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IL CINEAMATORE il sito del Cinema Zuta
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CHARLIE KAUFMAN E LA MEMORIA
Una
monografia su Charlie Kaufman
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I viaggi nell’inconscio
e i meccanismi della mente
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Le sceneggiature scritte per
Gondry e Jonze sono talmente
vicine nel tempo che riuscirebbe difficile trovare in esse un filo che
riconduca a un processo creativo in evoluzione, tuttavia quello che
possiamo
dedurre è che il sodalizio con i due registi ha dato decisamente buoni
frutti.
Quando penso al trio Kaufman,
Jonze e Gondry le prime
scene che mi vengono in mente sono le immagini che ritraggono sprazzi
dell’
inconscio dei personaggi oppure, in flashback, momenti della loro vita
passata.
Potremmo chiamare questa modalità
di rappresentazione “a
siparietti”, ma mettendo bene in chiaro che non si tratta di scene
iniziate e
finite, ma di piccoli accadimenti che si accavallano, si affiancano, si
trasformano l’uno nell’altro senza soluzione di continuità, come
potrebbe
accadere ad una mente umana che si trova in uno stato onirico.
Le due sequenze più significative
da questo punto di
vista sono sicuramente quelle di Essere
John Malkovich e Eternal
sunshine of
the spotless mind.
Sono molto simili: nel primo film
Maxine, incinta, viene
inseguita da Lotte dentro l’inconscio di John Malkovich, attraversano i
ricordi
di infanzia e adolescenza dell’attore.
Si tratta di episodi rapidi,
slegati tra loro che
rappresentano avvenimenti spesso distanti nello spazio e nel tempo, a
volte
tristi o commoventi altre ironici e divertenti, ma sempre molto
efficaci. Essi
sono messi in scena ad incastro in modo tanto armonico quanto
impossibile, come
potrebbe accadere in un quadro di M. C. Escher.
In Eternal
sunshine of the spotless mind,
invece, Clementine e Joel cercano di sfuggire alla cancellazione dei
ricordi di
Joel. Tra i vari siparietti ce n’è uno in cui Joel insegue Clem lungo
un
isolato rimanendovi intrappolato: proprio come avviene in certi sogni
in qualunque
senso lo percorra si ritrova nel medesimo punto da cui era partito, in
quell’incrocio in cui aveva abbandonato l’auto.
Joel percorre quello stesso
tratto di strada, ma ad ogni
passaggio tutto sembra diverso, le insegne dei negozi si cancellano e
tutto
sembra degradarsi a vista d’occhio. Clem fugge e la città intorno a lei
va a
pezzi, un’auto cade dal cielo e si schianta al suolo accanto a lei e
nella sua
camminata c’è qualcosa di strano perché ad un certo punto è sparita una
delle
sue gambe.
Sembra di assistere alla
rappresentazione visiva di un processo
di deterioramento del ricordo, quello che potrebbe normalmente accadere
ad un
essere umano a causa del passare del tempo, ma che in questo caso
avviene a velocità
vertiginosa e in modo completamente consapevole da parte di Joel.
L’ambientazione del sogno passa
da quella dell’età adulta
di Joel a quella dell’infanzia, Clem si trasforma in una zia, o in
un’amichetta, o, a volte, rimane sé stessa catapultata nel mondo di
Joel
bambino. Le scene dell’infanzia si susseguono tra un’umiliazione ed un
senso di
colpa, proprio come avviene in Essere
John Malkovich.
E’ probabile che Kaufman,
scrivendo la sceneggiatura
insieme a Gondry, abbia voluto intenzionalmente sviluppare ciò che
aveva appena
accennato nel film diretto da Jonze. E quest’ipotetico legame tra i due
film è
supportato anche dal fatto che il titolo stesso, Eternal
sunshine of
the spotless mind, è un verso di Eloisa
to Abelardo
di
Alexander Pope che viene recitato dai burattini di Craig nella prima
scena di Essere John
Malkovich.
La modalità di rappresentazione a
siparietti si trova, a
volte anche solo accennata ma immediatamente riconoscibile, in tutti i
film di
Kaufman. Mi sento di ipotizzare che essa abbia origine dalla formazione
dei due
registi nel mondo dei videoclip per poi diventare parte integrante, per
non
dire emblema, del suo stile.
Il cervellotico Kaufman,
particolarmente affascinato dai
meccanismi della mente, si è probabilmente accorto che questi
siparietti erano
il modo più efficace e affascinante di rappresentarli: videoclip e
meccanismi
della mente sembrano sposarsi alla perfezione, ed è questo uno dei
motivi per
cui i film migliori di Kaufman, a mio parere, sono
proprio quelli girati con Gondry e Jonze.
In una tonalità minore alcuni
flashback presenti in Human nature oppure
in Adaptation sono
trattati in modo molto simile: Nathan ricorda la sua vita frustrante da
bambino, quando saltava la cena per una forchetta sbagliata; Charlie fa
i suoi voli
pindarici inventandosi storie e situazioni improbabili con tutte le
donne che
incontra.
In Confessioni
di una mente pericolosa il
protagonista Chuck Barris crolla durante il Gong Show e dietro di lui
scorrono
immagini della sua infanzia, di
sua
madre, del suo primo omicidio e poi, sotto forma di fondale
scenografico che
viene spostato sullo sfondo, la via di Berlino Est dove aveva ucciso
una delle
sue vittime.
Infine è davvero impossibile non
collegare questa
modalità di rappresentazione alla miriade di piccoli set teatrali che
popolano
il magazzino-teatro di Caden Cotard. Ognuno di essi rappresenta un
momento
della vita del protagonista, al loro interno viene riprodotta la realtà
che
circonda Caden ritratta nei minimi dettagli.
Nei siparietti creati da Caden
spesso gli avvenimenti
riprodotti sono leggermente diversi da quelli accaduti, le battute e le
atmosfere sono più intense e drammatiche di quelle reali, a volte
vengono
esaltati particolari che originariamente erano in secondo piano,
proprio come
se l’autore di finzione, nel trasferire la realtà nel teatro, avesse
perso o
modificato qualche dettaglio.
Anche in questo caso ritorna la
tematica dei meccanismi
della mente con una modalità di rappresentazione simile alle precedenti
che ritrae
ancora una volta in modo davvero fedele il funzionamento del cervello
quando
ricorda: esso infatti deforma, reinterpreta, manipola fino quasi a
ricreare
un’altra versione dei fatti.
Inoltre il fatto che questa
immensa macchina costruita da
Caden sia volutamente priva di pubblico non fa che confermare che si
tratti di
un processo rivolto esclusivamente verso l’interno. Più che un’opera
teatrale
massiva sembra un tentativo intimo di sbrogliare i propri nodi
psicologici.
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Le strutture narrative
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Ciò
che rende fortemente
caratterizzato lo stile di Kaufman, oltre agli aspetti tematici
ricorrenti o
l’estetica dei suoi viaggi nell’inconscio, è la particolarità delle sue
strutture narrative.
Credo
che questo aspetto
sia davvero farina del suo sacco, e che non sia stato necessariamente
ispirato
dai suoi registi, i quali infatti nei loro successivi lavori hanno
utilizzato
schemi molto più lineari.
Kaufman
non utilizza mai
strutture narrative semplici: i suoi film si svolgono raramente in modo
lineare, sono costruiti con continui salti avanti e indietro nel tempo
o da un
livello all’altro della narrazione.
