IL CINEAMATORE

il sito del Cinema Zuta

Google
SW

MADAME

di Antoni Libera

Madame di Antoni Libera

Per molti anni non sono riuscito a liberarmi dell’impressione di essere nato troppo tardi. (…)

(…) All’improvviso mi era balenato il pensiero che forse, dopotutto, non ero nato troppo tardi[1].

 

In queste due frasi c’è tutto il romanzo di Antoni Libera Madame. Un inizio, una fine e un personaggio-narratore che cambia il suo punto di vista sul mondo.

 

E’ difficile non pensare a un romanzo di formazione. Il protagonista, infatti, si trova proprio in quel momento della vita in cui si passa dall’infanzia all’età adulta: si innamora della direttrice del suo liceo, sua professoressa di francese, e inizia ad indagare su di lei per scoprire tutto il possibile su questa trentaduenne polacca che si fa chiamare Madame.

 

Madame è dotata di grandissimo fascino. Per una serie di eventi accaduti ai genitori poco prima della sua venuta al mondo, è nata in Francia ed è madrelingua francese. Nella Polonia di allora, quella degli anni ’60, che per forza di cose guardava all’Occidente in un certo modo, ciò non poteva che destare stupore e curiosità e avvolgerla in un’aura di esotismo e mistero.

 

Il ragazzo indaga su di lei. Viene a sapere il vero nome, Victorie, e molti fatti relativi al suo passato. L’autore si dilunga in un’interessantissima, corposa digressione in cui narra i motivi che portarono sua madre a partorirla in cima alle Alpi, e suo padre a partecipare, con una serie di sfortunate conseguenze, alla guerra di Spagna.

 

Ben presto l’indagine su Madame diventa qualcosa di più: il Nostro è un grande appassionato di teatro e letteratura, legge ogni autore ed ogni opera che possa avere a che fare anche soltanto lontanamente con lei. Passa da Victory di Conrad alle memorie di Johanna Schopenhauer[2], libro legato misteriosamente alla nascita de “La Belle Victorie”. Impara a memoria lunghi brani della Fedra di Racine perché assisterà ad una rappresentazione di quest’opera cui è sicuro sarà presente anche lei.

 

Il ragazzo ha una conoscenza della lingua francese decisamente al di sopra della media dei suoi coetanei e ha una grande memoria. E’ in grado di citare brani interi senza avere davanti agli occhi il testo, anche in francese, e sembra che per gran parte del romanzo si prepari per essere all’altezza di un futuro eventuale incontro a tu per tu con la famigerata Madame.

 

Scrive una tesina sull’Acquario, il segno di Madame, e la Vergine, il suo segno, ricca di citazioni letterarie che diventano riferimenti più o meno palesi alla vita di lei.  Poi ne osserva la reazione di fronte a questa sua così approfondita conoscenza riguardo a fatti privati volutamente tenuti nascosti.

 

Nel frattempo, così facendo, inizia a crescere, imparare il mondo, a capirlo, sappiamo che terminerà il liceo con ottimi voti e che a sua volta insegnerà agli altri. Prima di diventare un insegnante, un artista, uno scrittore, si trasformerà in oggetto di pettegolezzi da parte degli studenti del suo ex liceo.

 

L’argomento principale di queste voci sulla sua persona consiste nella storia d’amore che si credeva esistesse tra lui e Madame ai tempi della scuola. Finirà quindi per trasformarsi in un eroe, in una leggenda che viaggia di bocca in bocca.

 

La realtà resa iperbolica diventa mito e il mito influenza la realtà. Il protagonista infatti attraverso la letteratura e l’arte, ovvero attraverso la conoscenza di una serie di “coppie mitiche” di personaggi che sono archetipi letterari, inizia e completa la sua “educazione sentimentale”.

 

Il punto di partenza di questo percorso è la coppia di Ceneri di Stefan Żeromski, capitato per caso sotto il suo banco, e continua con Heyst e Lena di Joseph Conrad. Durante il percorso incappa nelle coppie nude e spudorate nei quadri di Picasso che hanno “abbandonato la cultura per la natura”, e il pensiero di questo aspetto “animalesco” dell’uomo lo turba alquanto.

