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ARCHIVIO EVENTI DEL CINEMA ZUTA

La documentazione raccolta dal Professor Algo per i nostri eventi al Cinema Zuta

Evento 1 del 28 gennaio 2018

 

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L'ascolto musicale:

 

Young And Wild
The Strumbellas

I want to be you
France de Griessen

Death Don't Have No Mercy
Reverendo Gary Davis

 

 

- Titoli di coda di L.A. Zombie di Bruce LaBruce, con I want to be you di France de Griessen dall’album 6 uses for a heart, 2009.

- Ballerina di France de Griessen dall’album 6 uses for a heart, 2009.

- Honey lake di France de Griessen dall’album Saint Sebastien, 2014.

- I want to be you di France de Griessen dall’album 6 uses for a heart, 2009, video ufficiale.

 

E dal Professor Algo's Mood:

- Young and wild di The Strumbellas dall’album Hope, 2016.

- Death don't have no mercy del Reverendo Gary Davies, 1960.

 

Gli "Otto punti":

 

La tradizione dei bigliettini continua! I partecipanti possono scrivere su bigliettini di carta in modo anonimo le proprie impressioni a caldo sui film visti. I commenti vengono raccolti, messi in una scatola letti durante la cena. Il gioco prevede anche che si indovini l'autore di ogni bigliettino. Il testo dei bigliettini è riportato qui sotto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tardo autunno

 

1) Un piccolo gioiellino d'epoca, bello e divertente. Curioso vedere le ambientazioni che testimoniano il periodo di "occidentalizzazione" del Giappone: dagli interni delle case, alle strade, ai rapporti tra le generazioni diverse. I dialoghi rivelano una gentilezza e un'innocenza ormai perduta... e non solo in Giappone.

2) Più di due ore per raccontare una storia che altri registi non sarebbero riusciti a "tirare" per più di un'ora. Eppure ogni singolo fotogramma ha carattere di necessità, è percepito dallo spettatore come opera d'arte nell'opera d'arte. Bravo!

3) Bellissimo! Dialoghi brillanti nonostante il montaggio rigido di Ozu... Ritraggono perfettamente un'epoca che sta finendo e un nuovo mondo che difficoltosamente si fa strada. Impagabile la faccia abbacchiata di Hirayama mentre gli altri due rimirano le pipe: è il massimo dell'espressivitàà di un attore di Ozu... che per me è il migliore. Nessuno come lui ritrae con tanta compostezza un mondo in trasformazione caratterizzato da una certa crudeltà ma anche da una certa apertura.

4) Il film mi è piaciuto molto, Bellissimi gli interni, se potessi vorrei avere una casa arredata così.

5) Film bellissimo, la storia è semplice, raccontata con morbidezza, intensità e sottile umorismo. Grande lezione morale su quanto sarebbe meglio che ognuno si facesse i fatti suoi.

 

Partecipanti: Francesco, Marta, Lilia, Mauro, Nevia.

 

Evento 2 del 4 marzo 2018

 

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L'ascolto musicale:

 

Toccata per Spinettina e Violino
Girolamo Frescobaldi

Ieri ho sg. mio figlio
Vasco Rossi

Credi davvero
Vasco Rossi

 

 

- Ieri ho sg. mio figlio di Vasco Rossi dall’album Siamo solo noi del 1981

- Toccata per Spinettina e Violino di Girolamo Frescobaldi del 1628

- Credi davvero di Vasco Rossi dall’album Vado al massimo del 1982

 

Leggi sulla Toccata per spinettina e violino

 

Gli "Otto punti":

 

La tradizione dei bigliettini continua! I partecipanti possono scrivere su bigliettini di carta in modo anonimo le proprie impressioni a caldo sui film visti. I commenti vengono raccolti, messi in una scatola letti durante la cena. Il gioco prevede anche che si indovini l'autore di ogni bigliettino. Il testo dei bigliettini è riportato qui sotto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mr. Klein

 

1) Un bellissimo film sulla tendenza all'autodistruzione di un uomo, che da approfittatore diventa vittima, o forse la storia di un uomo il cui nome diventa un destino, o la storia di chi dentro di sé non riesce ad accettare quello che gli sta succedendo intorno, e che invece di reagire con le lacrime come Janine, reagisce chiedendosi veramente che differenza c'è tra lui e Klein, e arrivando alla conclusione che non ce n'è di differenza. Oppure, la storia di un dybbuk vendicativo che rivendica le anime degli ebrei sfruttati da Klein.