In
Adaptation,
ad esempio, troviamo un struttura
piuttosto curiosa: il film inizia con la voce fuori campo del
protagonista che
parla del proprio disagio fisico e psicologico. Segue un livello
narrativo, che
sembrerebbe quello del presente in cui accadono i fatti, in cui
l’autore cerca
di scrivere la sceneggiatura, incontra Valerie per parlarne, prova ad
avere un
contatto con Amelia senza successo e cerca di destreggiarsi con il suo
gemello
Donald appena trasferitosi a casa sua.
Alternato
a questo piano
esiste anche un livello narrativo minore, che appare a sprazzi, in cui
Charlie
immagina di essere diverso e fantastica sui suoi rapporti con i
personaggi
femminili del film.
Successivamente
si
intreccia la storia del ladro di orchidee e dell’autrice del libro, ma
a questo
punto non ci è dato di sapere quando ci troviamo all’interno di ciò che
ha
scritto Susan Orleans, quando siamo nel mondo dell’adattamento
cinematografico
e quando invece i fatti narrati siano quelli che accadono nel presente
della
narrazione.
Alla
fine si ribalta
tutto e ci viene il dubbio che quel piano che fino ad ora avevamo
considerato
quello del presente in cui accadono i fatti sia in realtà lo sviluppo
della
sceneggiatura che viene scritta man mano dal personaggio.
Si
potrebbe dire che Synecdoche,
New York abbia una struttura
cronologicamente lineare ma da quando entra in scena il
magazzino-teatro la
trama procede saltellando tra la realtà della vita di Caden e la
rappresentazione della stessa realtà tramite i suoi spettacoli
teatrali; i
personaggi reali e gli attori che recitano i ruoli dei personaggi reali
si
confondono, le loro vite si incrociano e il tempo prende a procedere in
modo
alquanto bizzarro.
Alcuni
episodi si
ripetono diverse volte, ogni volta rappresentati in un
magazzino-nel-magazzino
più interno. Alcune
scene che si
svolgeranno alla fine del film vengono anticipate in piccole immagini
in
secondo piano, visibili magari in un programma televisivo in un momento
in cui
uno dei personaggi guarda distrattamente la televisione.
Alcuni
personaggi si
scorgono, solo se si fa molta attenzione, prima di essere ufficialmente
presentati
al pubblico, come Sammy che appare come un fantasma in casa di Caden e
Claire o
per strada quando ancora né noi né Caden sappiamo di chi si tratti.
Ad
un certo punto la
realtà supera la finzione, come se procedesse più velocemente: Sammy,
che
dovrebbe fare esattamente ciò che fa Caden, all’improvviso lo previene
e dice
le sue battute prima che le dica lui, mette zizzania tra lui e Claire,
gli
procura il nuovo indirizzo di Adele come se anticipasse i suoi stessi
desideri
e arriva a dichiarare il suo amore alla vera Hazel prima di Caden
stesso. Caden,
dal canto suo, va a letto con la Hazel di finzione prima che con quella
vera.
In
Eternal
sunshine of the spotless mind i ricordi
vengono rappresentati a ritroso, man mano che vengono cancellati,
mentre il
resto della vicenda segue l’ordine cronologico. Tutto il film si svolge
però in
un complesso montaggio alternato tra gli avvenimenti della vita di
Clementine e
Joel nel periodo di San Valentino e la dimensione dei ricordi di Joel
che
vengono cancellati, intervallato da spezzoni che ritraggono le vicende
dei
dipendenti della Lacuna Inc. che stanno cancellando la memoria di Joel.
L’intreccio
dei vari
livelli è intricato al punto che abbiamo bisogno di svariate visioni e
dell’espediente del colore dei capelli di Clem per riordinare i fatti
in modo
cronologico. Ma d’altra parte la struttura di un film che si svolge per
la
maggior parte nella mente del protagonista non poteva certo essere
lineare.
Si
susseguono quindi
movimenti circolari ripetitivi, passaggi repentini da un’età a un’altra
del
protagonista, da un episodio a un altro, da un ambiente ad un altro, e
tutto
avviene così velocemente che i siparietti si sovrappongono e così piove
sul
divano, Clem sdraiata sul ghiaccio viene
risucchiata via e
scompare
trovandosi
alla stazione, un letto viene proiettato sulla spiaggia, Joel piange
perché
vuole essere preso in braccio ma ha le dimensioni di un bambino e
l’aspetto di
un adulto.
Dopo
tutto questo non
credo sia azzardato pensare che l’autore prediliga trame complesse,
cerebrali e
discontinue. In un’intervista, infatti, Kaufman afferma che il teatro è
vivo
perché ogni rappresentazione è diversa dall’altra. Un film, invece, è
come
fosse morto, perché una volta girato ogni proiezione è identica a
quella
precedente.
E’
per ovviare a questo
problema che l’autore predilige storie con queste caratteristiche, dove
solo
alla fine si capisce il senso di tutto il film, oppure dove ciò che
accade
prima viene spiegato dopo: in questo modo nelle visioni successive il
film
viene visto con occhi diversi, come fosse un altro film.
Ma
questa complessità
porta, in molti casi, alla necessità di spiegazioni: un altro elemento
molto
presente nel cinema di Kaufman, infatti, è la voce over sia come filo
diretto
con la coscienza dei suoi personaggi, al fine di capirne più a fondo le
motivazioni e le caratteristiche psicologiche, sia come aiuto alla
comprensione
dell’intreccio.
“Dio
ti
aiuti! E’ un modo di scrivere flaccido e sciatto. Qualunque idiota può
scrivere
usando la voce over per spiegare i pensieri di un personaggio. Devi
presentare
i conflitti interni del tuo personaggio con l’azione!”.
Kaufman
fa dire questa frase a McKee in Adaptation,
ciononostante sembra utilizzare
questo espediente spesso e volentieri a partire, senza dubbio, da
questo stesso
film.
In esso in realtà non è chiaro se la voce over sia la voce dei pensieri di
Charlie oppure la sceneggiatura che man mano viene scritta. La sua
funzione è apparentemente
quella di raccontare i pensieri del protagonista, le sue difficoltà nel
rapporto con suo fratello, il disagio nei confronti di se stesso e del
mondo e
la sua disperazione per il suo lavoro che è in un momento di stallo. In
realtà
ha però il compito ulteriore di aiutare lo spettatore a destreggiarsi
nel complicato
intreccio.
In
Eternal
sunshine of the spotless mind la voce
della mente di Joel ha la stessa funzione duplice di filo diretto con
la
coscienza e chiarimento su quale sia il livello narrativo in cui ci
troviamo: essa
apre il film esternando la confusione mentale del mattino che segue la
cancellazione dei suoi ricordi. Si chiede perché una forza sconosciuta
l’abbia
spinto a telefonare al lavoro per darsi malato e a prendere il treno al
contrario rispetto al solito per andare a Montauk.
Si
chiede come mai alcune
pagine del suo diario siano state strappate e perché gli sembrino
passati
secoli da quando l’ha scritto l’ultima volta. Ed è sempre la voce della
sua
mente che man mano che i suoi ricordi vengono cancellati li rivive, li
commenta
e li rimpiange, cosciente di averli persi per sempre.
In
Synecdoche,
New York, invece, non esiste una
vera e propria voce over che narra i pensieri di un unico personaggio,
ma nella
parte finale del film sentiamo la voce di Millicent che, ventiquattro
ore al
giorno, dice a Caden cosa fare parlandogli attraverso un auricolare.