 

Si immerge nelle storie di Fedra e Ippolito, guarda con sospetto i personaggi di Un uomo, una donna di Leoluch, e infine si immedesima in Paolo e Francesca utilizzando questo episodio dantesco come “strumento” per  i suoi approcci con Madame.

 

Il romanzo è quindi intriso di citazioni e riferimenti letterari che vanno da Racine a Hölderlin, da Dante a Conrad. L’amore per la letteratura, l’arte, il teatro è un tema che occupa una posizione di grandissimo rilievo all’interno della narrazione; il protagonista compie un percorso di formazione culturale che avrà una forte influenza sul suo futuro.

 

Tuttavia non è tutto qui: il personaggio vive in un luogo ben definito in cui veniamo proiettati sin dall’inizio del romanzo. E’ una realtà descritta nei minimi dettagli, talmente vivida che ci sembra di essere lì insieme al protagonista a camminare nelle vie di Varsavia.

 

E non è soltanto la realtà geografica ad avere una collocazione ben precisa. Per chi non ha conosciuto la Polonia ai tempi della PRL[3] o non ha avuto esperienze simili è illuminante la descrizione della sua quotidianità: lo stupore nel Centre de Civilisation Française davanti alla “collezione” di BIC colorate, la difficoltà di essere ammessi a spettacoli o mostre legati alla cultura occidentale e il sospetto che desta anche il semplice interesse per questi eventi.

 

Il personaggio all’inizio del romanzo è ben lungi dall’immaginare quanto il suo futuro sarà condizionato dalla realtà politica in cui vive. Il suo processo di “consapevolizzazione” inizia nel momento il cui, durante le sue indagini, si trova a parlare con Jerzyk[4], che ha studiato filologia romanza ed è figlio di Kostant, un amico dei suoi genitori.

 

La scusa che accampa il Nostro per giustificare la richiesta di un colloquio con lui è quella di avere informazioni sull’indirizzo di filologia romanza. In realtà non ha al momento una vera e propria intenzione di scegliere quel percorso, il vero motivo è che vuole avere informazioni su Madame, che ai tempi dell’università era compagna di studi di Jerzyk.

 

Il risultato di questo incontro è un memorabile lunghissimo soliloquio di quest’ultimo, frustrato e infelice proprio per aver seguito questo percorso di studi: in un luogo e in un tempo in cui era così difficile attraversare la “cortina di ferro“ non rappresentava certo né una strada ricca di sbocchi professionali né ancor meno una scelta che garantisse future soddisfazioni personali.

 

… Se uno vuole capire veramente una cultura, d e v e!” gridò quasi in un singhiozzo, “deve recarrsi nel Paese d’orrigine dei poeti di cui si occupa. Altrrimenti è inutile, ne sa quanto un cieco dei colorri, resta sempre un piccolo dilettante di prrovincia dal sapere librresco e dalle nozioni scolastiche. Chi studia Filologia Rromanza deve per forrza recarrsi in Frrancia. E sai dirrmi,  per favorre, dove si trrova la Frrancia? Proprio così: in Occidente! Di là dalla Corrtina di Ferro!”[5].

 

L’obiettivo di questo nevrotico personaggio con l’”r” alla francese è dissuadere il Nostro dal suo intento per preservarlo dalle sicure delusioni cui andrà incontro. Quest’ultimo, dal canto suo, è molto più interessato ad altro, e riesce ad ottenere un sacco di informazioni su Madame da Kostant. Tuttavia, volente o nolente, grazie allo sfogo di Jerzyk comincia aprire gli occhi sulla realtà politica in cui vive.

 

Innanzi tutto da lì a poco il suo interesse per la filologia romanza, che inizialmente è solo un pretesto, diventa una passione. Non solo si rende conto del fatto che molto probabilmente il suo futuro lo sta portando inesorabilmente verso la cultura occidentale, ma capisce anche che questa strada sarà molto difficile da percorrere.

 

Il tema politico ha un fortissimo impatto nella storia del protagonista, e nel romanzo. Il Nostro si scontra con la realtà in cui vive, viene a contatto gradualmente ma inesorabilmente con i limiti che gli vengono imposti dal luogo e dal periodo storico in cui vive.