2) La sequenza più bella? Quando arriva a casa di Jeanne Moreau: con il quartetto/trio/duetto in sottofondo e una soggettiva davvero inquietante. Tanto realistica quanto surreale e onirica.

3) Questo film non è solo una variazione sul tema del doppio, è anche una riflessione sulla linea di confine tra la condizione di normalità e quella di perseguitato: basta pochissimo per passare dalla "zona grigia" a quella in cui si è condannati.

4) Un film dove nei dialoghi (molti) è quasi più importante quello che non viene detto rispetto a ciò che viene detto. Le informazioni sono poche, e spesso vaghe. Al centro di tutto c'è l'ossessione del protagonista deciso a stanare e affrontare il suo omonimo costi quel che costi: anche la deportazione in Germania. Losey sceglie per il film un cast francese piuttosto convincente compresa una Juliet Berto in un ruolo piuttosto insolito per lei. Anche Delon è misuratissimo, senza quell'aria da "cane bastonato" che ha in altri suoi film del periodo.

5) Una storia intrigante che lascia tante domande. Esisteva davvero l'altro Mr. Klein oppure era solo una proiezione, un alter ego del protagonista principale che non si rassegnava all'idea di essere di origine ebraica e di dover subire la persecuzione? Comunque un bel filmm belle ambientazioni, bel protagonista. Mi aspettavo più scene con Jeanne Moreau... pazienza

6) Un film inquietante insomma sono indecisa non so cosa dire, ma che apre un mondo intrigante ultraterreno che si presta a diverse interpretazioni.

 

Partecipanti: Francesco, Marta, Lilia, Mauro, Nevia, Enrico.

 

Evento 3 del 29 aprile 2018

 

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In questo evento speciale che festeggia il settimo compleanno del Cinema Zuta nasce Promuovi il tuo film: tre presentatori in tre minuti presentano tre film cercando di convincere i partecipanti a votare per il proprio. Il Professor Algo, indipendentemente dal risultato del voto, decide personalmente quale film proiettare.

 

I presentatori:

- Mauro per La nona porta del 1999 di Roman Polanski.

- Francesco per A serious man del 2009 di Joel e Ethan Cohen.

- Enrico per L'uomo che non c'era del 2001 di Joel e Ethan Cohen.

 

Il film più votato è stato: La nona porta.

Il film che il Professor Algo ha deciso di proiettare: La nona porta.

Il film proiettato: La nona porta.

 

Ecco le votazioni (anonime):

 

 

 

L'ascolto musicale:

 

Notturno in DO diesis minore op. postuma B49 di Fryderyk Chopin del 1830. La versione ascoltata al Cinema Zuta è suonata da Adam Harasiewicz.

Nel video il Notturno è suonato da Wladyslaw Spilman, pianista la cui travagliata storia è narrata nel film Il pianista di Roman Polanski.

 

Leggi sul Notturno

 

 

Il Notturno in DO diesis minore op. postuma B49 di Fryderyk Chopin suonato da Natalia Karp nel 1949. La pianista Natalia Karp aveva suonato questo stesso notturno nel campo di concentramento di Krakow-Plaszow salvando così la propria vita e quella di sua sorella.

 

Leggi sul Natalia Karp

 

 

Gli "Otto punti":

 

La tradizione dei bigliettini continua! I partecipanti possono scrivere su bigliettini di carta in modo anonimo le proprie impressioni a caldo sui film visti. I commenti vengono raccolti, messi in una scatola letti durante la cena. Il gioco prevede anche che si indovini l'autore di ogni bigliettino. Il testo dei bigliettini è riportato qui sotto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FILM SCELTO: La nona porta

 

1) Il film scorre bene ed è piacevole. Ma c'è qualcosa di strano. Per essere un film sul diavolo non è demoniaco, o forse sì, ma in un modo diverso da quello che ti aspetti. Ma forse è proprio questo l'aspetto demoniaco: la seduzione, il fatto che lo vuoi a tutti i costi. E' un enigma che ti intrappola quando cerchi di risolverlo. Qualcosa di trascendente verso cui vuoi andare anche se non sai dove ti porta.