In
questa fase vengono
spiegati i pensieri ed i rimpianti di Ellen, la donna delle pulizie di
Adele,
ma essi vengono intrecciati in modo inscindibile con quelli di Caden e
anche
con quelli della stessa Millicent.
Questa
voce inizialmente
sostituisce i bigliettini che Caden scriveva per gli attori, ma poi
esce dal
suo ruolo, si allarga fino a diventare quasi la voce di una creatura
ultraterrena, forse divina, ma che non lascia spazio per il libero
arbitrio.
E
proprio su quella voce
si chiude il film, con l’ultimo ordine che essa pronuncia: “Muori”.
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I
personaggi di Kaufman
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“Tutto
ciò che
so fare è scrivere di me stesso”, dice il personaggio di Adaptation. Il
fatto che si chiami come lui e faccia lo sceneggiatore ci fa pensare
che anche
il vero Charlie Kaufman scriva spesso e volentieri di se stesso.
Secondo me i personaggi nei suoi
film sono opera sua più
di quanto non lo siano di Jonze o di Gondry, anzi mi sentirei di dire
che alcuni
personaggi siano dei veri e propri alter ego di Kaufman: Adaptation è un
film fortemente autobiografico nel quale la presenza di un alter-ego è
abbastanza scontata, ma se ne trovano comunque in quasi tutti i suoi
film.
Charlie, Caden e Craig sono
dunque i primi della lista:
sono i personaggi creativi che per vivere devono inventare storie, fare
muovere
personaggi. Charlie è uno sceneggiatore, e ha una marcia in più
rispetto ad un
suo “normale” collega: sembra che ciò che scrive determini gli
avvenimenti
reali. Non si limita ad inventare storie, sembra inventare anche la
realtà.
Craig è un burattinaio che inizia
la sua carriera
muovendo burattini e inventando storie. Ma poi va molto oltre: prende
possesso
del corpo e della vita di un'altra persona, lo indossa come un bel
vestito e ne
non solo inizia a condizionarne le azioni ed i pensieri, ma arriva a
reinventarne completamente vita.
Caden, invece, è un autore di
teatro, ma non un autore di
teatro come tutti gli altri. Pretende che tutta la realtà della sua
vita venga
replicata nella finzione e spinge talmente a fondo questo processo che
la
finzione inizia a precedere la realtà, ad anticiparla. A lui non basta
muovere
un burattino, seppur in carne ed ossa, come fa Craig. Ne muove
centinaia perché
è lui a dire ai suoi attori cosa fare in ogni minuto della loro vita,
fino a
diventare paradossalmente lui stesso un burattino manovrato
dall’attrice che lo
interpreta.
Se a prima vista sembra invece
difficile trovare punti in
comune tra Kaufman e Chuck Barris, bisogna tener conto che inventare
storie o
inventare i giochi che inventava Chuck non è poi tanto diverso. Anche
lui è un
po’ burattinaio e fa muovere i concorrenti a suo piacimento, creando
coppie o
facendo loro compiere azioni assurde davanti a migliaia di persone.
Arriverà
persino a causare la morte di uno di essi.
A prescindere dal fatto che
Kaufman e Barris provengano
entrambi da famiglia ebrea americana, siano nati a poche miglia di
distanza
l’uno dall’altro e si chiamino tutti e due Charles, il fattore che più
li
accomuna è sicuramente la ricerca del successo nel mondo dello
spettacolo. Non
credo sia stato difficile per Kaufman immedesimarsi in questo
personaggio e
metterci molto di se stesso.
E’ vero che in ogni personaggio
c’è un po’ di del suo
autore ma, fatta eccezione per Eternal
sunshine of the spotless mind, è
particolarmente forte in Kaufman questa tendenza ad avere in ogni suo
film un
alter ego che spicca tra gli altri personaggi.
D’altra parte il Nostro non solo
interpretava il ruolo di
Sam nella versione teatrale di Provaci
ancora Sam,
ma con
i suoi gesti un po’ nevrotici e impacciati sembra lui stesso un
personaggio
uscito da un film di Woody Allen. Io credo che sia stata molto
incisiva, nella sua
formazione, l’influenza del grande regista newyorkese, anche lui
certamente
dotato di questa “mania” di inserire nei suoi film personaggi creati a
propria
immagine e somiglianza.
Se gli alter ego di Woody Allen
solitamente parlano come
lui, sono nevrotici, egocentrici e vanno dallo psicanalista da tutta la
vita,
quelli di Kufman sono sotto sotto molto brillanti, ma si vestono in
modo
trasandato, hanno la barba sfatta e vivono in uno stato di perenne
imbarazzo. Sono
pervasi da una fortissima timidezza e anche
un po’ ipocondriaci.
Il loro è un disagio profondo nei confronti del mondo e del proprio
corpo, reso
evidente dal loro aspetto, dalla loro postura e dal loro comportamento.
Le conseguenze di questo disagio
portano il protagonista
di Adaptation ad
aver paura di qualunque tipo di relazione, che sia quella di lavoro con
l’editrice o quella con Amelia. La sua è una totale incapacità di
vivere senza
preoccuparsi di cosa pensano gli altri di lui.
Lo stesso porta Craig a dover
prendere possesso di un
altro corpo, per essere diverso, raggiungere il successo e soprattutto
per
essere amato da Maxine, che altrimenti non l’avrebbe mai nemmeno preso
in
considerazione. La cosa buffa è che questo nuovo corpo, nelle mani di
Craig,
acquista anch’esso un aspetto trasandato e brutto, proprio come quello
precedente, a dimostrare che il corpo rispecchia comunque in qualche
modo le
caratteristiche di chi lo abita.
Caden, a causa di questo disagio,
della sua timidezza e
della sua indecisione, non riesce ad avere una relazione stabile con
una donna,
nemmeno con la sua seconda figlia di cui spesso dimentica il nome. Per
tutto il
film sembra affetto da una strana malattia degenerativa, che forse è
solo
ipocondria, o forse è un normale invecchiare che, però, sembra
accelerato dal
fatto che per il personaggio il tempo scorre con una lentezza irreale.
Il suo aspetto è malaticcio e
come Charlie trasmette un
tangibile senso di inadeguatezza legato al proprio corpo, quello che
normalmente si potrebbe collegare ad uno stato adolescenziale.
Qui possiamo agganciarci a Lila
di Human nature, altro
personaggio che non fa parte dei creativi ma che è fortemente
Kaufmaniano. Lila
non riesce ad accettare se stessa. La sua diversità fisica e la sua
doppia
natura la portano a non riuscire a mai a scegliere: non sa decidersi su
quale
sia il mondo in cui vuole vivere, quello della natura o quello degli
uomini, e
non sa decidersi su chi sia l’uomo giusto per lei, l’uomo-scimmia o
l’uomo
sofisticato.
Anche Lila fa parte di tutte
quelle figure che si sentono
fortemente inadeguate e che per annullare questa sensazione cercano di
apparire
diverse. Ciò è percepibile non solo nei personaggi-alter ego di
Kaufman, ma
anche in molti altri, protagonisti o marginali che siano.
Ad esempio Puff si trasforma
alternatamente in un uomo
civilizzato o in una creatura selvaggia per rispondere alle aspettative
degli
altri, mentre tra i personaggi minori possiamo citare l’assistente
Gabrielle,
che si finge una raffinata francese per conquistare Nathan, e Patrick,
che
cerca di trasformarsi nell’uomo perfetto per Clem sbirciando nel diario
e negli
oggetti di Joel.
