsi in questo personaggio e metterci molto di se stesso.

 

E’ vero che in ogni personaggio c’è un po’ di del suo autore ma, fatta eccezione per Eternal sunshine of the spotless mind, è particolarmente forte in Kaufman questa tendenza ad avere in ogni suo film un alter ego che spicca tra gli altri personaggi.

 

D’altra parte il Nostro non solo interpretava il ruolo di Sam nella versione teatrale di Provaci ancora Sam, ma con i suoi gesti un po’ nevrotici e impacciati sembra lui stesso un personaggio uscito da un film di Woody Allen. Io credo che sia stata molto incisiva, nella sua formazione, l’influenza del grande regista newyorkese, anche lui certamente dotato di questa “mania” di inserire nei suoi film personaggi creati a propria immagine e somiglianza.

 

Se gli alter ego di Woody Allen solitamente parlano come lui, sono nevrotici, egocentrici e vanno dallo psicanalista da tutta la vita, quelli di Kufman sono sotto sotto molto brillanti, ma si vestono in modo trasandato, hanno la barba sfatta e vivono in uno stato di perenne imbarazzo. Sono pervasi da una fortissima timidezza e anche un po’ ipocondriaci. Il loro è un disagio profondo nei confronti del mondo e del proprio corpo, reso evidente dal loro aspetto, dalla loro postura e dal loro comportamento.

 

Le conseguenze di questo disagio portano il protagonista di Adaptation ad aver paura di qualunque tipo di relazione, che sia quella di lavoro con l’editrice o quella con Amelia. La sua è una totale incapacità di vivere senza preoccuparsi di cosa pensano gli altri di lui.

 

Lo stesso porta Craig a dover prendere possesso di un altro corpo, per essere diverso, raggiungere il successo e soprattutto per essere amato da Maxine, che altrimenti non l’avrebbe mai nemmeno preso in considerazione. La cosa buffa è che questo nuovo corpo, nelle mani di Craig, acquista anch’esso un aspetto trasandato e brutto, proprio come quello precedente, a dimostrare che il corpo rispecchia comunque in qualche modo le caratteristiche di chi lo abita.

 

Caden, a causa di questo disagio, della sua timidezza e della sua indecisione, non riesce ad avere una relazione stabile con una donna, nemmeno con la sua seconda figlia di cui spesso dimentica il nome. Per tutto il film sembra affetto da una strana malattia degenerativa, che forse è solo ipocondria, o forse è un normale invecchiare che, però, sembra accelerato dal fatto che per il personaggio il tempo scorre con una lentezza irreale.

 

Il suo aspetto è malaticcio e come Charlie trasmette un tangibile senso di inadeguatezza legato al proprio corpo, quello che normalmente si potrebbe collegare ad uno stato adolescenziale.

 

Qui possiamo agganciarci a Lila di Human nature, altro personaggio che non fa parte dei creativi ma che è fortemente Kaufmaniano. Lila non riesce ad accettare se stessa. La sua diversità fisica e la sua doppia natura la portano a non riuscire a mai a scegliere: non sa decidersi su quale sia il mondo in cui vuole vivere, quello della natura o quello degli uomini, e non sa decidersi su chi sia l’uomo giusto per lei, l’uomo-scimmia o l’uomo sofisticato.

 

Anche Lila fa parte di tutte quelle figure che si sentono fortemente inadeguate e che per annullare questa sensazione cercano di apparire diverse. Ciò è percepibile non solo nei personaggi-alter ego di Kaufman, ma anche in molti altri, protagonisti o marginali che siano.

 

Ad esempio Puff si trasforma alternatamente in un uomo civilizzato o in una creatura selvaggia per rispondere alle aspettative degli altri, mentre tra i personaggi minori possiamo citare l’assistente Gabrielle, che si finge una raffinata francese per conquistare Nathan, e Patrick, che cerca di trasformarsi nell’uomo perfetto per Clem sbirciando nel diario e negli oggetti di Joel.

 

Altro spunto tipicamente Kaufmaniano è il trauma infantile che spesso influenza il carattere dei personaggi. Anche qui scopriamo una matrice fortemente Alleniana soprattutto per come questo trauma viene raccontato, ovvero sempre in chiave ironica: persino lo scimpanzé di Lotte ne ha subìto uno!

 

Nathan rimane segnato dalla severità dei suoi genitori che gli facevano saltare la cena nel caso in cui sbagliasse a scegliere la forchetta per l’insalata. Sarà questa frustrazione che lo porterà a tentare in tutti i modi di insegnare il galateo ai topi? Sarà questo che lo porterà a non riuscire ad accettare la diversità di sua moglie Lila ma ad esserne irrimediabilmente attratto?

 

Olive, in punto di morte, rivanga il suo passato trauma dovuto all’abbandono del padre e attribuisce ad esso tutto ciò che è andato storto nella sua vita. Chuck Barris non può dimenticare che la madre lo vestiva da bambina, mentre Joel fa i conti con un forte senso di colpa riguardo ad un uccello che ha dovuto uccidere a martellate quando era piccolo, incitato dai suoi amichetti.