2) Gli occhi verdi sono proprio diabolici. Io trovo che il film abbia una trama consistente e che rappresenti proprio un gioco per l'autore che ha volutamente evitato di approfondire il "genere" prt non fare solo un film di "genere".

3) Il film si presenta come un thriller esoterico centrato su un libro e sul diavolo. Ma come nel suo più ben riuscito "Rosemary's baby" Polanski mostra di credere assai poco nel diavolo. E se in "Rosemary's baby" ciò era compensato da una buona dose di sottile ironia, qui non c'è nulla (o quasi) che possa davvero appassionare lo spettatore. Si parla di riti demoniaci come si potrebbe parlare di ricette di cucina. E di delitto in delitto la trama si snoda fiacca e senza convinzione con un Johnny Depp che si barcamena come può nei panni di un mercante di libri avido ma piuttosto maldestro. L'unico vero "Demone" è forse la Lena Olin, sicuramente più credibile dei due personaggi femminili.

4) Un bel gioco, girato con tutti i crismi e con qualche tocco di genialità, come la ragazza che vola. Ipnotica e satanica la Seigner. Polanskiana la musica, e soprattutto polanskiani i tentati investimenti e gli inseguimenti in moto. Buffo quando Corso prende un colpo in testa e si vede doppio lui stesso, invece di "vederci doppio".

5) Riflettevo sul fatto che il numero di anni che passa tra la data di pubblicazione del libro 1666 e l'anno di produzione del film 1999 è proprio 333 che diviso 4 e moltiplicato per 8 fa 666 che è il numero del diavolo e questo accade anche se dividiamo 333 per 2 e poi lo moltiplichiamo per 4 oppure anche se moltiplichiamo 333 per 3 e poi gli togliamo proprio 333: 333 x 3 = 999 - 333 = 666. LA MATEMATICA E' DIABOLICA COME IL SUO CREATORE per questo la ragazza dagli occhi verdi è un essere umano ma è anche un essere diabolico.

 

Partecipanti: Francesco, Marta, Lilia, Mauro, Enrico.

 

Evento 4 del 3 giugno 2018

 

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In questo evento speciale che festeggia il settimo compleanno del Cinema Zuta nasce Promuovi il tuo film: tre presentatori in tre minuti presentano tre film cercando di convincere i partecipanti a votare per il proprio. Il Professor Algo, indipendentemente dal risultato del voto, decide personalmente quale film proiettare.

 

I presentatori:

- Mauro per Top Secret! del 1984 di Zucker-Abrahams-Zucker.

- Enrico per Venere in pelliccia del 2013 di Roman Polanski.

- Francesco per Mulholland Drive del 2001 di David Lynch.

 

Il film più votato è stato: Top Secret! (quasi all'unanimità).

Il film che il Professor Algo ha deciso di proiettare: Mulholland Drive.

Il film proiettato: Mulholland Drive.

 

Ecco le votazioni (anonime):

 

 

 

 

 

 

L'ascolto musicale:

 

Il brano dell'ascolto musicale era tratto dalla colonna sonora del film Mishima: A Life in Four Chapters, di Philip Glass del 1985, e in particolare abbiamo ascoltato Closing.

 

A proposito di questo abbiamo parlato del film, girato, questa volta, dallo stesso Yukio Mishima: Yukoku, The rite of love and death di Yukio Mishima del 1966.

 

Leggi su Mishima

 

 

Gli "Otto punti":

 

La tradizione dei bigliettini continua! I partecipanti possono scrivere su bigliettini di carta in modo anonimo le proprie impressioni a caldo sui film visti. I commenti vengono raccolti, messi in una scatola letti durante la cena. Il gioco prevede anche che si indovini l'autore di ogni bigliettino. Il testo dei bigliettini è riportato qui sotto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FILM SCELTO: Mulholland Drive

 

1) Costruzione narrativa particolare "ad incastro", che sorprende lo spettatore (almeno quando riesce a capirla). La tensione narrativa non cade mai ed è arricchita da momenti di ironia. Scelta degli attori azzeccata (specie i gangster italiani) bella la musica.

2) Avendolo visto una settimana fa non avevo voglia di vederlo, però mi è piaciuto lo stesso. Ha un sacco di elementi che mi ricordano Polanski: i vecchietti inquietanti alla Rosemary's baby, la padrona di casa (Coco) truccatissima, il fatto di vivere a casa di un altro, con un ospite inatteso, i vicini che controllano e l'atmosfera angosciante. Tutto con vari tocchi di comicità. Watts bravissima, e anche Lynch.