Altro spunto tipicamente
Kaufmaniano è il trauma
infantile che spesso influenza il carattere dei personaggi. Anche qui
scopriamo
una matrice fortemente Alleniana soprattutto per come questo trauma
viene raccontato,
ovvero sempre in chiave ironica: persino lo scimpanzé di Lotte ne ha
subìto uno!
Nathan rimane segnato dalla
severità dei suoi genitori
che gli facevano saltare la cena nel caso in cui sbagliasse a scegliere
la
forchetta per l’insalata. Sarà questa frustrazione che lo porterà a
tentare in
tutti i modi di insegnare il galateo ai topi? Sarà questo che lo
porterà a non
riuscire ad accettare la diversità di sua moglie Lila ma ad esserne
irrimediabilmente attratto?
Olive, in punto di morte, rivanga
il suo passato trauma
dovuto all’abbandono del padre e attribuisce ad esso tutto ciò che è
andato storto
nella sua vita. Chuck Barris non può
dimenticare che la madre lo vestiva da bambina, mentre Joel fa i conti
con un
forte senso di colpa riguardo ad un uccello che ha dovuto uccidere a
martellate
quando era piccolo, incitato dai suoi amichetti.
Molti dei traumi infantili dei
personaggi sono legati a
umiliazioni: nell’inconscio di John Malkovich è registrato in modo
indelebile
il momento in cui nello scuolabus gli altri bambini lo prendono in giro
perché
si è fatto la pipì addosso.
Charlie ricorda con orrore
l’umiliazione provata per suo
fratello quando gli amici ridevano di lui. E’ forse per il terrore di
vivere
una simile umiliazione che Charlie diventa così timido e che ogni suo
gesto è
condizionato da cosa potrebbero pensare gli altri di lui? Forse
quell’episodio
l’aveva segnato indelebilmente compromettendo la sua serenità?
I film di Kaufman sono anche
popolati di personaggi
romantici e tormentati come Joel e Clem, destinati ad amarsi per sempre
nonostante questo causi loro forti sofferenze. Anche se si lasciano, si
dimenticano, si ritroveranno di nuovo insieme, come spinti dalla forza
imbattibile della predestinazione. La loro storia sembra il contrario
di quella
di Abelardo ed Eloisa: i primi destinati a stare insieme, quasi per
forza, e i
secondi a restare separati: ma il tipo di tormento non sembra così
diverso.
Di questa categoria fa parte
Lotte, tormentata dall’amore
per la cinica Maxine e poi Craig che alla fine del film diventa un vero
e
proprio personaggio romantico che accetta di rinunciare a se stesso,
alla sua
identità e al suo stesso corpo, per vivere in contemplazione di Maxine.
C’è
Penny, che per un tempo infinito e con una pazienza di Giobbe aspetta
di essere
sposata da Chuck e alla fine ci riesce e, parlando di personaggi in
perenne
attesa, e non possiamo certo dimenticare Hazel, che aspetta Caden per
tutta la
vita fino a morire il giorno in cui finalmente il suo desiderio viene
appagato.
Quanto ai personaggi forti e
sicuri di sé potremmo
parlare di Maxine, Adele, il dottor Lester, il dottor Mierzwiak, la
produttrice
del film nel film Il ladro di Orchidee,
Laroche, la spia amante di Chuck… ma sono pochi, rappresentati in modo
abbastanza piatto e per lo più vengono visti quasi come degli alieni.
E’ chiaro
che in questi, Kaufman, proprio non riesce ad immedesimarsi.
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L’importanza
del linguaggio
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Lotte cerca di insegnare al suo
scimpanzé il linguaggio
dei segni, inseguendo il suo sogno di civilizzarlo. Nathan insegna a
parlare a
Puff per lo stesso motivo. Puff e Lila determinano i loro spostamenti
tra mondo
civilizzato e selvaggio rispettivamente usando e non usando il
linguaggio
umano, e quando parlano come fanno le creature selvagge Nathan non
capisce,
perché in lui non c’è alcun lato selvaggio.
Penny sogna una scimmia che si
trasforma in Perry Como e
poi si mette a parlare in una lingua sconosciuta, “forse
svizzero”,
come
attraverso il tempo e l’evoluzione: l’evoluzione è suggellata proprio
dall’utilizzo del linguaggio.
Mi sembra di capire che il
linguaggio sia un argomento
cui il Nostro è molto affezionato: è un elemento fondamentale per
distinguere gli
uomini dagli animali, o, in altre parole, l’evoluto dal non evoluto ma
è anche un
ottimo espediente per determinare la distanza tra i personaggi e le
loro
possibilità di contatto.
E’ chiaro da subito che Caden e
Adele sono ad anni luce
di distanza, basta osservare i loro linguaggi artistici totalmente agli
antipodi: Caden tende a fare opere enormi, mentre Adele lavora a
dipinti
piccolissimi che vanno guardati con la lente di ingrandimento. Capiamo
subito
che le loro possibilità di comprendersi sono quasi nulle.
In questo senso è interessante
anche Floris, la
segretaria della Lester Corporation che diventerà anche la moglie di
Malkovich/Lester. Il suo modo di parlare è stranissimo e nessuno la
capisce, ma
è talmente convinta di parlare normalmente che pensa che siano tutti
gli altri
ad avere problemi nel linguaggio.
Ha influenzato anche Lester, il
quale crede di essere lui
ad avere problemi a comunicare. Questo perché ne è innamorato: è
convinto di
non comprenderla a causa di una propria intrinseca inadeguatezza,
perché la
vede come un essere irraggiungibile.
Le difficoltà di comunicazione
sono spesso messe in scena
tramite linguaggi palesemente, e a volte forzatamente, diversi. Una
cosa simile
accade a Olive e Caden che si allontanano dapprima geograficamente e
poi, di
conseguenza, in senso affettivo. Olive si evolve, Caden invece rimane
legato al
suo passato, non riesce ad andare avanti: il tempo per lui non passa
mai, nella
sua vita tutto si ripete in un moto circolare che non permette né
crescita né
uscita, a meno che questa non avvenga con la morte.
Per sottolineare questa
situazione Kaufman, dopo la
partenza di Olive, fa prima parlare quest’ultima con l’accento tedesco,
e poi
le fa dimenticare addirittura la sua lingua madre. Al capezzale di
Olive Caden
ha bisogno di un traduttore per parlarle, come emblema della totale
perdita di
contatto tra i due.
Spesso le differenze nel
linguaggio vengono utilizzate da
Kaufman, più banalmente, per evidenziare le differenze culturali. I
personaggi
che Kaufman vuole delineare come colti e affascinanti parlano per
citazioni e usano
parole “difficili”. Solitamente le figure che appartengono a questa
categoria vengono
messe in forte contrapposizione con altre che parlano al limite dello
sgrammaticato oppure fanno un sacco di gaffe perché tentano inutilmente
di
mettersi al livello dei loro interlocutori senza riuscirci.
La segretaria della Lacuna Inc.,
ad esempio, per far
colpo sul dottor Mierzwiak cita Nietzsche: Beati
gli
smemorati perché avranno la meglio anche sui loro errori, ma ipotizziamo
che la sua conoscenza di Nietzsche
si
limiti a qualche frase trovata su un libro di citazioni.