 

Molti dei traumi infantili dei personaggi sono legati a umiliazioni: nell’inconscio di John Malkovich è registrato in modo indelebile il momento in cui nello scuolabus gli altri bambini lo prendono in giro perché si è fatto la pipì addosso.

 

Charlie ricorda con orrore l’umiliazione provata per suo fratello quando gli amici ridevano di lui. E’ forse per il terrore di vivere una simile umiliazione che Charlie diventa così timido e che ogni suo gesto è condizionato da cosa potrebbero pensare gli altri di lui? Forse quell’episodio l’aveva segnato indelebilmente compromettendo la sua serenità?

 

I film di Kaufman sono anche popolati di personaggi romantici e tormentati come Joel e Clem, destinati ad amarsi per sempre nonostante questo causi loro forti sofferenze. Anche se si lasciano, si dimenticano, si ritroveranno di nuovo insieme, come spinti dalla forza imbattibile della predestinazione. La loro storia sembra il contrario di quella di Abelardo ed Eloisa: i primi destinati a stare insieme, quasi per forza, e i secondi a restare separati: ma il tipo di tormento non sembra così diverso.

 

Di questa categoria fa parte Lotte, tormentata dall’amore per la cinica Maxine e poi Craig che alla fine del film diventa un vero e proprio personaggio romantico che accetta di rinunciare a se stesso, alla sua identità e al suo stesso corpo, per vivere in contemplazione di Maxine. C’è Penny, che per un tempo infinito e con una pazienza di Giobbe aspetta di essere sposata da Chuck e alla fine ci riesce e, parlando di personaggi in perenne attesa, e non possiamo certo dimenticare Hazel, che aspetta Caden per tutta la vita fino a morire il giorno in cui finalmente il suo desiderio viene appagato.

 

Quanto ai personaggi forti e sicuri di sé potremmo parlare di Maxine, Adele, il dottor Lester, il dottor Mierzwiak, la produttrice del film nel film Il ladro di Orchidee, Laroche, la spia amante di Chuck… ma sono pochi, rappresentati in modo abbastanza piatto e per lo più vengono visti quasi come degli alieni. E’ chiaro che in questi, Kaufman, proprio non riesce ad immedesimarsi.


L’importanza del linguaggio

Lotte cerca di insegnare al suo scimpanzé il linguaggio dei segni, inseguendo il suo sogno di civilizzarlo. Nathan insegna a parlare a Puff per lo stesso motivo. Puff e Lila determinano i loro spostamenti tra mondo civilizzato e selvaggio rispettivamente usando e non usando il linguaggio umano, e quando parlano come fanno le creature selvagge Nathan non capisce, perché in lui non c’è alcun lato selvaggio.

 

Penny sogna una scimmia che si trasforma in Perry Como e poi si mette a parlare in una lingua sconosciuta, “forse svizzero”, come attraverso il tempo e l’evoluzione: l’evoluzione è suggellata proprio dall’utilizzo del linguaggio.

 

Mi sembra di capire che il linguaggio sia un argomento cui il Nostro è molto affezionato: è un elemento fondamentale per distinguere gli uomini dagli animali, o, in altre parole, l’evoluto dal non evoluto ma è anche un ottimo espediente per determinare la distanza tra i personaggi e le loro possibilità di contatto.

 

E’ chiaro da subito che Caden e Adele sono ad anni luce di distanza, basta osservare i loro linguaggi artistici totalmente agli antipodi: Caden tende a fare opere enormi, mentre Adele lavora a dipinti piccolissimi che vanno guardati con la lente di ingrandimento. Capiamo subito che le loro possibilità di comprendersi sono quasi nulle.

 

In questo senso è interessante anche Floris, la segretaria della Lester Corporation che diventerà anche la moglie di Malkovich/Lester. Il suo modo di parlare è stranissimo e nessuno la capisce, ma è talmente convinta di parlare normalmente che pensa che siano tutti gli altri ad avere problemi nel linguaggio.

 

Ha influenzato anche Lester, il quale crede di essere lui ad avere problemi a comunicare. Questo perché ne è innamorato: è convinto di non comprenderla a causa di una propria intrinseca inadeguatezza, perché la vede come un essere irraggiungibile.

 

Le difficoltà di comunicazione sono spesso messe in scena tramite linguaggi palesemente, e a volte forzatamente, diversi. Una cosa simile accade a Olive e Caden che si allontanano dapprima geograficamente e poi, di conseguenza, in senso affettivo. Olive si evolve, Caden invece rimane legato al suo passato, non riesce ad andare avanti: il tempo per lui non passa mai, nella sua vita tutto si ripete in un moto circolare che non permette né crescita né uscita, a meno che questa non avvenga con la morte.

