Per
molti anni non sono riuscito a liberarmi
dell’impressione di essere nato troppo tardi. (…)
(…)
All’improvviso mi era balenato il pensiero
che forse, dopotutto, non ero nato troppo tardi.
In queste due frasi
c’è tutto il romanzo di Antoni
Libera
Madame.
Un inizio, una fine e un
personaggio-narratore che cambia il suo punto di vista sul mondo.
E’ difficile non
pensare a un romanzo di formazione. Il
protagonista, infatti, si trova proprio in quel momento della vita in
cui si
passa dall’infanzia all’età adulta: si innamora della direttrice del
suo liceo,
sua professoressa di francese, e inizia ad indagare su di lei per
scoprire
tutto il possibile su questa trentaduenne polacca che si fa chiamare
Madame.
Madame è dotata di
grandissimo fascino. Per una serie di
eventi accaduti ai genitori poco prima della sua venuta al mondo, è
nata in
Francia ed è madrelingua francese. Nella Polonia di allora, quella
degli anni
’60, che per forza di cose guardava all’Occidente in un certo modo, ciò
non
poteva che destare stupore e curiosità e avvolgerla in un’aura di
esotismo e
mistero.
Il ragazzo indaga
su di lei. Viene a sapere il vero nome,
Victorie, e molti fatti relativi al suo passato. L’autore si dilunga in
un’interessantissima,
corposa digressione in cui narra i motivi che portarono sua madre a
partorirla
in cima alle Alpi, e suo padre a partecipare, con una serie di
sfortunate
conseguenze, alla guerra di Spagna.
Ben presto
l’indagine su Madame diventa qualcosa di più: il
Nostro è un grande appassionato di teatro e letteratura, legge ogni
autore ed
ogni opera che possa avere a che fare anche soltanto lontanamente con
lei.
Passa da
Victory
di Conrad alle
memorie di Johanna Schopenhauer,
libro legato misteriosamente alla nascita de “La Belle Victorie”.
Impara a
memoria lunghi brani della Fedra di Racine perché assisterà ad una
rappresentazione di quest’opera cui è sicuro sarà presente anche lei.
Il ragazzo ha una
conoscenza della lingua francese
decisamente al di sopra della media dei suoi coetanei e ha una grande
memoria.
E’ in grado di citare brani interi senza avere davanti agli occhi il
testo,
anche in francese, e sembra che per gran parte del romanzo si prepari
per
essere all’altezza di un futuro eventuale incontro a tu per tu con la
famigerata Madame.
Scrive una tesina
sull’Acquario, il segno di Madame, e la Vergine,
il suo segno, ricca di citazioni letterarie che diventano riferimenti
più o
meno palesi alla vita di lei. Poi
ne osserva
la reazione di fronte a questa sua così approfondita conoscenza
riguardo a fatti
privati volutamente tenuti nascosti.
Nel frattempo, così
facendo, inizia a crescere, imparare il
mondo, a capirlo, sappiamo che terminerà il liceo con ottimi voti e che
a sua
volta insegnerà agli altri. Prima di diventare un insegnante, un
artista, uno
scrittore, si trasformerà in oggetto di pettegolezzi da parte degli
studenti
del suo ex liceo.
L’argomento
principale di queste voci sulla sua persona
consiste nella storia d’amore che si credeva esistesse tra lui e Madame
ai
tempi della scuola. Finirà quindi per trasformarsi in un eroe, in una
leggenda
che viaggia di bocca in bocca.
La realtà resa
iperbolica diventa mito e il mito influenza la
realtà. Il protagonista infatti attraverso la letteratura e l’arte,
ovvero
attraverso la conoscenza di una serie di “coppie mitiche” di personaggi
che
sono archetipi letterari, inizia e completa la sua “educazione
sentimentale”.
Il punto di
partenza di questo percorso è la coppia di Ceneri di
Stefan Żeromski, capitato per
caso sotto il suo banco, e continua con Heyst e Lena di Joseph Conrad.