3) Un misterioso teatro che dà spettacoli di magia alle 2 di notte, un nano incravattato che dirige il mondo come un burattinaio, un cowboy un po' predicatore un po' mafioso. E poi l'uomo nero, materializzazione delle paure infantili. Lo spettatore segue il film un po' con lo sguardo terrorizzato di Laura Herring un po' con quello infantilmente estasiato di Naomi Watts. E se non si lascia disorientare troppo dai "trabocchetti" di Lynch si lascia avvolgere dalle immagini, dai colori, dai suoni e naufraga dolcemente in quello che sembra un mare di assurdità e che invece, alla fine, trova una perfetta logica.

4) Un film che merita di sicuro una seconda e anche una terza visione per capire e cogliere alcuni significati della storia. Comunque bello. Colpisce con aspetti inquietanti ma anche divertenti, con personaggi quali il killer, il mafioso. La Watts molto brava e anche la colonna sonora mi è piaciuta molto.

5) Film che mette d'accordo tutti!! Anche tutti coloro che non lo hanno votato. Ci hanno già scritto tutti: la BBC, basandosi sul giudizio di 177 critici cinematografici, lo ha eletto miglior film del XXI secolo.

6) Mi è piaciuto. Don't ask me why. Belle immagini, bei colori... è come un caleidoscopio: cambiano i personaggi, ambientazioni, ma in qualche modo tutto rimane incastrato e collegato creando un insieme coeso e coerente. Il finale svela il quadro complessivo lasciando tante domande e possibilità interpretative.

 

Partecipanti: Francesco, Marta, Lilia, Mauro, Enrico, Giusi, Nevia.

 

Evento 5 del 9 settembre 2018

 

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L'ascolto musicale:

 

L'ascolto musicale di questo evento ha come filo conduttore un regista che ha creato i video di alcuni tra i più importanti musicisti degli ultimo ventennio: Samuel Bayer.

 

Leggi su Samuel Bayer

 

- Smells Like Teen Spirit dei Nirvana, del 1991

- Zombie di The Cranberries, del 1994

- Until It Sleeps dei Metallica, del 1996

- Anybody Seen My Baby? dei Rolling Stones, del 1997

- Disposable Teens di Marilyn Manson, del 2000

 

Gli "Otto punti":

 

La tradizione dei bigliettini continua! I partecipanti possono scrivere su bigliettini di carta in modo anonimo le proprie impressioni a caldo sui film visti. I commenti vengono raccolti, messi in una scatola letti durante la cena. Il gioco prevede anche che si indovini l'autore di ogni bigliettino. Il testo dei bigliettini è riportato qui sotto.

 

 

 

 

 

 

 

Vampyr

 

1) Non mi è piaciuto per niente, anzi l'ho odiato. çento fino all'esasperazione e noioso; non ho capito quasi niente della trama e ho odiato tutti i personaggi presenti. Ho sperato fino alla fine in un omicidio di massa di tutti gli abitanti, invece lieto fine (mannaggia). Al termine della visione mi sono sentita frustrata da questo film.

2) Sorprendente, non sembra realizzato nel '32. Bel montaggio che crea suspense e descrivev stati d'animo abbinando abilmente immagini e musica. Stupendo il gioco delle ombre. Un gioiellino in bianco e nero.

3) Geniale la soggettiva del morto, soprattutto il sonoro, in particolare le voci che chiamano nel bosco. Geniale la recitazione della "quasi vampira" quando all'improvviso sorride.

4) Un sonoro bellissimo, perfettamente integrato con idee di regia e fotografia geniali. La sequenza delle ombre con il ballo e i musicisti è fantastica anche per il 2018.

5) Un film che vive grazie ai chiari-scuri della luce. Dreyer è notevolmente all'avanguardia sull'utilizzo degli effetti speciali dosando luci ed ombre. La tensione e la drammaticità della narrazione è data dagli spazi nudi, dalle pareti spoglie abbandonate in contrasto con l'arredamento ricercatoe mai spoglio della casa delle ragazze dagli spazi vuoti, dalle sovrapposizioni di immagini, dal suono che riempie e svuota la storia. Ho trovato un po' prolissa la parte del libro utilizzata a mo' di voce fuori campo.