 

Per sottolineare questa situazione Kaufman, dopo la partenza di Olive, fa prima parlare quest’ultima con l’accento tedesco, e poi le fa dimenticare addirittura la sua lingua madre. Al capezzale di Olive Caden ha bisogno di un traduttore per parlarle, come emblema della totale perdita di contatto tra i due.

 

Spesso le differenze nel linguaggio vengono utilizzate da Kaufman, più banalmente, per evidenziare le differenze culturali. I personaggi che Kaufman vuole delineare come colti e affascinanti parlano per citazioni e usano parole “difficili”. Solitamente le figure che appartengono a questa categoria vengono messe in forte contrapposizione con altre che parlano al limite dello sgrammaticato oppure fanno un sacco di gaffe perché tentano inutilmente di mettersi al livello dei loro interlocutori senza riuscirci.

 

La segretaria della Lacuna Inc., ad esempio, per far colpo sul dottor Mierzwiak cita Nietzsche: Beati gli smemorati perché avranno la meglio anche sui loro errori, ma ipotizziamo che la sua conoscenza di  Nietzsche si limiti a qualche frase trovata su un libro di citazioni.

 

Poi cita un verso di Alexander Pope, che tra le altre cose è proprio quello che dà il titolo al film, ma poi attribuisce la citazione a “Papa Alessandro”. Mierzwiak, che indovina le citazioni e che fa la parte di quello colto che i libri li ha letti veramente, la corregge con magnanimità.

 

Queste contrapposizioni sono un po’ forzate e denotano una certa semplificazione e stereotipizzazione delle due tipologie di personaggio. Questo elemento potrebbe anche essere stato scelto dall’autore deliberatamente ma proprio perché ribadito spesso in diverse situazioni, e a volte in modo un po’ gratuito, rappresenta secondo me una certa caduta di stile.

 

Un esempio di questa semplificazione è Patricia Watson che affascina Chuck Barris per la sua cultura perché cita Carlyle, contrapposta a Penny ragazza molto più semplice e non particolarmente istruita.

 

PENNY: Hai bevuto l’acqua, vero?

BARRIS: Sì

PENNY: Non avresti dovuto. La maledizione di Montessori. Non puoi permetterti neanche di aprire la bocca o gli occhi mentre fai la doccia. E’ da pazzi. Come mai la nostra acqua è così buona e la loro acqua è veleno? E’ lo stesso oceano.

 

Penny parla in modo diverso da Patricia, il suo linguaggio è sgrammaticato, un po’ volgare, e spesso le sue frasi sono fuori luogo mentre Patricia ha il linguaggio di una persona colta, sofisticata, e dice sempre la cosa giusta al momento giusto.

 

Sembrano parlare due lingue diverse perché loro sono diverse: l’una è semplice e leale, l’altra è doppia e ingannatrice. In questo caso la differenza del linguaggio assume anche un’altra sfumatura: determina il grado di sofisticazione di chi lo parla, dove “sofisticazione” va interpretato nel senso peggiore del termine.

 

Il linguaggio determina anche, soprattutto quando si tratta di linguaggio del corpo, chi è più forte e chi più debole, chi è timido e chi è sicuro di sé. Qui spesso l’autore forza un po’ la mano, presentando i suoi personaggi con un aspetto perennemente trasandato e un po’ “unto”, con la barba sempre lunga e i gesti impacciati e lo sguardo dimesso. Su sei film, tre hanno come protagonista un personaggio con queste caratteristiche.


Contaminazioni tra finzione e realtà

Sono molti i temi autobiografici nei film di Kaufman, e non abbiamo dubbi che la realtà della sua vita abbia influenzato i suoi film. Tuttavia spesso e volentieri nelle sue storie accade anche il contrario: è la finzione a determinare la realtà,  nel senso che la “storia nella storia” finisce per determinare la vita dei personaggi.

 

In Synecdoche, New York, ad esempio, gli attori interpretano i loro personaggi per così tante ore al giorno che finiscono per immedesimarsi irrimediabilmente in loro: si trasformano, e anche la loro vita si trasforma, viene decisa a tavolino da Caden con i suoi bigliettini. Ogni attore ha il suo bigliettino, e sa cosa gli dovrà accadere quel giorno. Gli attori che si aggirano nei vari magazzini-teatro non sanno più camminare normalmente, devono sempre rappresentare uno stato d’animo, o un personaggio, sono oramai privati della loro identità.

 

Sammy passa la vita a studiare Caden per diventare come lui, si trasferisce addirittura a casa sua. La realtà e la finzione si compenetrano: quando Caden ha una figlia con Claire sembra confuso ed è convinto che la bambina sia figlia sua solo nella finzione, e quando decide di andare a trovare la sua prima figlia Olive dice a Claire che va a trovare la sua vera figlia.