Poi cita un verso di Alexander
Pope, che tra le altre
cose è proprio quello che dà il titolo al film, ma poi attribuisce la
citazione
a “Papa Alessandro”. Mierzwiak, che indovina le citazioni e che fa la
parte di
quello colto che i libri li ha letti veramente, la corregge con
magnanimità.
Queste contrapposizioni sono un
po’ forzate e denotano
una certa semplificazione e stereotipizzazione delle due tipologie di
personaggio. Questo elemento potrebbe anche essere stato scelto
dall’autore
deliberatamente ma proprio perché ribadito spesso in diverse
situazioni, e a
volte in modo un po’ gratuito, rappresenta secondo me una certa caduta
di stile.
Un esempio di questa
semplificazione è Patricia Watson che
affascina Chuck Barris per la sua cultura perché cita Carlyle,
contrapposta a
Penny ragazza molto più semplice e non particolarmente istruita.
PENNY:
Hai
bevuto l’acqua, vero?
BARRIS:
Sì
PENNY:
Non
avresti dovuto. La maledizione di
Montessori. Non puoi permetterti neanche di aprire la bocca o gli occhi
mentre
fai la doccia. E’ da pazzi. Come mai la nostra acqua è così buona e la
loro
acqua è veleno? E’ lo stesso oceano.
Penny parla in modo diverso da
Patricia, il suo
linguaggio è sgrammaticato, un po’ volgare, e spesso le sue frasi sono
fuori
luogo mentre Patricia ha il linguaggio di una persona colta,
sofisticata, e
dice sempre la cosa giusta al momento giusto.
Sembrano parlare due lingue
diverse perché loro sono diverse:
l’una è semplice e leale, l’altra è doppia e ingannatrice. In questo
caso la
differenza del linguaggio assume anche un’altra sfumatura: determina il
grado
di sofisticazione di chi lo parla, dove “sofisticazione” va
interpretato nel
senso peggiore del termine.
Il linguaggio determina anche,
soprattutto quando si
tratta di linguaggio del corpo, chi è più forte e chi più debole, chi è
timido
e chi è sicuro di sé. Qui spesso l’autore forza un po’ la mano,
presentando i suoi
personaggi con un aspetto perennemente trasandato e un po’ “unto”, con
la barba
sempre lunga e i gesti impacciati e lo sguardo dimesso. Su sei film,
tre hanno come
protagonista un personaggio con queste caratteristiche.
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Contaminazioni
tra finzione e realtà
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Sono
molti i temi
autobiografici nei film di Kaufman, e non abbiamo dubbi che la realtà
della sua
vita abbia influenzato i suoi film. Tuttavia spesso e volentieri nelle
sue
storie accade anche il contrario: è la finzione a determinare la realtà, nel senso che la “storia
nella storia”
finisce per determinare la vita dei personaggi.
In
Synecdoche,
New York, ad esempio, gli attori
interpretano i loro personaggi per così
tante ore al giorno che finiscono per immedesimarsi irrimediabilmente
in loro:
si trasformano, e anche la loro vita si trasforma, viene decisa a
tavolino da
Caden con i suoi bigliettini. Ogni attore ha il suo bigliettino, e sa
cosa gli
dovrà accadere quel giorno. Gli attori che si aggirano nei vari
magazzini-teatro non sanno più camminare normalmente, devono sempre
rappresentare uno stato d’animo, o un personaggio, sono oramai privati
della
loro identità.
Sammy
passa la vita a
studiare Caden per diventare come lui, si trasferisce addirittura a
casa sua.
La realtà e la finzione si compenetrano: quando Caden ha una figlia con
Claire sembra
confuso ed è convinto che la bambina sia figlia sua solo nella
finzione, e
quando decide di andare a trovare la sua prima figlia Olive dice a
Claire che
va a trovare la sua vera figlia.
Ad
un certo punto Claire
e Sammy stanno provando una scena su un set identico all’appartamento
di
Claire. Improvvisamente quest’ultima abbandona il copione e inizia a
parlare al
vero Caden dicendogli che vuole che la loro relazione finisca. Ma a
rispondere
è Sammy. Claire si arrabbia con Caden, perché sa che Sammy dice quello
che
Caden pensa ma non ha il coraggio di dire.
“Ti
voglio fuori dall’appartamento! Quello vero. Questo te lo puoi tenere”! dice Claire a Caden, e da questo momento in poi
gli eventi reali iniziano ad accadere nei luoghi fittizi e non si
uscirà quasi più
dal magazzino-teatro. Oramai la vita di tutti è lì dentro e i fatti
reali e
quelli finti si rincorrono in un crescendo continuo che ha il culmine
al
momento della famosa frase di Caden a Sammy morto suicida: “Io
non mi sono buttato!
Alzati!”.
Qualcosa
di molto simile
è presente in Adaptation. Come abbiamo già detto la storia nel film sembra
crearsi e svilupparsi secondo ciò che viene man mano scritto nella
sceneggiatura del Kaufman personaggio. A causa di una storia di
finzione
vengono uccise ben due persone, e anche qui la finzione sembra aver
influenzato
la realtà.
Ma
siamo sicuri che sia
così? Laroche e Donald muoiono veramente, oppure si tratta solo di una
sceneggiatura e non c’è niente di reale? Qui la contaminazione è
diversa,
secondo me, perché se in Synecdoche,
New York
è difficile capire se siamo nel livello del reale o no, qui è proprio
impossibile.
Si
rischia davvero di
confondersi definitivamente, inoltre, se si prova a ragionare sul fatto
che
Susan Orleans e il suo libro Il
ladro di orchidee
esistono veramente, che il protagonista del film si chiama Charlie
Kaufman, ha lavorato con Spike Jonze per Essere
John Malkovich e che in Adaptation
vi sono le riprese del finto Charlie sul vero set di Essere John Malkovich,
con tanto di Catherine
Keener e Spike Jonze in persona.
Kaufman
non solo aveva
veramente ricevuto dei soldi per fare un Adaptation del romanzo di
Susan Orlean,
ma a suo dire ha avuto la stessa ansia del protagonista che non sapeva
come
andare avanti con la narrazione, e per davvero è entrato in contatto
con Robert
McKee durante la stesura del testo.
Nei
titoli di coda di Adaptation
la sceneggiatura è firmata da
Charlie e Donald Kaufman, ma Donald non esiste, è un personaggio di
finzione.
Pare che se avesse vinto qualche premio Nicholas Cage o il regista
Spike Jonze
avrebbero impersonato Donald per andare a ritirarlo insieme al vero
Charlie.
In
Eternal
sunshine of the spotless mind, invece, non
esiste una vera e propria contaminazione tra realtà e finzione,
tuttavia spesso
non sappiamo se ci troviamo nella dimensione del ricordo o in quella
del
presente in cui si svolgono i fatti. La contaminazione, in questo caso,
avviene
quindi tra il mondo onirico-mentale e il mondo reale, e tra i loro
relativi livelli
narrativi.
I
passaggi dall’ uno
all’altro sono così fluidi che spesso capiamo solo alla fine della
scena in
quale di essi ci troviamo e, oltre a questo, sono messe continuamente
in scena vere
e proprie invasioni di campo tra un mondo e l’altro.
Ad
un certo punto ci
troviamo nel mondo onirico-mentale e Joel si trova all’interno del
proprio
cervello, ancora confuso perché non sa cosa sta accadendo.