 

Allo stesso tempo, dietro alle quinte, c’è Antoni Libera che ci racconta episodi della propria storia: la disavventura di Jerzyk ricalca con precisione ciò che era successo a lui nel ‘77[6]: traduttore in Polacco delle opere di Beckett, aveva conosciuto quest’ultimo personalmente e fu invitato alla prima di una sua opera alla Akademie der Kunst di Berlino Ovest. Purtroppo gli fu rifiutato il passaporto proprio con le modalità che descrive nel racconto di Jerzyk.

 

Il tema della fuga verso l’ovest si ritrova spesso nel romanzo. La stessa Madame con un messaggio “cifrato” consiglia al Nostro di “disertare”, ed è lei stessa a farlo subito dopo il ballo scolastico di fine anno. Gli consiglia di scrivere in francese, e di aspirare a un pubblico più ampio ma il nostro non lo fa, così come Antoni Libera non arriva mai a scegliere la fuga in occidente, e rimane a vivere a Żoliborz.

 

Esiste indubbiamente una certa connotazione autobiografica in questo romanzo. Tuttavia, come ci tiene a precisare l’autore[7], pur essendo basato su avvenimenti spesso reali e su un’ambientazione politica e geografica sicuramente reale, è un romanzo di finzione.

 

E per non sollevare dubbi su questo punto l’autore, e ce ne rendiamo conto solo alla fine, fa sì che il racconto non sia frutto di una semplice riflessione del protagonista che parla in prima persona, ma quello di un’ulteriore elaborazione: il romanzo viene scritto dal personaggio stesso una decina d’anni dopo il periodo in cui si svolgono gli eventi narrati.

 

E’ quindi un romanzo dentro il romanzo, e i confini del romanzo di finzione sono gli stessi di quelli del romanzo reale. La sua struttura è rigorosa, nulla è lasciato al caso, nemmeno il numero dei capitoli. E questo viene spiegato direttamente dallo stesso personaggio nel Postscriptum:

 

(…) sette capitoli “maggiori”, come i sette giorni della creazione; trentacinque capitoli “minori” quanti erano gli anni del nostro “secolo eroico” al momento della nascita di Madame, e quanti ne compio io oggi (nel leggendario “mezzo del cammin” della mia vita).[8]

 

E’ il personaggio stesso quindi a darci alcune chiavi di lettura, e lo fa successivamente anche Libera in un’intervista del gennaio 1999:[9] il suo libro andrebbe letto come una partitura musicale, il cui accordo principale si basa su tre temi che si presentano sin dal primo capitolo: la musica (il pianoforte), gli scacchi e la montagna. Questi temi si ripetono in modo regolare in tutta la narrazione.

 

Intorno a questo accordo si sviluppano gli ornamenti, ovvero altri temi come ad esempio quelli della nascita e della fuga, che si intrecciano con la trama principale. Questo tessuto fatto di ripetizioni e richiami culmina nel quinto capitolo, e in particolare nella sezione dedicata al sogno.

 

Essa secondo l’autore rappresenta la cadenza: vi si ritrovano infatti, rielaborati, tutti gli elementi che fino ad ora sono stati inseriti nel romanzo, e, come in un sogno in cui si manifesta un residuo diurno, si confondono e si mescolano in un’atmosfera delirante. Tuttavia questo delirio, che come tutto il resto non è stato inserito a caso, permette di fare una sintesi, di ricapitolare quanto accaduto fino ad ora.

 

In questo capitolo il tono tocca l’apice dell’ironia. Perché questo romanzo, scritto in uno stile rigoroso e classico, riesce ad essere anche molto ironico e, al di là dei temi affrontati e del retrogusto amaro che lo caratterizza, anche in un certo qual modo leggero e in molte parti avvincente.

 

Il personaggio, nonostante sia colto e arguto, nonostante i suoi interessi non siano quelli che di solito caratterizzano un ragazzo della sua età, nonostante tutte le sue riflessioni profonde e mature, ha comunque, nei confronti dell’amore, uno sguardo ingenuo e bambinesco. Ed è questo sguardo che rinfresca, alleggerisce e rende ancora più piacevole il romanzo.

 

Il fascino che Madame suscita in lui è lo stesso che suscita in noi, perché noi ne vediamo il mistero attraverso i suoi occhi freschi di ragazzino. Ragazzino che fino ad ora ha avuto a che fare con l’amore solo sui libri, e che non ha alcuna familiarità con quello che è un rapporto personale, reale e adulto con un altro essere umano.