6) Un'atmosfera oscura e onirica, costruita con giochi di luce e suoni e movimenti di macchina magistrali. A me comunque i film di quel periodo annoiano e certe volte mi danno i brividi come se vedessi un fantasma.

7) Molto bello, ha stimolato innumerevoli riflessioni in tutti noi e a tratti mi ha commosso. L'unico dubbio che mi rimane è il motivo della scelta da parte del regista dei filmare in bianco e nero.

8) Vampyr mi è piaciuto molto per l'utilizzo di diversi espedienti cinematografici misti ad elementi del precinema (utilizzo del dagherrotipo per l'evocazione di fantasmi, scena collettiva senza l'utilizzo di attori). Il sonoro è poco, ma ben dosato: il regista ha scelto l'evocatività molto più con l'immagine.

 

Top Secret!

 

1) Nonostante non sia un grande estimatore di film nonsense e ne abbia visti pochissimi, la pellicola mi è piaciuta e l'ho trovata divertente. Un film del genere ci aiuta a prendere un po' di più le distanze dai film di genere in maniera anche intelligente con il supporto di attori che sono diventati celebri anche grazie a questi film. Geniale la prima scena con Omar Sharif sul tetto del treno. Un inizio così identifica subito il carattere del film.

2) Film molto divertente e leggero, ottimo per ridere spensieratamente e soprattutto funziona ancora oggi (temevo che a trentaquattro anni di distanza risultasse lento e non divertente).

3) Film surreali: i miei preferiti.

4) Non pensavo che mi sarei divertito così tanto, è stupido ma intelligente.

5) Il film mi è piaciuto. Non ho colto tutti i riferimenti presenti, però è stato divertente, ne vedrei altri di questo genere. Piccola pecca ultra soggettiva: avrei voluto vederlo col doppiaggio italiano.

6) Tollerabilmente demenziale... Ma non abbastanza da tentarmi. Satira un po' tiepida mista a pecoreccio.

7) Non mi è piaciuto perché non è un film politically correct. Attacca ingiustamente l'ordine e la disciplina che regnano sovrani nei sistemi diversamente democratici.

8) Che bella creatività degli anni '80! Il mito di Elvis che sconfiggr i comunisti cattivissimi. Tante trovate e bel ritmo. Top Secret: una sorpresa.

9) Anche dopo tutti questi anni mi ha fatto ancora ridere un sacco. Un film sulla Germania dell'Est, quando ancora esisteva la Germania dell'Est, girato come fosse nella Germania nazista. E comunque anche gli americani ne escono come degli idioti! Sembrano gli americani ritratti dai filme della propaganda comunista (Realismo Socialista).

10) Insomma, non è il mio genere. Alcune gag divertenti e originali, il resto è abbastanza noioso e prevedibile. Ne ho approfittato per fare un pisolino.

 

Partecipanti: Francesco, Marta, Lilia, Mauro, Nevia, Daniele, Daniela, Valentina, Alice, Paolo.

 

Evento 6 del 28 ottobre 2018

 

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L'ascolto musicale:

 

Gli "Otto punti":

 

La tradizione dei bigliettini continua! I partecipanti possono scrivere su bigliettini di carta in modo anonimo le proprie impressioni a caldo sui film visti. I commenti vengono raccolti, messi in una scatola letti durante la cena. Il gioco prevede anche che si indovini l'autore di ogni bigliettino. Il testo dei bigliettini è riportato qui sotto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scarface

 

1) Un vero film “di una volta” con una storia avvincente, emozione e sentimenti. C’è anche una bellissima scena in cui la sorella del gangster invita a ballare Luigi. Un capolavoro di seduzione e sensualità. Dopo aver visto questa scena non potrò evitare di iscrivermi a un corso di tip-tap.

2) Una lunga didascalia iniziale svela l’intento del film: sensibilizzare il pubblico americano sul problema della criminalità e sulla necessità di mobilitare maggiormente le forze dell’ordine. Così nasce il gangster movie. Scarface è un film che procede con un ritmo serratissimo, pressoché senza colonna sonora e con qualche tratto di consapevole comicità (il personaggio di Duke che finisce però in modo tragico). L’uso delle ombre che anticipano il pericolo rivela qualche traccia di espressionismo. OttimoIl protagonista, brava (è bella) la sorella, piuttosto moscia e invece è la donna del boss, che non regge il confronto con la Pfeiffer del Mac. Interessante, nell’originale, l’immagine della stampa e soprattutto della morbosità dei lettori avidi di fatti di sangue. C’è anche un pizzico di cronachismo quando il film richiama, seppure un po’ di passaggio, la strage di San Valentino.