Improvvisamente si
sentono le voci dei due ragazzi della Lacuna Inc. che stanno lavorando
sul suo
cervello nel mondo reale, proprio come ci immagineremmo di sentire
delle voci
che vengono da un altro pianeta. Anche Joel sente queste voci e
inizialmente
rimane ancora più confuso. Presto, però, capisce di cosa si tratta si
sforza di
comunicare con loro.
In
prima battuta urla
chiedendo aiuto e guardando verso l’alto, come fanno gli uomini, per
istinto,
quando si rivolgono a un’entità maggiore e inafferrabile che ha su di
loro
potere di vita o di morte.
Successivamente,
constatato che in questo modo non funziona, prova a decidere il da
farsi
insieme alla Clem che si trova nel suo cervello insieme a lui, e lei
gli
suggerisce di concentrarsi in modo da svegliare il Joel del mondo
reale. Infondo
è plausibile che ci sia un legame tra il Joel nel cervello e quello nel
mondo
reale! Joel ci prova, e riesce a fargli aprire gli occhi.
Ma
purtroppo le sue
possibilità di intervenire nel mondo reale agendo nel mondo
onirico-mentale
sembrerebbero limitarsi a questo. O forse non è proprio così: infatti
cercando di
scappare insieme a Clem in qualche ricordo in cui lei non c’era, Joel
riesce
comunque momentaneamente a far perdere le sue tracce a chi lo insegue
dal mondo
reale, anche se viene sistematicamente ritrovato e la cancellazione
prosegue
inesorabile.
Quando
sembra non ci sia
più nulla da fare la Clem nella mente di Joel lancerà un messaggio che
sfuggirà
ai cancellatori di memoria e sarà quello che renderà possibile che la
loro
storia ricominci da capo:
“Ci
vediamo a Montauk”.
E’
interessante come i
vari livelli narrativi dei film analizzati in questo capitolo si
trasformino in
vere e proprie dimensioni parallele staccate una dall’altra ma in
continua
relazione reciproca. Ancora più interessante è stato analizzare come
queste
relazioni avvengano in modo completamente differente in ognuno di essi.
Volendo
schematizzare
quanto detto fino ad ora a riguardo, nel primo potremmo parlare di una
relazione di continua copia-riproduzione di una dimensione sull’altra,
nel
secondo di una relazione simile a un rapporto di causa-effetto, mentre
nel
terzo i livelli interagiscono tra di loro tramite interferenze
reciproche.
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L’evoluzione
e l’adattamento
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In
Human
nature un uomo racchiude all’interno
della sua vita tutta l’evoluzione della specie umana: da “scimmia”
diventa
uomo, e per di più diventa un essere sofisticato, colto ed elegante.
L’evoluzione è l’argomento basilare su cui si sviluppa questo film e
Kaufman ci
dice che l’evoluzione è necessaria.
L’uomo
Kaufmaniano è
tenuto a evolversi se vuole vivere, eppure ciò gli causa fatica e
sofferenza,
spesso anche fisica: Puff ha dovuto subire un gran numero di scosse
elettriche
prima di adattarsi al modo di essere che gli veniva richiesto. Lila
deve subire
interminabili e dolorosissime sedute per la depilazione definitiva per
essere
ammessa nel mondo sofisticato.
Il
mondo cambia e l’uomo
ha il problema di dover seguire questi cambiamenti e per questo motivo
egli è
tormentato e spaventato. Per alcuni personaggi è tutto più facile, come
per Maxine,
che non esita a cambiare idea su Craig quando lo vede destinato al
successo e
alla ricchezza, o per Puff, che quando costretto si adatta a vivere sia
nel
mondo sofisticato che in quello selvaggio, o per Laroche, che come una
pianta
si adatta ad ogni cambiamento impostogli dalla sua sgangherata e
sfortunata
vita.
Chi
si adatta meglio è
più felice, più forte e meno tormentato, ma sono poche le figure capaci
di
questa versatilità, capaci di evolversi.
Nei
film di Kaufman
l’evoluzione appare come tema ricorrente, e non solo in casi come Adaptation e Human
nature in cui essa è il tema centrale. Alcuni alludono
all’evoluzione per
negazione, cioè come impossibilità dei personaggi di evolversi.
Ciò
avviene ad esempio in
Synecdoche,
New York, dove Caden resta
letteralmente immobilizzato in un momento della sua vita senza potersi
più
muovere, per l’esattezza nel momento in cui viene lasciato da Adele. Il
suo
tempo interiore si ferma e lui non cambia più, se non fisicamente,
perché il
tempo del resto del mondo non si è fermato.
Dopo
questo avvenimento
Madeline, apparentemente per errore, gli chiede perché si è ucciso e
Millicent
parla di lui come di un uomo già morto. Forse Caden non si evolve
perché in
quel preciso momento è davvero morto e si è ritrovato fermo in una
sorta di
limbo, in uno spazio che non fa parte né della vita né della morte.
In
Eternal
sunshine of the spotless mind i
personaggi, in modo simile, rimangono bloccati in una relazione che si
ripete,
senza riuscire a cambiare, a superarla. In questo caso, però, l’effetto
non è
tanto negativo: infondo hanno la possibilità di ricominciare da capo e
correggere i loro errori come annullando l’azione del tempo, sperando
che,
questa volta, il finale sia più allegro.
In
altri film, invece, apparentemente
non troviamo il tema dell’evoluzione, ma esso viene comunque accennato
tramite
piccoli richiami nascosti dietro il suo simbolo più evidente: la
scimmia.
Questo
animale è presente
in un dettaglio quasi inavvertibile in Confessioni
di una mente pericolosa, dove Penny “come,
attraverso il tempo e l’evoluzione” sogna una scimmia che
le parla in
una lingua incomprensibile e poi si trasforma in un famoso cantante
degli anni ‘30.
Uno
scimpanzé è presente
anche in Essere John
Malkovich: Lotte lo
tiene in casa e lo tratta come fosse suo figlio. Sembra avere una
malattia
psicosomatica dovuta a un trauma infantile, ma probabilmente ha solo il
grosso
problema di essere una scimmia che deve vivere indossando il pannolino
e
andando da uno psicologo, in una realtà che non le appartiene cui deve
adattarsi per forza.
L’adattamento
è un’altra
parola chiave. E’ l’altro lato della medaglia dell’evoluzione e diventa
anche
il titolo del film di Kaufman che più di ogni altro è pervaso da questo
tema: Adattamento come adattamento del romanzo al cinema,
immensamente difficile per Charlie, e adattamento come
capacità di convivere
con l’evoluzione del mondo, immensamente difficile per la maggior parte
degli
uomini.
Proprio
in questo film
Laroche e Susan, in una scena che si svolge nel furgone del ladro di
orchidee,
esplicitano in modo chiaro e semplice proprio questa difficoltà:
LAROCHE:
Sai
perché amo le piante? Perché sono così
mutevoli. L’adattamento è un processo profondo. Voglio dire, ti
permette di prosperare
nel mondo. La gente non ci riesce a volte.
ORLEAN:
Beh, è
più facile per le piante: loro non hanno
memoria. Loro si trasformano semplicemente in ciò che viene dopo. Per
una
persona è imbarazzante adattarsi. E’ un po’ come scappare...