 

Ad un certo punto Claire e Sammy stanno provando una scena su un set identico all’appartamento di Claire. Improvvisamente quest’ultima abbandona il copione e inizia a parlare al vero Caden dicendogli che vuole che la loro relazione finisca. Ma a rispondere è Sammy. Claire si arrabbia con Caden, perché sa che Sammy dice quello che Caden pensa ma non ha il coraggio di dire.

 

“Ti voglio fuori dall’appartamento! Quello vero. Questo te lo puoi tenere”! dice Claire a Caden, e da questo momento in poi gli eventi reali iniziano ad accadere nei luoghi fittizi e non si uscirà quasi più dal magazzino-teatro. Oramai la vita di tutti è lì dentro e i fatti reali e quelli finti si rincorrono in un crescendo continuo che ha il culmine al momento della famosa frase di Caden a Sammy morto suicida: “Io non mi sono buttato! Alzati!”.

 

Qualcosa di molto simile è presente in Adaptation. Come abbiamo già detto la storia nel film sembra crearsi e svilupparsi secondo ciò che viene man mano scritto nella sceneggiatura del Kaufman personaggio. A causa di una storia di finzione vengono uccise ben due persone, e anche qui la finzione sembra aver influenzato la realtà.

 

Ma siamo sicuri che sia così? Laroche e Donald muoiono veramente, oppure si tratta solo di una sceneggiatura e non c’è niente di reale? Qui la contaminazione è diversa, secondo me, perché se in Synecdoche, New York è difficile capire se siamo nel livello del reale o no, qui è proprio impossibile.

 

Si rischia davvero di confondersi definitivamente, inoltre, se si prova a ragionare sul fatto che Susan Orleans e il suo libro Il ladro di orchidee esistono veramente, che il protagonista del film si chiama Charlie Kaufman, ha lavorato con Spike Jonze per Essere John Malkovich e che in Adaptation vi sono le riprese del finto Charlie sul vero set di Essere John Malkovich, con tanto di Catherine Keener e Spike Jonze in persona.

 

Kaufman non solo aveva veramente ricevuto dei soldi per fare un Adaptation del romanzo di Susan Orlean, ma a suo dire ha avuto la stessa ansia del protagonista che non sapeva come andare avanti con la narrazione, e per davvero è entrato in contatto con Robert McKee durante la stesura del testo.

 

Nei titoli di coda di Adaptation la sceneggiatura è firmata da Charlie e Donald Kaufman, ma Donald non esiste, è un personaggio di finzione. Pare che se avesse vinto qualche premio Nicholas Cage o il regista Spike Jonze avrebbero impersonato Donald per andare a ritirarlo insieme al vero Charlie.

 

In Eternal sunshine of the spotless mind, invece, non esiste una vera e propria contaminazione tra realtà e finzione, tuttavia spesso non sappiamo se ci troviamo nella dimensione del ricordo o in quella del presente in cui si svolgono i fatti. La contaminazione, in questo caso, avviene quindi tra il mondo onirico-mentale e il mondo reale, e tra i loro relativi livelli narrativi.

 

I passaggi dall’ uno all’altro sono così fluidi che spesso capiamo solo alla fine della scena in quale di essi ci troviamo e, oltre a questo, sono messe continuamente in scena vere e proprie invasioni di campo tra un mondo e l’altro.

 

Ad un certo punto ci troviamo nel mondo onirico-mentale e Joel si trova all’interno del proprio cervello, ancora confuso perché non sa cosa sta accadendo. Improvvisamente si sentono le voci dei due ragazzi della Lacuna Inc. che stanno lavorando sul suo cervello nel mondo reale, proprio come ci immagineremmo di sentire delle voci che vengono da un altro pianeta. Anche Joel sente queste voci e inizialmente rimane ancora più confuso. Presto, però, capisce di cosa si tratta si sforza di comunicare con loro.

 

In prima battuta urla chiedendo aiuto e guardando verso l’alto, come fanno gli uomini, per istinto, quando si rivolgono a un’entità maggiore e inafferrabile che ha su di loro potere di vita o di morte.

 

Successivamente, constatato che in questo modo non funziona, prova a decidere il da farsi insieme alla Clem che si trova nel suo cervello insieme a lui, e lei gli suggerisce di concentrarsi in modo da svegliare il Joel del mondo reale. Infondo è plausibile che ci sia un legame tra il Joel nel cervello e quello nel mondo reale! Joel ci prova, e riesce a fargli aprire gli occhi.

 

Ma purtroppo le sue possibilità di intervenire nel mondo reale agendo nel mondo onirico-mentale sembrerebbero limitarsi a questo. O forse non è proprio così: infatti cercando di scappare insieme a Clem in qualche ricordo in cui lei non c’era, Joel riesce comunque momentaneamente a far perdere le sue tracce a chi lo insegue dal mondo reale, anche se viene sistematicamente ritrovato e la cancellazione prosegue inesorabile.

 

Quando sembra non ci sia più nulla da fare la Clem nella mente di Joel lancerà un messaggio che sfuggirà ai cancellatori di memoria e sarà quello che renderà possibile che la loro storia ricominci da  capo:

 

“Ci vediamo a Montauk”.