3) Geniale il personaggio “comico” di junk che si iscrive e si sposa perfettamente con la drammaticità e la tensione elevata del film appunto interessante nel confrontare i due film (1932, 1984), notare le differenti connotazioni ideologiche e soprattutto il differente ruolo della polizia.

4) Mi piacerebbe tanto poter scrivere qualcosa, ma sono senza ispirazione… Incantata dal fuoco del camino…

5) Mi piace molto l’atmosfera dei film di questi anni. È come camminare in un bosco di notte senza provare inquietudine, e comunque trovo sempre straordinario come corpi eterei possano emozionarci così tanto da desiderare di essere dentro un film per poter ballare con loro.

6) La sequenza più bella è quella in cui Scarface viene portato nel campo profughi cubano. E poi mi è piaciuto molto quando alla fine del film si salva scappando via in elicottero. Marta!

 

Partecipanti: Francesco, Marta, Lilia, Mauro, Nevia, Enrico.

 

Evento 7 del 16 dicembre 2018

 

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L'ascolto musicale:

 

Durante questo evento il Cinema Zuta ha presentato i brani scelti per i titoli di coda del Professor Algo, il famoso concorso musicale detto Professor Algo's mood. I fortunati partecipanti hanno anche avuto la possibilità di votare per i loro brani preferiti.

 

A seguire, l'ascolto della geniale Due giornate fiorentine di Roberto Vecchioni.

E poi, il Cinema Zuta si è deliziato con la lettura di alcuni brani, che riportiamo qui sotto, da La nausea di Jean Paul Sartre letti da Mauro ed Enrico. E per non farsi mancare davvero nulla, la lettura è stata accompagnata da due bellissimi brani di Luciano Berio!

Ascolta la lezione di musica andata in onda su Radio Rai Tre il 21 febbraio 2015 in cui si parla di Quattro versioni originali della "Ritirata notturna di Madrid" di Luigi Boccherini, sovrapposte e transcritte per orchestra di Luciano Berio.

 

Da La nausea di Jean Paul Sartre:

 

Avvertenza degli Editori

Questi quaderni sono stati trovati tra le carte di Antonio Roquentin. Noi li pubblichiamo senza nulla mutarvi. La prima pagina non ha data, ma abbiamo buone ragioni per pensare che essa preceda di qualche settimana l’inizio del giornale propriamente detto. Sarebbe dunque stata scritta al più tardi verso il principio del gennaio 1932. A quest’epoca Antonio Roquentin, dopo aver viaggiato l’Europa Centrale, l’Africa del Nord e l’Estremo Oriente, si era stabilito da tre anni a Bouville per completare le sue ricerche storiche sul marchese Rollebon.

GLI EDITORI

 

Foglio senza data

La miglior cosa sarebbe scrivere gli avvenimenti giorno per giorno. Tenere un diario per vederci chiaro. Non lasciar sfuggire le sfumature, i piccoli fatti anche se non sembrano avere alcuna importanza, e soprattutto classificarli. Bisogna dire come io vedo questa tavola, la via, le persone, il mio pacchetto di tabacco, poiché è questo che è cambiato. Occorre determinare esattamente l’estensione e la natura di questo cambiamento.

Per esempio ecco un astuccio di cartone che contiene la mia bottiglia d’inchiostro. Bisognerebbe provare a dire come la vedevo prima e come adesso la... [Una parola lasciata in bianco]

Ebbene! È un parallelepipedo rettangolo che si distacca su - è idiota. Non c’è nulla da dirne. Ecco quel che si deve evitare, non bisogna mettere dello strano dove non c’è nulla. Credo sia questo il pericolo, quando si tiene un diario: si esagera tutto, si sta in agguato, si forza continuamente la verità. D’altra parte son certo che da un momento all’altro - sia a proposito di questo astuccio che di qualsiasi altro oggetto - io posso ritrovare l’impressione dell’altro ieri. Devo star sempre all’erta altrimenti essa mi scivolerà ancora di tra le dita. Non bisogna... [Una parola è cancellata (forse “forzare” o “forgiare”), un’altra, riscritta sopra, è illeggibile] ma notare accuratamente e con i maggiori particolari tutto ciò che succede.

