Poco prima
dell’inizio del Torino Film Festival siamo venuti
a sapere che Aki Kaurismaki sarebbe stato presente a Torino a
presentare in
anteprima il suo ultimo film
Mio marito
Francesco dice: “Dobbiamo fare un film, per
Kaurismaki. E poi glielo regaliamo, non so, magari all’anteprima di Miracolo a Le Havre
al Cinema Massimo, oppure
alla conferenza stampa”. E io rispondo: “Ma non ce la faremo mai! È
troppo
tardi, abbiamo solo un week end per girarlo e montarlo!”.
E lui: “Ma sì, ho
già in mente la storia: c’è un orafo
matto, fissato con i film di Kaurismaki e una signora di mezz’età che
chiede al
marito di comprarle un anello che vede su una rivista. Il marito non ne
vuole
sapere perché che costa troppo. Allora la moglie decide di andare da un
orafo,
far fondere dell’oro vecchio che ha in casa e farsi fare un anello
uguale a
quello della rivista, risparmiando così un po’ di soldi. Dato che l’oro
che ha
portato non basta, gli dà anche la sua fede.
Poi riprendiamo la
fusione di un po’ d’oro: Kaurismaki ha
messo nei suoi film un sacco di scene con fabbriche, forni, metalli
incandescenti. Durante la fusione l’orafo si distrae perché interrompe
continuamente il suo lavoro per andare nell’altra stanza a guardare
Nuvole In
Viaggio. Lascia acceso il cannello e la pagina con sopra il modello
dell’anello
finisce in cenere. Nella scena successiva la donna va dall’orafo per
ritirare
l’anello, paga, e se ne va. Torna a casa, apre la scatola e sviene.
Sviene di
colpo, come il personaggio di Nuvole in Viaggio quando perde il lavoro…
e poi
inquadriamo l’anello, che non è un anello, ma un anatroccolo.
Il marito e l’orafo
non si incontrano mai, può fare Samuele
tutte e due le parti. Gli mettiamo un po’ di quella specie di paglia in
testa, quella
che si usa per non far gocciolare gli scarichi dei lavandini. Poi gli
mettiamo
un cappello e un camice blu di quelli che si usano in laboratorio. Per
il ruolo
della moglie c’è sempre Claudia. L’anatroccolo si può fare d’ottone”.
Ricordare a mio
marito che Claudia e Samuele hanno solo
sette anni, a questo punto è superfluo. E poi in effetti comincio a
vederlo
nella mia mente, questo film: due bambini con due paia di occhiali
troppo
grossi e la montatura spessa appoggiati sul naso, che si comportano
come una
coppia di mezz’età, seduti su due poltrone rosse davanti al camino a
leggere,
lui il giornale, lei una rivista…
In ogni momento
libero discutiamo della sceneggiatura, e poi
la scriviamo, più dettagliata possibile, perché, quando si lavora con i
bambini
bisogna sapere esattamente dove si sta andando. Per le luci e le
riprese ci
facciamo aiutare da mia madre e mio padre, io, come sempre, ho il mio
posto
dietro l’obiettivo. Nel giro di un’ora Francesco sforna un
anatroccolino di
ottone che sembra proprio la copia in miniatura delle paperelle di
gomma che
popolano i film di Kaurismaki.
I dialoghi li
abbiamo scritti in modo che siano il più
possibile lapidari, così come ci si aspetta da un film ispirato a
Kaurismaki… e
queste frasi brevi e sintetiche aiutano anche i bambini ad essere
impassibili e
inespressivi come sono di solito i suoi personaggi.
Quando iniziamo a
girare Samuele non è affatto in forma, non
so se ha mal di testa o se sta covando qualche malanno, comunque ha uno
sguardo
vago e distratto e si muove in modo lento e scoordinato. E’ un orafo
matto
perfettamente riuscito.
Nel nostro piccolo
cinema che si trova proprio accanto al
laboratorio, il Cinema Zuta, proiettiamo nel frattempo Nuvole in
Viaggio in
versione originale senza sottotitoli, che fa da sottofondo, audio e
video, durante
tutte le riprese nel laboratorio dell’orafo matto.
Quindi, mentre
quest’ultimo lentamente pesa l’oro e dice con
aria svagata “Non c’è abbastanza oro”, e la “signora”, solo dopo mezzo
secondo
di esitazione, risoluta, si sfila la fede e gliela porge, si sentono
Kati
Outinen e Kari Väänänen che si scambiano brevi battute nella loro
lingua a noi incomprensibile.
La ripresa della
fusione ci soddisfa, e anche la parte
girata in casa. Al momento del montaggio lasciamo delle pause un po’
più lunghe
del normale tra una battuta e l’altra. Per rendere i dialoghi meno
fluidi eliminiamo
quasi completamente la tecnica dell’anticipo, secondo la quale il
taglio del video
avviene un po’ in anticipo rispetto al taglio dell’audio. Poi dobbiamo
mettere almeno
i sottotitoli in inglese.