Durante
il percorso incappa nelle coppie nude e spudorate nei quadri di Picasso
che
hanno “abbandonato la cultura per la natura”, e il pensiero di questo
aspetto
“animalesco” dell’uomo lo turba alquanto.
Si immerge nelle
storie di Fedra e Ippolito, guarda con
sospetto i personaggi di Un
uomo, una donna
di Leoluch, e infine si immedesima in Paolo e Francesca utilizzando
questo
episodio dantesco come “strumento” per
i
suoi approcci con Madame.
Il romanzo è quindi
intriso di citazioni e riferimenti
letterari che vanno da Racine a Hölderlin, da Dante a Conrad. L’amore
per la
letteratura, l’arte, il teatro è un tema che occupa una posizione di
grandissimo rilievo all’interno della narrazione; il protagonista
compie un
percorso di formazione culturale che avrà una forte influenza sul suo
futuro.
Tuttavia non è
tutto qui: il personaggio vive in un luogo
ben definito in cui veniamo proiettati sin dall’inizio del romanzo. E’
una
realtà descritta nei minimi dettagli, talmente vivida che ci sembra di
essere
lì insieme al protagonista a camminare nelle vie di Varsavia.
E non è soltanto la
realtà geografica ad avere una
collocazione ben precisa. Per chi non ha conosciuto la Polonia ai tempi
della
PRL
o non ha avuto esperienze simili è illuminante la descrizione della sua
quotidianità:
lo stupore nel
Centre
de Civilisation Française davanti alla
“collezione” di BIC colorate, la difficoltà di essere ammessi a
spettacoli o
mostre legati alla cultura occidentale e il sospetto che desta anche il
semplice
interesse per questi eventi.
Il personaggio
all’inizio del romanzo è ben lungi
dall’immaginare quanto il suo futuro sarà condizionato dalla realtà
politica in
cui vive. Il suo processo di “consapevolizzazione” inizia nel momento
il cui, durante
le sue indagini, si trova a parlare con Jerzyk,
che ha studiato filologia romanza ed è figlio di Kostant, un amico dei
suoi
genitori.
La scusa che
accampa il Nostro per giustificare la richiesta
di un colloquio con lui è quella di avere informazioni sull’indirizzo
di filologia
romanza. In realtà non ha al momento una vera e propria intenzione di
scegliere
quel percorso, il vero motivo è che vuole avere informazioni su Madame,
che ai
tempi dell’università era compagna di studi di Jerzyk.
Il risultato di
questo incontro è un memorabile lunghissimo
soliloquio di quest’ultimo, frustrato e infelice proprio per aver
seguito
questo percorso di studi: in un luogo e in un tempo in cui era così
difficile
attraversare la “cortina di ferro“ non rappresentava certo né una
strada ricca
di sbocchi professionali né ancor meno una scelta che garantisse future
soddisfazioni personali.
… Se uno vuole capire
veramente una cultura, d e v e!” gridò quasi in un singhiozzo, “deve
recarrsi
nel Paese d’orrigine dei poeti di cui si occupa. Altrrimenti è inutile,
ne sa
quanto un cieco dei colorri, resta sempre un piccolo dilettante di
prrovincia
dal sapere librresco e dalle nozioni scolastiche. Chi studia Filologia
Rromanza
deve per forrza recarrsi in Frrancia. E sai dirrmi,
per favorre, dove si trrova la Frrancia?
Proprio così: in Occidente! Di là dalla Corrtina di Ferro!”.
L’obiettivo di
questo nevrotico personaggio con l’”r” alla
francese è dissuadere il Nostro dal suo
intento per preservarlo dalle sicure
delusioni cui andrà incontro. Quest’ultimo, dal canto suo, è molto più
interessato ad altro, e riesce ad ottenere un sacco di informazioni su
Madame
da Kostant. Tuttavia, volente o nolente, grazie allo sfogo di Jerzyk
comincia aprire
gli occhi sulla realtà politica in cui vive.
Innanzi tutto da lì
a poco il suo interesse per la filologia
romanza, che inizialmente è solo un pretesto, diventa una passione. Non
solo si
rende conto del fatto che molto probabilmente il suo futuro lo sta
portando
inesorabilmente verso la cultura occidentale, ma capisce anche che
questa
strada sarà molto difficile da percorrere.