 

E’ interessante come i vari livelli narrativi dei film analizzati in questo capitolo si trasformino in vere e proprie dimensioni parallele staccate una dall’altra ma in continua relazione reciproca. Ancora più interessante è stato analizzare come queste relazioni avvengano in modo completamente differente in ognuno di essi.

 

Volendo schematizzare quanto detto fino ad ora a riguardo, nel primo potremmo parlare di una relazione di continua copia-riproduzione di una dimensione sull’altra, nel secondo di una relazione simile a un rapporto di causa-effetto, mentre nel terzo i livelli interagiscono tra di loro tramite interferenze reciproche.


L’evoluzione e l’adattamento

In Human nature un uomo racchiude all’interno della sua vita tutta l’evoluzione della specie umana: da “scimmia” diventa uomo, e per di più diventa un essere sofisticato, colto ed elegante. L’evoluzione è l’argomento basilare su cui si sviluppa questo film e Kaufman ci dice che l’evoluzione è necessaria.

 

L’uomo Kaufmaniano è tenuto a evolversi se vuole vivere, eppure ciò gli causa fatica e sofferenza, spesso anche fisica: Puff ha dovuto subire un gran numero di scosse elettriche prima di adattarsi al modo di essere che gli veniva richiesto. Lila deve subire interminabili e dolorosissime sedute per la depilazione definitiva per essere ammessa nel mondo sofisticato.

 

Il mondo cambia e l’uomo ha il problema di dover seguire questi cambiamenti e per questo motivo egli è tormentato e spaventato. Per alcuni personaggi è tutto più facile, come per Maxine, che non esita a cambiare idea su Craig quando lo vede destinato al successo e alla ricchezza, o per Puff, che quando costretto si adatta a vivere sia nel mondo sofisticato che in quello selvaggio, o per Laroche, che come una pianta si adatta ad ogni cambiamento impostogli dalla sua sgangherata e sfortunata vita.

 

Chi si adatta meglio è più felice, più forte e meno tormentato, ma sono poche le figure capaci di questa versatilità, capaci di evolversi.

 

Nei film di Kaufman l’evoluzione appare come tema ricorrente, e non solo in casi come Adaptation e Human nature in cui essa è il tema centrale. Alcuni alludono all’evoluzione per negazione, cioè come impossibilità dei personaggi di evolversi.

 

Ciò avviene ad esempio in Synecdoche, New York, dove Caden resta letteralmente immobilizzato in un momento della sua vita senza potersi più muovere, per l’esattezza nel momento in cui viene lasciato da Adele. Il suo tempo interiore si ferma e lui non cambia più, se non fisicamente, perché il tempo del resto del mondo non si è fermato.

 

Dopo questo avvenimento Madeline, apparentemente per errore, gli chiede perché si è ucciso e Millicent parla di lui come di un uomo già morto. Forse Caden non si evolve perché in quel preciso momento è davvero morto e si è ritrovato fermo in una sorta di limbo, in uno spazio che non fa parte né della vita né della morte.

 

In Eternal sunshine of the spotless mind i personaggi, in modo simile, rimangono bloccati in una relazione che si ripete, senza riuscire a cambiare, a superarla. In questo caso, però, l’effetto non è tanto negativo: infondo hanno la possibilità di ricominciare da capo e correggere i loro errori come annullando l’azione del tempo, sperando che, questa volta, il finale sia più allegro.

 

In altri film, invece, apparentemente non troviamo il tema dell’evoluzione, ma esso viene comunque accennato tramite piccoli richiami nascosti dietro il suo simbolo più evidente: la scimmia.

 

Questo animale è presente in un dettaglio quasi inavvertibile in Confessioni di una mente pericolosa, dove Penny “come, attraverso il tempo e l’evoluzione” sogna una scimmia che le parla in una lingua incomprensibile e poi si trasforma in un famoso cantante degli anni ‘30.

 

Uno scimpanzé è presente anche in Essere John Malkovich: Lotte lo tiene in casa e lo tratta come fosse suo figlio. Sembra avere una malattia psicosomatica dovuta a un trauma infantile, ma probabilmente ha solo il grosso problema di essere una scimmia che deve vivere indossando il pannolino e andando da uno psicologo, in una realtà che non le appartiene cui deve adattarsi per forza.

 

L’adattamento è un’altra parola chiave. E’ l’altro lato della medaglia dell’evoluzione e diventa anche il titolo del film di Kaufman che più di ogni altro è pervaso da questo tema: Adattamento come adattamento del romanzo al cinema, immensamente difficile per Charlie, e adattamento come capacità di convivere con l’evoluzione del mondo, immensamente difficile per la maggior parte degli uomini.