Perché
solo le piante si
adattano al mondo circostante senza problemi, mentre per l’uomo non è
così
semplice? La coppia Laroche/Orlean è l’emblema di questa dicotomia: lui
si
adatta perfettamente, come una pianta, come avesse la prerogativa di
dimenticare, o per lo meno di andare sempre avanti senza farsi
rallentare dal
suo passato.
Lei
invece sembra
lasciare il suo mondo sofisticato per inseguire un improvviso amore per
un’orchidea, o per una vita più concreta, o per Laroche, ma quando
identifica
in Charlie una minaccia che potrebbe precluderle il ritorno alla sua
vita di
prima cerca di farlo uccidere. Ciò le causerà anche la perdita di
Laroche,
delle orchidee e di tutto quello per cui aveva cercato di cambiare.
A
differenza delle piante
l’uomo Kaufmaniano ha memoria delle sue esperienze passate, spesso
rimane
aggrappato al suo passato, ne ha nostalgia, ci si affeziona, vorrebbe
tornare a
viverlo. Per questo per lui cambiare, evolversi e adattarsi risulta
come un
fallimento.
La
memoria e il passato
vengono quindi contrapposti all’evoluzione e al futuro: due forze nello
stesso
individuo. Quasi sempre una delle due forze prevale sull’altra e porta
l’individuo ad agire di conseguenza.
Proviamo
a pensare a
Caden che nella sua pièce teatrale massiva rivive continuamente gli
stessi
episodi e passa il tempo a immortalare gli attimi della sua vita con un
lavoro
“filologico” di analisi e ricomposizione dei suoi vari tasselli.
Oppure
pensiamo a Chuck
Barris che viene salvato dalle sue memorie: quando si rinchiude nella
stanza
d’albergo sull’orlo della pazzia ritrova se stesso solo quando inizia a
rivedere e rimettere in ordine il suo passato.
Se
cavalchiamo
quest’onda, arriveremo alla conclusione che i personaggi Kaufmaniani
sono più spesso
sopraffatti dalla forza che spinge verso il passato, e si trovano
quindi in
continuo conflitto col mondo che si evolve. Sarà questo il motivo del
loro
disagio?
|
L’attrazione
per la Natura e le “creature selvagge”
|
Anche
Lila vorrebbe
tornare indietro, ma il suo è una caso ancora diverso: vuole tornare
talmente
indietro da voler tornare scimmia. Il passato verso cui viene attirata
non è il
suo passato, ma quello di tutta la specie umana. Un vero ritorno alle
origini,
al mondo selvaggio.
Così
come altri
personaggi cercano di rimettere insieme tutte le loro esperienze per
dar loro un
senso e ritrovare la loro identità, così Lila ripercorre l’evoluzione
dell’uomo
perché forse capendone il filo conduttore riuscirà a dare un senso
anche alla
sua personale esistenza.
Il
suo desiderio di
tornare al passato si incarna nella necessità che ha di immergersi
nella natura,
di toccarla e di sentirsi tutt’uno con essa.
Gli unici momenti in cui si sente a casa
è quando vive nella foresta.
La
Natura è una cura per
Lila e non solo per lei, anche altri personaggi infatti risolvono
problemi o
trovano soluzioni mentre si trovano a contatto con la natura, come se
l’autore
vedesse in essa, se non la soluzione dei problemi, almeno l’ambiente
ideale per
affrontarli: Charlie e Donald riescono davvero a comunicare solo quando
passano
una notte dentro una palude, braccati, bagnati fradici e infreddoliti.
Clementine,
per trovare
un modo di avvicinarsi a Joel, per rompere il ghiaccio, lo porta fuori
città, a
guardare le stelle e a sdraiarsi sul lago ghiacciato. E quando è
all’apice
della crisi, persa, è lì che vuole tornare, per ritrovarsi. E se
vogliamo
esagerare persino Joel, nel momento in cui capisce cosa sta succedendo
e
comincia a cercare una soluzione alla cancellazione inesorabile dei
suoi
ricordi, si trova
in un bosco e per
concentrarsi si ricopre di foglie secche.
Lotte
invece, per
compensare qualcosa di sbagliato nella sua vita, o nella sua identità,
sceglie
di vivere in una casa che sembra una foresta popolata da un gran numero
di
animali selvatici. Questa sua necessità di contatto con la natura le dà
sollievo, compensa il suo desiderio insoddisfatto di essere amata, di
avere un
figlio… e forse anche l’inconsapevolezza della sua identità sessuale.
Ho
utilizzato nel titolo
di questo paragrafo il termine “creature selvagge” citando il un film
girato da
Jonze senza Kaufman proprio perché secondo me questo tema è territorio
comune a
Jonze, Kaufman e Gondry.
Se
facciamo un bilancio
lo troviamo davvero in tutti i loro film: in alcuni passaggi le
“creature
selvagge” sono un pretesto per tornare alla Natura, alla vita senza
regole e in
qualche modo per tornare alle origini, come ho spiegato negli esempi
appena
esposti, mente in altri sembra più un’attrazione per creature meno
evolute,
esotiche, diverse da ciò cui i personaggi sono abituati.
Susan
viene attratta
dalla Natura, ma non perché decide di inseguire un’orchidea o perché si
trova all’improvviso
in una palude con l’acqua fino alla vita. La su attrazione si traduce
nella sua
infatuazione per Laroche, che incarna l’istinto primordiale di
sopravvivenza, l’adattamento,
e quindi la Natura stessa.
E
così come Susan è
attratta da Laroche, anche Chuck Barris, pur intrigato da Patricia
Watson che
cita Carlyle, non può non cedere all’attrazione per Penny.
Se
le si analizzano con
attenzione spesso le coppie Kaufmaniane sono palesemente composte da un
elemento
ritratto come più evoluto e uno che lo è di meno, come se il primo
rappresentasse l’”umano”, e l’altro la “creatura selvaggia”. Il più
delle volte
questo fatto mette fortemente in imbarazzo l’”umano” della coppia, ma
comunque
l’attrazione per la “creatura selvaggia” è irresistibile.
Caden,
con le sue
continue indecisioni, sembra trovare in Hazel la sua vera anima
gemella, ma
Hazel viene rappresentata fin dall’inizio come una persona semplice,
spontanea
e primitiva. Caden è molto più complesso, pieno di problemi e manie,
crea a sé
stesso mille barriere e difficoltà.
In
Eternal
sunshine of the spotless mind Joel ama
Clementine, ma lei è descritta come una persona istintiva e primitiva,
il
contrario di lui. Joel, nella cassetta registrata alla Lacuna Inc.,
afferma
chiaramente di vergognarsi di alcuni atteggiamenti un po’ troppo grezzi
di
Clementine, del fatto che spesso non parli come si deve e che ceda un
po’
troppo facilmente ai propri istinti.
Tuttavia
la ama lo
stesso, non può fare a meno di lei, anzi, sembra quasi che infondo sia
proprio
questo aspetto di lei ad attrarlo.
Nathan
prova sempre e
comunque nostalgia per Lila, che per metà è proprio una creatura
selvaggia.
Lila stessa è attratta da Puff, creatura ancora più selvaggia di lei. E
chi
sceglie, alla fine del film, Gabrielle?
Forse
amare la Natura, o per
estensione le creature più vicine alla Natura, è un risultato della
pulsione
dell’uomo verso il passato, è un modo per opporre resistenza
all’evoluzione tornando
alle origini, al mondo come era quando c’erano solo creature selvagge.
Come se
dal passato li raggiungesse un richiamo nostalgico contrapposto alla
consapevolezza che tornare indietro non si può.