Il tema politico ha
un fortissimo impatto nella storia del
protagonista, e nel romanzo. Il Nostro si scontra con la realtà in cui
vive,
viene a contatto gradualmente ma inesorabilmente con i limiti che gli
vengono
imposti dal luogo e dal periodo storico in cui vive.
Allo stesso tempo,
dietro alle quinte, c’è Antoni Libera che
ci racconta episodi della propria storia: la disavventura di Jerzyk
ricalca con
precisione ciò che era successo a lui nel ‘77:
traduttore in Polacco delle opere di Beckett, aveva conosciuto
quest’ultimo
personalmente e fu invitato alla prima di una sua opera alla Akademie
der Kunst
di Berlino Ovest. Purtroppo gli fu rifiutato il passaporto proprio con
le
modalità che descrive nel racconto di Jerzyk.
Il tema della fuga
verso l’ovest si ritrova spesso nel
romanzo. La stessa Madame con un messaggio “cifrato” consiglia al
Nostro di
“disertare”, ed è lei stessa a farlo subito dopo il ballo scolastico di
fine
anno. Gli consiglia di scrivere in francese, e di aspirare a un
pubblico più
ampio ma il nostro non lo fa, così come Antoni Libera non arriva mai a
scegliere
la fuga in occidente, e rimane a vivere a Żoliborz.
Esiste
indubbiamente una certa connotazione autobiografica
in questo romanzo. Tuttavia, come ci tiene a precisare l’autore,
pur essendo basato su avvenimenti spesso reali e su un’ambientazione
politica e
geografica sicuramente reale, è un romanzo di finzione.
E per non sollevare
dubbi su questo punto l’autore, e ce ne
rendiamo conto solo alla fine, fa sì che il racconto non sia frutto di
una
semplice riflessione del protagonista che parla in prima persona, ma
quello di
un’ulteriore elaborazione: il romanzo viene scritto dal personaggio
stesso una
decina d’anni dopo il periodo in cui si svolgono gli eventi narrati.
E’ quindi un
romanzo dentro il romanzo, e i confini del romanzo
di finzione sono gli stessi di quelli del romanzo reale. La sua
struttura è
rigorosa, nulla è lasciato al caso, nemmeno il numero dei capitoli. E
questo
viene spiegato direttamente dallo stesso personaggio nel Postscriptum:
(…) sette capitoli
“maggiori”,
come i sette giorni della creazione; trentacinque capitoli “minori”
quanti
erano gli anni del nostro “secolo eroico” al momento della nascita di
Madame, e
quanti ne compio io oggi (nel leggendario “mezzo del cammin” della mia
vita).
E’ il personaggio
stesso quindi a darci alcune chiavi di
lettura, e lo fa successivamente anche Libera in un’intervista del
gennaio 1999:
il suo libro andrebbe letto come una partitura musicale, il cui accordo
principale si basa su tre temi che si presentano sin dal primo
capitolo: la
musica (il pianoforte), gli scacchi e la montagna. Questi temi si
ripetono in
modo regolare in tutta la narrazione.
Intorno a questo
accordo si sviluppano gli ornamenti, ovvero
altri temi come ad esempio quelli della nascita e della fuga, che si
intrecciano con la trama principale. Questo tessuto fatto di
ripetizioni e
richiami culmina nel quinto capitolo, e in particolare nella sezione
dedicata
al sogno.
Essa secondo
l’autore rappresenta la cadenza: vi si ritrovano
infatti, rielaborati, tutti gli elementi che fino ad ora sono stati
inseriti
nel romanzo, e, come in un sogno in cui si manifesta un residuo diurno,
si
confondono e si mescolano in un’atmosfera delirante. Tuttavia questo
delirio,
che come tutto il resto non è stato inserito a caso, permette di fare
una
sintesi, di ricapitolare quanto accaduto fino ad ora.