 

Proprio in questo film Laroche e Susan, in una scena che si svolge nel furgone del ladro di orchidee, esplicitano in modo chiaro e semplice proprio questa difficoltà:

 

LAROCHE: Sai perché amo le piante? Perché sono così mutevoli. L’adattamento è un processo profondo. Voglio dire, ti permette di prosperare nel mondo. La gente non ci riesce a volte.

ORLEAN: Beh, è più facile per le piante: loro non hanno memoria. Loro si trasformano semplicemente in ciò che viene dopo. Per una persona è imbarazzante adattarsi. E’ un po’ come scappare...

 

Perché solo le piante si adattano al mondo circostante senza problemi, mentre per l’uomo non è così semplice? La coppia Laroche/Orlean è l’emblema di questa dicotomia: lui si adatta perfettamente, come una pianta, come avesse la prerogativa di dimenticare, o per lo meno di andare sempre avanti senza farsi rallentare dal suo passato.

 

Lei invece sembra lasciare il suo mondo sofisticato per inseguire un improvviso amore per un’orchidea, o per una vita più concreta, o per Laroche, ma quando identifica in Charlie una minaccia che potrebbe precluderle il ritorno alla sua vita di prima cerca di farlo uccidere. Ciò le causerà anche la perdita di Laroche, delle orchidee e di tutto quello per cui aveva cercato di cambiare.

 

A differenza delle piante l’uomo Kaufmaniano ha memoria delle sue esperienze passate, spesso rimane aggrappato al suo passato, ne ha nostalgia, ci si affeziona, vorrebbe tornare a viverlo. Per questo per lui cambiare, evolversi e adattarsi risulta come un fallimento.

 

La memoria e il passato vengono quindi contrapposti all’evoluzione e al futuro: due forze nello stesso individuo. Quasi sempre una delle due forze prevale sull’altra e porta l’individuo ad agire di conseguenza.

 

Proviamo a pensare a Caden che nella sua pièce teatrale massiva rivive continuamente gli stessi episodi e passa il tempo a immortalare gli attimi della sua vita con un lavoro “filologico” di analisi e ricomposizione dei suoi vari tasselli.

 

Oppure pensiamo a Chuck Barris che viene salvato dalle sue memorie: quando si rinchiude nella stanza d’albergo sull’orlo della pazzia ritrova se stesso solo quando inizia a rivedere e rimettere in ordine il suo passato.

 

Se cavalchiamo quest’onda, arriveremo alla conclusione che i personaggi Kaufmaniani sono più spesso sopraffatti dalla forza che spinge verso il passato, e si trovano quindi in continuo conflitto col mondo che si evolve. Sarà questo il motivo del loro disagio?


L’attrazione per la Natura e le “creature selvagge”

Anche Lila vorrebbe tornare indietro, ma il suo è una caso ancora diverso: vuole tornare talmente indietro da voler tornare scimmia. Il passato verso cui viene attirata non è il suo passato, ma quello di tutta la specie umana. Un vero ritorno alle origini, al mondo selvaggio.

 

Così come altri personaggi cercano di rimettere insieme tutte le loro esperienze per dar loro un senso e ritrovare la loro identità, così Lila ripercorre l’evoluzione dell’uomo perché forse capendone il filo conduttore riuscirà a dare un senso anche alla sua personale esistenza.

 

Il suo desiderio di tornare al passato si incarna nella necessità che ha di immergersi nella natura, di toccarla e di sentirsi tutt’uno con essa.  Gli unici momenti in cui si sente a casa è quando vive nella foresta.

 

La Natura è una cura per Lila e non solo per lei, anche altri personaggi infatti risolvono problemi o trovano soluzioni mentre si trovano a contatto con la natura, come se l’autore vedesse in essa, se non la soluzione dei problemi, almeno l’ambiente ideale per affrontarli: Charlie e Donald riescono davvero a comunicare solo quando passano una notte dentro una palude, braccati, bagnati fradici e infreddoliti.

 

Clementine, per trovare un modo di avvicinarsi a Joel, per rompere il ghiaccio, lo porta fuori città, a guardare le stelle e a sdraiarsi sul lago ghiacciato. E quando è all’apice della crisi, persa, è lì che vuole tornare, per ritrovarsi. E se vogliamo esagerare persino Joel, nel momento in cui capisce cosa sta succedendo e comincia a cercare una soluzione alla cancellazione inesorabile dei suoi ricordi, si  trova in un bosco e per concentrarsi si ricopre di foglie secche.

 

Lotte invece, per compensare qualcosa di sbagliato nella sua vita, o nella sua identità, sceglie di vivere in una casa che sembra una foresta popolata da un gran numero di animali selvatici. Questa sua necessità di contatto con la natura le dà sollievo, compensa il suo desiderio insoddisfatto di essere amata, di avere un figlio… e forse anche l’inconsapevolezza della sua identità sessuale.

 

Ho utilizzato nel titolo di questo paragrafo il termine “creature selvagge” citando il un film girato da Jonze senza Kaufman proprio perché secondo me questo tema è territorio comune a Jonze, Kaufman e Gondry.