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L’importanza
della memoria e la sua cancellazione
|
Perché
non si può tornare
indietro?
Lotte,
la moglie del
burattinaio, fa l’esperienza unica di entrare nel corpo di un altro
essere
umano, per di più di sesso diverso. Quest’esperienza è per lei un punto
di non
ritorno. La cambia per sempre perché le permette di vedere il mondo da
un altro
punto di vista. All’improvviso sente che tutto ha un senso e capisce se
stessa.
Dopo essere entrata in John Malkovich la sua mente torna continuamente
a questa
esperienza, inevitabilmente cerca di riviverla e non gli permette più
di tornare
come era prima.
“Rivoglio
la mia vita. La rivoglio come era prima che si incasinasse. Voglio
essere di
nuovo bambina. Voglio essere nuova”, dice Susan Orleans seduta a terra con Laroche
morto tra le braccia, ma sa
che non potrà mai ritornare bambina, né essere nuova perché per farlo
dovrebbe
cancellare tutto ciò che ha vissuto fino ad ora e questo non si può
fare. Susan
non potrà mai rimuovere dalla sua memoria la sua esperienza con Laroche.
Kaufman
ci dice che la
memoria delle esperienze vissute è il pilastro portante della nostra
identità. Noi
siamo il risultato di tutte le esperienze che abbiamo vissuto. La
memoria ci
permette di registrare in noi ogni esperienza aggiungendola a tutte le
altre.
Ma è anche la memoria che ci impedisce di tornare indietro: è
impossibile
tornare ad essere inconsapevoli di qualcosa che oramai si è conosciuto.
E
Kaufman si chiede: siamo
davvero certi che non sia possibile cancellare i ricordi di quelle
esperienze
che ci hanno formati e cambiati? Se potessimo ritornare nello stato di
inconsapevolezza, cosa accadrebbe? Se fossimo come le piante, che
dimenticano,
ci adatteremmo meglio al mondo circostante?
Cosa
sarebbe successo a
Lotte se avesse potuto dimenticare il viaggio dentro John Malkovich? E
a Puff,
se avesse dimenticato come si viveva nel mondo civile? Sarebbe tornato
a vivere
nella foresta? E se Susan Orlean avesse dimenticato Laroche e le
orchidee,
avrebbe potuto tornare dal marito, e alla cerchia sofisticata dei suoi
amici?
Dimenticando tutte le sue esperienze, avrebbe potuto diventare di nuovo
bambina, una persona nuova?
La
Lacuna Inc. prova a
rispondere a queste domande. Il dottor Mierzwiak inventa un modo di
cancellare
fisicamente alcuni ricordi dalla mente di chiunque lo richieda. Non
solo, può
agire anche in modo mirato: è in grado di individuare dove si trovano,
all’interno del cervello, i ricordi che fanno soffrire i suoi pazienti
e,
semplicemente, cancellarli.
Clementine
e Joel
decidono di sperimentare questa soluzione per sopravvivere
all’infelicità
causata dalla fine del loro amore. Decidono di dimenticarsi l’un
l’altro
facendosi cancellare tutti i ricordi delle esperienze comuni: non si
tratta di
esperienze traumatizzanti o particolarmente decisive, ma per lo più di
avvenimenti insignificanti e quotidiani, come la canzone di Braccobaldo
o il
ricordo di una cena al ristorante cinese.
Tuttavia
questo
procedimento non raggiunge l’obiettivo sperato: tutto ciò che è stato
cancellato
si ripropone comunque, quasi come una predestinazione, o come se fosse
rimasto
un residuo delle esperienze perdute. Clementine e Joel, dopo tutti gli
sforzi
fatti per dimenticarsi, finiscono per innamorarsi di nuovo e anche
Mary, la
segretaria della Lacuna Inc. si innamora di nuovo del dottor Mierzwiak
dopo
aver cancellato la memoria della loro relazione.
Ma
l’autore ci suggerisce
che non è solo per questo che la cancellazione non è una buona
soluzione:
eliminato brutalmente il ricordo di ciò che li ha resi infelici,
l’infelicità
resta, e i personaggi sono ancora più confusi di prima. Se noi siamo il
risultato di tutte le nostre esperienze vissute, allora vuol dire che
ogni
esperienza è un pezzettino di noi, anche la più insulsa.
Se
cancelliamo alcuni
ricordi verranno a mancare alcuni pezzettini senza i quali ci riuscirà
impossibile riconoscere noi stessi, e solo Joel lo capisce, anche se
troppo
tardi, e combatte fino all’ultimo per salvare i suoi ricordi.
Infatti
personaggi con i
ricordi cancellati non sanno più chi sono, e cosa vogliono:
“Non
lo
so. Mi sento persa, sono spaventata. Mi sento scomparire. La mia pelle
si sta
staccando. Sto invecchiando e niente ha più senso. Niente ha più senso.
Niente
ha più senso”,
dice
Clementine.
Senza
la memoria
diventano scostanti, a volte sentono la necessità di visitare dei
luoghi dove
non ricordano di essere mai stati, ma per cui provano una nostalgia
irrefrenabile. Sono confusi, e pieni di dubbi: si trovano a compiere
delle
azioni senza sapere il perché, a non riconoscersi più allo specchio.
E’
come se perdessero la
loro identità, la loro interezza, proprio per aver perso quei
pezzettini di
memoria che la costituiscono. Come il diario di Joel, che, dopo
l’intervento
della Lacuna Inc., resta incompleto, perché tutte le pagine che
riguardano Clem
sono state strappate.
Pare
che l’idea della
cancellazione della memoria sia stata di Gondry che suggerì a Kaufman
di
scrivere su un personaggio che riceve un biglietto in cui è scritto che
qualcuno ha deciso di cancellarlo dalla sua memoria.
Tuttavia
credo che nello
studio delle conseguenze di questa cancellazione abbia avuto grande
responsabilità anche lo stesso Kaufman, perché le caratteristiche e gli
stati
d’animo di Joel e Clementine in fondo sono quelli di tutti gli altri
suoi personaggi.
Ma
come mai anche coloro i
cui ricordi sembrerebbero intatti si sentono confusi e incompleti come
Joel e
Clem? E se neanche i ricordi dei personaggi che non sono finiti nelle
mani
della Lacuna Inc. fossero veramente integri?
Forse
quello che prova a
suggerirci Kaufman è che nessuno di noi ha i ricordi intatti.
Forse
è convinto che quando
ci sentiamo infelici senza sapere perché o non sappiamo più chi siamo
il motivo
stia proprio in qualche ricordo che è stato cancellato dalla nostra
mente sin
dal giorno della nostra nascita.
Un
ricordo che non
appartiene al nostro passato personale, ma quello della nostra razza,
che
risale a quando eravamo tutti creature selvagge, senza memoria e senza
coscienza, quando non camminavano eretti e non portavamo i vestiti.
Come se
un’entità come la Lacuna Inc. avesse strappato alcune pagine della
nostra
storia.
Forse
Kaufman vuole
indurci a credere che sia vero ciò che dice Darwin nella fantasiosa
audiocassetta di Laroche Writings
of
Charles Darwin: allora forse questo ricordo potrebbe
essere ancora più
remoto. Potrebbe essere così lontano da risalire a quando eravamo tutti
parte
di un unico primordiale organismo monocellulare.
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Marta
Cardinale
e Francesco Prestia © 2013
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