In questo capitolo
il tono tocca l’apice dell’ironia. Perché
questo romanzo, scritto in uno stile rigoroso e classico, riesce ad
essere
anche molto ironico e, al di là dei temi affrontati e del retrogusto
amaro che
lo caratterizza, anche in un certo qual modo leggero e in molte parti
avvincente.
Il personaggio,
nonostante sia colto e arguto, nonostante i
suoi interessi non siano quelli che di solito caratterizzano un ragazzo
della
sua età, nonostante tutte le sue riflessioni profonde e mature, ha
comunque,
nei confronti dell’amore, uno sguardo ingenuo e bambinesco. Ed è questo
sguardo
che rinfresca, alleggerisce e rende ancora più piacevole il romanzo.
Il fascino che
Madame suscita in lui è lo stesso che suscita
in noi, perché noi ne vediamo il mistero attraverso i suoi occhi
freschi di
ragazzino. Ragazzino che fino ad ora ha avuto a che fare con l’amore
solo sui
libri, e che non ha alcuna familiarità con quello che è un rapporto
personale,
reale e adulto con un altro essere umano.
Inoltre vi è
nell’anima del protagonista una lotta interna:
da un lato vuole scoprire Madame, capire di che natura è il suo
mistero, ma
dall’altra sa che il raggiungimento di questo obiettivo non farebbe
altro che
farle perdere quell’aura di irrealtà che la caratterizza. Sa che ogni
risultato
positivo ottenuto con le sue indagini potrebbe attenuare il fascino che
Madame
esercita su di lui e, così facendo, questo fascino potrebbe perdersi
del tutto.
Per questo, forse,
l’oggetto di tanto desiderio e curiosità è
spesso presente come evocazione o ricordo e raramente in quanto persona
in
carne ed ossa: perché il primo ad essere innamorato di lei è proprio lo
scrittore
(quello vero? Quello di finzione?) che, alla fine, decide di non
rinunciare al
fascino della Belle Victorie.
E, quindi, ci
lascia credere per un momento di poterla
finalmente afferrare, ma ce la fa sfuggire di nuovo dalle mani
lasciandola
avvolta per sempre nel suo mistero.
E quando finiamo di
leggere l’ultima frase del romanzo, che richiama
la prima in un cerchio chiuso e perfetto, ci viene voglia di
ricominciare la
lettura subito daccapo.
E non a caso Antoni
Libera apre e chiude il romanzo in
questo modo: perché in questa apertura e in questa chiusura è contenuto
quello
che probabilmente è il suo vero amore, quello reale, a cui ha dedicato
tutta la
vita: il suo romanzo non poteva infatti che iniziare e finire
“all’ombra di
Beckett”.
L’incipit, infatti,
riprende proprio una frase che quest’ultimo
disse ad Antoni Libera durante una conversazione su
Effi
Briest di Teodor Fontane a Parigi.
“Perché
le
piace così tanto questo romanzo?”
Mi
rispose
solo dopo un lungo istante.
“Un
tempo
sognavo di scrivere qualcosa di simile. E quel sogno non è ancora del
tutto
svanito. Perché non ho scritto niente del genere. E non l’ho scritto…”,
ma non
finì la frase.
“E non
l’ha scritto…”, cercavo di tirargli fuori le parole di bocca in maniera
sfrontata.
Accennò
di
nuovo un sorriso, dopodiché allargò le braccia e disse:
“Perché… sono nato troppo tardi (…)”.
Nel finale, invece,
Madame regala al Nostro Finale
di Partita di Beckett, ed è in
questo libro che quest’ultimo troverà il famoso messaggio cifrato. E,
come
avviene per Paolo e Francesca nella Divina Commedia, seppur con esito
opposto…
Galeotto
fu
per noi
il libro e il suo autore:
da quel giorno interrompemmo la lettura
E quel libro,
quello di Beckett, dopo essere stato per il
nostro eroe fonte di illusione, dopo avergli dato finalmente il
coraggio di
provare per davvero ad afferrare la sua chimera, suggella la fine della
storia,
e l’ultimo suo, e nostro, incontro con Madame.
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