Il giorno
dell’anteprima (di Miracolo a Le Havre, intendo)
facciamo i salti mortali per entrare nel cinema, e c’è una tale folla
che ci è
impossibile avvicinare Aki, il quale dice soltanto due parole alla sala
gremita
e fugge lasciando il pubblico solo a guardare il suo film.
Eugenia, la nostra
amica, ci propone di andare alla
conferenza stampa domenica mattina e così seguiamo il suo consiglio.
L’ambiente
è molto più tranquillo.
La “star” arriva,
col suo sorrisetto canzonatorio e una
bottiglia di birra in mano. L’organizzatrice infatti ha detto ai suoi
collaboratori di non portargli il bicchiere, che sicuramente
rifiuterebbe. Ha
anche in bocca una sigaretta che, ci tiene a precisare, dato che ancora
nel
2011 se ne vedevano poche, è una sigaretta elettronica.
Già dalle prime
domande si capisce che il nostro Aki non ci
dirà nulla di serio: il suo obiettivo è dare spettacolo, e lo raggiunge
in
pieno. Risponde alle domande con battute come: “Perché ho girato Le Havre?
Quando hanno chiesto a
Sir Hillary perché avesse scalato l’Everest, lui ha risposto: Perché
era lì”.
La sera prima Kaurismaki
aveva pensato bene di non andare a ritirare il premio che lo aspettava
al
Regio, vi erano anche vari pettegolezzi sulle motivazioni di questo
gesto e su
alcuni apprezzamenti poco gentili che il regista pazzerello avrebbe
fatto su
Penelope Cruz, incaricata di consegnargli il premio.
Non poteva quindi mancare
una domanda sul motivo per cui aveva disertato il tappeto rosso, a cui
ridacchiando lui ha risposto che non bisogna credere ai pettegolezzi, e
che
esistono attrici che sono attrici e attrici che sono mannequin, e che
il
tappeto rosso è rosso perché così non serve ogni volta lavarne via il
sangue.
Quando gli hanno chiesto
cosa avrebbe fatto se avesse vinto la palma d’oro a Cannes e cosa
pensava del
film che l’aveva vinta, ha risposto che se avesse vinto a Cannes si
sarebbe
suicidato, perché il suo film era orribile e, riguardo al film di
Malik, che certo
non poteva essere peggio del suo.
A qualche domanda
risponde anche con degli indovinelli come:
“Qual è il film che finisce con la battuta Nessuno
è perfetto?. Quasi tutta la sala ridacchia e dalle ultime
file si sente qua
e là qualcuno che dice :“A
qualcuno piace caldo”.
“E quello che finisce con la battuta: Andiamo!”?
Silenzio… per fortuna il preparatissimo Bruno Fornara, che è lì come
moderatore,
prontamente risponde: “Il
mucchio selvaggio”.
Ci si prova ancora,
a fare qualche domanda seria… ad esempio
gli chiedono quanti ciack in media faccia per ogni scena. Ma
ridacchiando
risponde che lui filma le prove, quando gli attori non sanno che la
telecamera
è accesa, e tiene buone quelle. Il primo ciack lo fa solo per far
contenti gli
attori. Insomma, l’intervista, tra gag e risatine termina con la
consegna del
premio e con questa sua simpatica frase: “Hitchcock è morto, e anche io
non mi
sento tanto bene”.
Il regista si alza
e i giornalisti si fiondano verso di lui.
Ma noi siamo già lì e gli tendiamo il DVD, con tanto di custodia e
copertina su
cui troneggia l’orafo pazzo disegnato da Samuele. Gli diciamo
semplicemente:
“It’s a present for you!”. E lui risponde “Thank you!”. Aki esce dalla
sala,
col premio in una mano e il nostro DVD nell’altra.
Qualche giorno dopo
abbiamo provato a scrivere alla sua casa
di produzione, per spiegare che il film era un regalo per Aki, che
durava solo
pochi minuti e che era solo un gioco.
Ci ha risposto una
sua collaboratrice, il cui nome avevamo
più volte notato tra le scritte dei titoli di coda dei film di
Kaurismaki. E’
stata molto gentile, e ha detto che sicuramente avrebbe inoltrato la
nostra
mail ad Aki… da cui però non abbiamo più saputo nulla…
Ci rimane la
speranza che nel suo prossimo film, sullo
sfondo di una stanza verde e spoglia, con un tavolino e un piattino con
sopra
due sole olive, si potrà scorgere una televisione modello anni ’50
accesa,
nella quale un piccolo orafo pazzo con i capelli di paglia dice “Non
c’è
abbastanza oro”, e una strana bambina con degli enormi occhiali sul
naso si
sfila la fede e gliela consegna perché la possa fondere.
|