 

Se facciamo un bilancio lo troviamo davvero in tutti i loro film: in alcuni passaggi le “creature selvagge” sono un pretesto per tornare alla Natura, alla vita senza regole e in qualche modo per tornare alle origini, come ho spiegato negli esempi appena esposti, mente in altri sembra più un’attrazione per creature meno evolute, esotiche, diverse da ciò cui i personaggi sono abituati.

 

Susan viene attratta dalla Natura, ma non perché decide di inseguire un’orchidea o perché si trova all’improvviso in una palude con l’acqua fino alla vita. La su attrazione si traduce nella sua infatuazione per Laroche, che incarna l’istinto primordiale di sopravvivenza, l’adattamento, e quindi la Natura stessa.

 

E così come Susan è attratta da Laroche, anche Chuck Barris, pur intrigato da Patricia Watson che cita Carlyle, non può non cedere all’attrazione per Penny.

 

Se le si analizzano con attenzione spesso le coppie Kaufmaniane sono palesemente composte da un elemento ritratto come più evoluto e uno che lo è di meno, come se il primo rappresentasse l’”umano”, e l’altro la “creatura selvaggia”. Il più delle volte questo fatto mette fortemente in imbarazzo l’”umano” della coppia, ma comunque l’attrazione per la “creatura selvaggia” è irresistibile.

 

Caden, con le sue continue indecisioni, sembra trovare in Hazel la sua vera anima gemella, ma Hazel viene rappresentata fin dall’inizio come una persona semplice, spontanea e primitiva. Caden è molto più complesso, pieno di problemi e manie, crea a sé stesso mille barriere e difficoltà.

 

In Eternal sunshine of the spotless mind Joel ama Clementine, ma lei è descritta come una persona istintiva e primitiva, il contrario di lui. Joel, nella cassetta registrata alla Lacuna Inc., afferma chiaramente di vergognarsi di alcuni atteggiamenti un po’ troppo grezzi di Clementine, del fatto che spesso non parli come si deve e che ceda un po’ troppo facilmente ai propri istinti.

 

Tuttavia la ama lo stesso, non può fare a meno di lei, anzi, sembra quasi che infondo sia proprio questo aspetto di lei ad attrarlo.

 

Nathan prova sempre e comunque nostalgia per Lila, che per metà è proprio una creatura selvaggia. Lila stessa è attratta da Puff, creatura ancora più selvaggia di lei. E chi sceglie, alla fine del film, Gabrielle?

 

Forse amare la Natura, o per estensione le creature più vicine alla Natura, è un risultato della pulsione dell’uomo verso il passato, è un modo per opporre resistenza all’evoluzione tornando alle origini, al mondo come era quando c’erano solo creature selvagge. Come se dal passato li raggiungesse un richiamo nostalgico contrapposto alla consapevolezza che tornare indietro non si può.


L’importanza della memoria e la sua cancellazione

Perché non si può tornare indietro?

 

Lotte, la moglie del burattinaio, fa l’esperienza unica di entrare nel corpo di un altro essere umano, per di più di sesso diverso. Quest’esperienza è per lei un punto di non ritorno. La cambia per sempre perché le permette di vedere il mondo da un altro punto di vista. All’improvviso sente che tutto ha un senso e capisce se stessa. Dopo essere entrata in John Malkovich la sua mente torna continuamente a questa esperienza, inevitabilmente cerca di riviverla e non gli permette più di tornare come era prima.

 

“Rivoglio la mia vita. La rivoglio come era prima che si incasinasse. Voglio essere di nuovo bambina. Voglio essere nuova”, dice Susan Orleans seduta a terra con Laroche morto tra le braccia, ma sa che non potrà mai ritornare bambina, né essere nuova perché per farlo dovrebbe cancellare tutto ciò che ha vissuto fino ad ora e questo non si può fare. Susan non potrà mai rimuovere dalla sua memoria la sua esperienza con Laroche.

 

Kaufman ci dice che la memoria delle esperienze vissute è il pilastro portante della nostra identità. Noi siamo il risultato di tutte le esperienze che abbiamo vissuto. La memoria ci permette di registrare in noi ogni esperienza aggiungendola a tutte le altre. Ma è anche la memoria che ci impedisce di tornare indietro: è impossibile tornare ad essere inconsapevoli di qualcosa che oramai si è conosciuto.

 

E Kaufman si chiede: siamo davvero certi che non sia possibile cancellare i ricordi di quelle esperienze che ci hanno formati e cambiati? Se potessimo ritornare nello stato di inconsapevolezza, cosa accadrebbe? Se fossimo come le piante, che dimenticano, ci adatteremmo meglio al mondo circostante?

 

Cosa sarebbe successo a Lotte se avesse potuto dimenticare il viaggio dentro John Malkovich? E a Puff, se avesse dimenticato come si viveva nel mondo civile? Sarebbe tornato a vivere nella foresta? E se Susan Orlean avesse dimenticato Laroche e le orchidee, avrebbe potuto tornare dal marito, e alla cerchia sofisticata dei suoi amici? Dimenticando tutte le sue esperienze, avrebbe potuto diventare di nuovo bambina, una persona nuova?