 

Inoltre vi è nell’anima del protagonista una lotta interna: da un lato vuole scoprire Madame, capire di che natura è il suo mistero, ma dall’altra sa che il raggiungimento di questo obiettivo non farebbe altro che farle perdere quell’aura di irrealtà che la caratterizza. Sa che ogni risultato positivo ottenuto con le sue indagini potrebbe attenuare il fascino che Madame esercita su di lui e, così facendo, questo fascino potrebbe perdersi del tutto.

 

Per questo, forse, l’oggetto di tanto desiderio e curiosità è spesso presente come evocazione o ricordo e raramente in quanto persona in carne ed ossa: perché il primo ad essere innamorato di lei è proprio lo scrittore (quello vero? Quello di finzione?) che, alla fine, decide di non rinunciare al fascino della Belle Victorie.

E, quindi, ci lascia credere per un momento di poterla finalmente afferrare, ma ce la fa sfuggire di nuovo dalle mani lasciandola avvolta per sempre nel suo mistero.

E quando finiamo di leggere l’ultima frase del romanzo, che richiama la prima in un cerchio chiuso e perfetto, ci viene voglia di ricominciare la lettura subito daccapo.

 

E non a caso Antoni Libera apre e chiude il romanzo in questo modo: perché in questa apertura e in questa chiusura è contenuto quello che probabilmente è il suo vero amore, quello reale, a cui ha dedicato tutta la vita: il suo romanzo non poteva infatti che iniziare e finire “all’ombra di Beckett”.

 

L’incipit, infatti, riprende proprio una frase che quest’ultimo disse ad Antoni Libera durante una conversazione su Effi Briest di Teodor Fontane a Parigi.

 

“Perché le piace così tanto questo romanzo?”

Mi rispose solo dopo un lungo istante.

“Un tempo sognavo di scrivere qualcosa di simile. E quel sogno non è ancora del tutto svanito. Perché non ho scritto niente del genere. E non l’ho scritto…”, ma non finì la frase.

“E non l’ha scritto…”, cercavo di tirargli fuori le parole di bocca in maniera sfrontata.

Accennò di nuovo un sorriso, dopodiché allargò le braccia e disse:
“Perché… sono nato troppo tardi (…)”.[10]

 

Nel finale, invece, Madame regala al Nostro Finale di Partita di Beckett, ed è in questo libro che quest’ultimo troverà il famoso messaggio cifrato. E, come avviene per Paolo e Francesca nella Divina Commedia, seppur con esito opposto…

 

Galeotto fu per noi il libro e il suo autore: 
da quel giorno interrompemmo la lettura

 

E quel libro, quello di Beckett, dopo essere stato per il nostro eroe fonte di illusione, dopo avergli dato finalmente il coraggio di provare per davvero ad afferrare la sua chimera, suggella la fine della storia, e l’ultimo suo, e nostro, incontro con Madame.



[1] Madame, Antoni Libera. Traduzione di Vera Verdiani, Ed. Longanesi 2002

[2] Jugendleben und Wanderbilder – Johanna Schopenhauer - Ed. Danziger Verlagsgesellschaft - Danzig 1922.

[3] Polska Rzeczpospolita Ludowa, ovvero Repubblica Popolare di Polonia: nome ufficiale della Polonia dal 1952 al 1989 durante il governo del Partito Comunista

[4] Nella versione italiana Freddy

[5] Madame, Antoni Libera. Traduzione di Vera Verdiani, Ed. Longanesi 2002

[6] Dall’intervista di Władysław Rajcher con Antoni Libera su "Nowe książki", gennaio 1999 pubblicata sul sito https://www.antoni-libera.pl (come visualizzato a gennaio 2013).

[7] Ibidem

[8] Madame, Antoni Libera. Traduzione di Vera Verdiani, Ed. Longanesi 2002

[9] Dall’intervista di Władysław Rajcher con Antoni Libera su "Nowe książki", gennaio 1999 pubblicata sul sito https://www.antoni-libera.pl (come visualizzato a gennaio 2013).

[10] La benedizione di Beckett e altri racconti, Antoni Libera, traduzione di Alessandro Amenta, Cascio Editore, 2012.