La
“Scuola Polacca”
Anno
1957. Un memorabile afoso autunno. Da più di
dodici mesi – dalla manifestazione in Plac Defilad, dove si udirono
molte
parole su sofferenze inflitte, su errori e perversioni, e sul fatto che
tali
cose non si sarebbero mai più ripetute – regna in tutto il paese una
strana,
festosa atmosfera.
Antoni Libera
Nel 1956 in in Plac
Defilad il Primo Segretario del Partito
Operaio Unificato Polacco Władysław Gomułka tiene un famoso discorso in
cui
ammette e condanna alcuni crimini dello stalinismo. Questo fatto fa
nascere nei
polacchi grandi aspettative di libertà, ma presto tra i cittadini e in
particolare tra gli artisti inizia a serpeggiare la sensazione che le
cose non
vadano proprio come si sperava e l’iniziale ottimismo viene lentamente
smorzato. Le illusioni svaniscono gradualmente lasciando spazio ad una
cocente
delusione. In questo periodo così delicato si sviluppa la cosiddetta
“Scuola
Polacca”.
Non è facile dare
una forma definita e attribuire
caratteristiche omogenee all’espressione “Scuola Polacca”. Basti
pensare che
spesso gli stessi esponenti di questo fenomeno non si riconoscono in
esso. Come
dice Kazimierz Kutz, regista e critico cinematografico polacco che
inizia a
lavorare come assistente di Wajda proprio in quegli anni: Hanno parlato di una scuola
polacca che non è mai
esistita. Non ci sono mai stati un pensiero o direttrici comuni, ma
soltanto
l’avventura di individui isolati. Si tratta
infatti di identità separate
che lavorano in autonomia e hanno linguaggi, tematiche e stili diversi
tra
loro.
La critica ha avuto
spesso la tendenza a semplificare per
trovare analogie tra i vari esponenti e tra le varie opere della
“Scuola
Polacca” associando spesso questa formazione alla tematica della
seconda guerra
mondiale e dell’insurrezione di Varsavia. Tuttavia limitando la “Scuola
Polacca”
a questo ne verrebbero esclusi film che senza dubbio vi appartengono,
tra cui
lo stesso Madre Giovanna
degli Angeli (Titolo
originale: Matka Joanna od Aniołów).
Esso infatti affronta il tema religioso, che fino a poco prima del
discorso di
Władysław Gomułka era considerato tabù: bisogna ammettere infatti che
il
governo di quest’ultimo, per quanto ben lontano dal concedere la
libertà che
molti si aspettavano, ha comportato comunque una certa apertura,
permettendo di
sdoganare alcuni temi fino a pochissimo tempo prima censurati. Uno di
questi
temi è, appunto, la religione.
Il critico Tadeusz
Lubelski, che suddivide i film
riconducibili alla Scuola individuando correnti distinte in base ai
diversi
approcci registici, inserisce questo film in quella detta
“psicologico-esistenziale”, che vede tra le sue fila alcune tra le più
belle
pellicole di quegli anni. Questa corrente tende ad affrontare i
problemi della
natura umana in modo il più possibile universale e quindi slegato dalla
specifica esperienza polacca.
Jerzy
Kawalerowicz: regista
Jerzy Kawalerowicz,
regista di questo film, è un esponente
che avrà sulla “Scuola Polacca” una forte influenza: non a caso,
infatti, è
direttore artistico della squadra Kadr, che tiene sotto la sua ala la
maggior
parte degli autori appartenenti a questa formazione. La dirige a
partire dal
1955, anno di fondazione, fino al 2007, con un’interruzione di 4 anni
dal ’68
al ’72 in cui la squadra stessa si scioglie momentaneamente, per poi
riprendere
le attività come Studio Filmowe Kadr.
Rispetto ad alcuni
suoi celebri colleghi come Wajda e Munk,
Jerzy Kawalerowicz è meno interessato agli aspetti sociali e storici,
dimostrando una più spiccata tendenza ad evidenziare i caratteri
psicologici e
soprattutto esistenziali dei personaggi e della loro relazione con il
mondo che
li circonda. Inoltre la guerra è solo uno dei vari temi da lui
affrontati in
questo particolare periodo storico in cui, invece, Munk e Wajda si
concentrano
quasi esclusivamente su di essa.
Prima di Madre Giovanna degli
Angeli dirige altri tre film, tutti, come quest’ultimo,
con sua moglie
come attrice protagonista e datati rispettivamente 1954, 1957 e 1959:
il primo,
appartenente ancora al Socrealizm, si intitola Pod gwiazdą frygijską (trad.
All’insegna della
stella frigia), il secondo e il terzo, che fanno parte del
periodo della
“Scuola Polacca”, sono Prawdziwy
koniec wielkiej
wojny (trad. La vera fine della grande guerra) e
l’altrettanto
eccezionale Pociąg
(Titolo italiano: Il treno
della notte).