 

La Lacuna Inc. prova a rispondere a queste domande. Il dottor Mierzwiak inventa un modo di cancellare fisicamente alcuni ricordi dalla mente di chiunque lo richieda. Non solo, può agire anche in modo mirato: è in grado di individuare dove si trovano, all’interno del cervello, i ricordi che fanno soffrire i suoi pazienti e, semplicemente, cancellarli.

 

Clementine e Joel decidono di sperimentare questa soluzione per sopravvivere all’infelicità causata dalla fine del loro amore. Decidono di dimenticarsi l’un l’altro facendosi cancellare tutti i ricordi delle esperienze comuni: non si tratta di esperienze traumatizzanti o particolarmente decisive, ma per lo più di avvenimenti insignificanti e quotidiani, come la canzone di Braccobaldo o il ricordo di una cena al ristorante cinese.

 

Tuttavia questo procedimento non raggiunge l’obiettivo sperato: tutto ciò che è stato cancellato si ripropone comunque, quasi come una predestinazione, o come se fosse rimasto un residuo delle esperienze perdute. Clementine e Joel, dopo tutti gli sforzi fatti per dimenticarsi, finiscono per innamorarsi di nuovo e anche Mary, la segretaria della Lacuna Inc. si innamora di nuovo del dottor Mierzwiak dopo aver cancellato la memoria della loro relazione.

 

Ma l’autore ci suggerisce che non è solo per questo che la cancellazione non è una buona soluzione: eliminato brutalmente il ricordo di ciò che li ha resi infelici, l’infelicità resta, e i personaggi sono ancora più confusi di prima. Se noi siamo il risultato di tutte le nostre esperienze vissute, allora vuol dire che ogni esperienza è un pezzettino di noi, anche la più insulsa.

 

Se cancelliamo alcuni ricordi verranno a mancare alcuni pezzettini senza i quali ci riuscirà impossibile riconoscere noi stessi, e solo Joel lo capisce, anche se troppo tardi, e combatte fino all’ultimo per salvare i suoi ricordi.

 

Infatti personaggi con i ricordi cancellati non sanno più chi sono, e cosa vogliono:

“Non lo so. Mi sento persa, sono spaventata. Mi sento scomparire. La mia pelle si sta staccando. Sto invecchiando e niente ha più senso. Niente ha più senso. Niente ha più senso”, dice Clementine.

 

Senza la memoria diventano scostanti, a volte sentono la necessità di visitare dei luoghi dove non ricordano di essere mai stati, ma per cui provano una nostalgia irrefrenabile. Sono confusi, e pieni di dubbi: si trovano a compiere delle azioni senza sapere il perché, a non riconoscersi più allo specchio.

 

E’ come se perdessero la loro identità, la loro interezza, proprio per aver perso quei pezzettini di memoria che la costituiscono. Come il diario di Joel, che, dopo l’intervento della Lacuna Inc., resta incompleto, perché tutte le pagine che riguardano Clem sono state strappate.

 

Pare che l’idea della cancellazione della memoria sia stata di Gondry che suggerì a Kaufman di scrivere su un personaggio che riceve un biglietto in cui è scritto che qualcuno ha deciso di cancellarlo dalla sua memoria.

 

Tuttavia credo che nello studio delle conseguenze di questa cancellazione abbia avuto grande responsabilità anche lo stesso Kaufman, perché le caratteristiche e gli stati d’animo di Joel e Clementine in fondo sono quelli di tutti gli altri suoi personaggi.

 

Ma come mai anche coloro i cui ricordi sembrerebbero intatti si sentono confusi e incompleti come Joel e Clem? E se neanche i ricordi dei personaggi che non sono finiti nelle mani della Lacuna Inc. fossero veramente integri?

 

Forse quello che prova a suggerirci Kaufman è che nessuno di noi ha i ricordi intatti.

 

Forse è convinto che quando ci sentiamo infelici senza sapere perché o non sappiamo più chi siamo il motivo stia proprio in qualche ricordo che è stato cancellato dalla nostra mente sin dal giorno della nostra nascita.

 

Un ricordo che non appartiene al nostro passato personale, ma quello della nostra razza, che risale a quando eravamo tutti creature selvagge, senza memoria e senza coscienza, quando non camminavano eretti e non portavamo i vestiti. Come se un’entità come la Lacuna Inc. avesse strappato alcune pagine della nostra storia.

 

Forse Kaufman vuole indurci a credere che sia vero ciò che dice Darwin nella fantasiosa audiocassetta di Laroche Writings of Charles Darwin: allora forse questo ricordo potrebbe essere ancora più remoto. Potrebbe essere così lontano da risalire a quando eravamo tutti parte di un unico primordiale organismo monocellulare.