Jerzy
Wójcik: direttore della fotografia
La fotografia di
Jerzy Wójcik è raffinata e
particolarissima, come è dimostrato dal suo lavoro in film come Popiół i dyament (Titolo
italiano: Cenere e diamanti)
di Wajda e Nikt nie woła
(trad. Nessuno chiama)
di Kutz. In Madre
Giovanna degli Angeli
utilizza un bianco e nero simbolico che sembra evidenziare tutte le
sfumature
che esistono tra il bene e il male. Ne risulta una pellicola di
altissimo
livello artistico e di forte impatto visivo con un’estetica che in
qualche modo
anticipa quella skolimowskiana della “nowa fala” (la Nouvelle Vague
polacca)
utilizzata ad esempio in Bariera.
Lucyna
Winnicka: attrice protagonista
L’attrice
protagonista, Lucyna Winnicka è una vera e propria
icona del cinema polacco degli anni ‘60 e riesce a dare al suo
personaggio un carattere
davvero complicato e strano, evidenziandone sia gli aspetti di vittima
della
possessione, sia gli aspetti di qualcuno che malvagiamente trama
qualcosa,
creando una figura ambigua e controversa.
Lucyna Winnicka,
che sposa Jerzy Kawalerowicz negli anni ’50
ed è anche protagonista dei suoi precedenti film, studia diritto a
Varsavia e
oltre all’attrice fa il reporter. Fonda una scuola di medicina
alternativa
orientale, viaggia molto, lavora in teatro e scrive due libri. Dal ’98
lavorava
contro la corruzione dei politici e a favore della trasparenza nei
confronti
del cittadino.
Figlia cresciuta in
una famiglia liberale borgese, come
primo ruolo al cinema deve interpretare in Pod
gwiazdą frygijską (trad. Sotto la stella frigia), sempre
di Jerzy
Kawalerowicz, una comunista combattente: nonostante l’abissale
differenza tra
l’attrice e il suo personaggio, Lucyna Winnicka riesce a creare il
primo e
forse unico vero personaggio socrealista.
I suoi primi film,
che sono anche i primi film diretti da
suo marito, rappresentano i suoi capolavori e la rendono famosa, ma
sono anche
la sua maledizione. Lucyna Winnicka, infatti, non troverà più un posto
nel
cinema o nel teatro, e ricoprirà da allora solo ruoli di secondo piano.
Madre
Giovanna degli Angeli: il
racconto, il film
Madre Giovanna degli Angeli
è il quarto film girato da Jerzy Kawalerowicz e il suo rilascio è
datato 1960.
La sceneggiatura è frutto di una collaborazione tra Tadeusz Konwicki,
altro
sceneggiatore e regista fondamentale per la Scuola Polacca, e lo stesso
Jerzy
Kawalerowicz ed è ambientata nel XVIII secolo nella zona di Smoleńsk,
sullo
sfondo di uno sperduto monastero. È tratta dal racconto omonimo di
Jarosław
Iwaszkiewicz edito per la prima volta nel 1946 nella raccolta Nowa miłość i inne
opowiadania, ma scritto
durante la guerra.
Il racconto di
Iwaszkiewicz analizza il tema dell’esorcismo
e dei diavoli di Loudun, un caso realmente accaduto all’inizio del XVII
secolo
nella località francese, spostandone con nonchalance gli avvenimenti da
Loudun
a Ludyń, in Polonia, senza preoccupazioni riguardo al diverso sfondo
storico.
In quel periodo in Europa su questi argomenti si girano diversi film,
si
scrivono testi di vario genere, compresa un’opera in tre atti del 1969
di
Krzysztof Penderecki con libretto del compositore stesso.
Ma diversamente da
quanto avviene per questi ultimi, il film
di Kawalerowicz analizza un tema che va oltre l’esorcismo. Il film
ruota per lo
più sulla relazione tra padre Suryn e Madre Giovanna, posseduta dai
demoni. La
scelta temporale e spaziale è poco importante e soprattutto non ben
definita:
mai e da nessuna parte oppure sempre e ovunque. Il regista non critica
né
celebra il cattolicesimo, l’unico aspetto che gli interessa è quello
esistenziale: si fa domande su qual è il limite della libertà di un
uomo,
analizza il rapporto dell’uomo con il proibito e con i propri limiti e
il
rapporto dell’individualità con la collettività.
La pellicola vince
la Palma d’Argento a Cannes nello stesso
anno in cui Viridiana
di Luis Bunuel, che
affronta un tema molto simile, vince quella d’Oro. Il film suscita
tuttavia le
proteste dell’episcopato polacco e del vaticano dando vita ad uno
scandalo
politico-diplomatico.
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