 

Giovedì, le undici e mezzo.

Ho lavorato due ore nella sala di lettura. Sono sceso nel cortile delle Ipoteche per farmi una pipata. La piazza è lastricata in mattoni rosa. I bouvillesi ne sono orgogliosi perché risale al XVIII secolo. All’imbocco di via Chamade e di via Suspédard delle vecchie catene ne sbarrano l’accesso alle carrozze. Alcune signore in nero, che portano a passeggio il cane, scivolano sotto i portici, lungo il muro. Raramente avanzano fino in piena luce ma gettano obliqui sguardi da giovanette, furtivi e soddisfatti, sulla statua di Gustave Impétraz. Non devono neanche sapere il nome di questo gigante di bronzo, ma, dalla finanziera e dal cilindro, vedono bene che dev’essere stato qualcuno del mondo elegante. Tiene il cappello con la sinistra e posa la destra su una pila di in-folio: è un po’ come se, sopra questo piedistallo, ci fosse il loro nonno colato in bronzo. Non hanno bisogno di guardarlo a lungo per capire ch’egli la pensava come loro, esattamente come loro, su ogni argomento. Al servizio delle loro idee solide e ristrette egli ha messo la sua autorità e l’immensa erudizione attinta negli in-folio che schiaccia con la sua pesante mano. Le signore in nero se ne sentono sollevate, possono dedicarsi tranquillamente alle cure domestiche, portare a passeggio il cane: non hanno più la responsabilità di difendere le idee sante, le idee buone che hanno ereditato dai loro padri: un uomo di bronzo se ne è fatto custode.

La grande Enciclopedia consacra qualche riga a questo personaggio; le ho lette l’anno scorso. Avevo posato il volume sul davanzale d’una finestra; dietro i vetri potevo scorgere il cranio verde d’Impétraz. Appresi che fiori verso il 1890. Era ispettore d’accademia. Dipingeva squisite sciocchezzuole e scrisse tre libri: Della popolarità presso gli antichi greci (1887), La pedagogia di Rollin (1891) e un Testamento poetico nel 1899. Morì nel 1902 suscitando il commosso rimpianto dei suoi dipendenti e delle persone di gusto.

Mi sono appoggiato alla facciata della biblioteca. Tiro dalla mia pipa che minaccia di spegnersi. Vedo una vecchia signora che esce timorosa dal porticato e si mette a guardare Impétraz con un’aria sagace e ostinata. D’un tratto si fa animo, traversa il cortile con tutta la sveltezza delle sue zampe e si ferma un momento davanti alla statua muovendo le mandibole. Poi scappa, nera sul lastricato rosa, e sparisce in una crepa del muro.

Magari questa piazza verso il 1800 era gaia, con i suoi mattoni rosa e le sue case. Ora ha qualcosa di secco e di cattivo, una delicata punta d’orrore. È quel brav’uomo lassù, sul piedistallo, che la suscita. Gettando in bronzo questo universitario ne hanno fatto un mago.

Guardo Impétraz in faccia. Non ha occhi, appena il naso e una barba rosicchiata da quella strana lebbra che talvolta s’abbatte come un’epidemia su tutte le statue d’un quartiere. Egli saluta: sul suo panciotto, all’altezza del cuore, c’è una grande macchia verde chiaro. Ha un aspetto malaticcio e cattivo. Non vive, no, ma non è nemmeno inanimato. Una sorda potenza emana da lui: è come un vento che mi respinge: Impétraz vorrebbe scacciarmi dal cortile delle Ipoteche. Non me ne andrò prima d’aver finito questa pipata.

Un’alta ombra magra sorge bruscamente dietro di me. Sussulto.

- Scusi, signore, non volevo disturbarla. Ho visto che muoveva le labbra. Di sicuro ripeteva qualche frase del suo libro -. Ride. - Dava la caccia agli alessandrini?

Guardo l’Autodidatta con stupore. Ma egli sembra sorpreso della mia sorpresa.

- Forse, signore, che non si devono evitare accuratamente gli alessandrini nella prosa?

Sono leggermente scaduto nella sua stima. Gli domando che cosa fa qui, a quest’ora. Mi spiega che il suo padrone gli ha dato vacanza e che è venuto direttamente in biblioteca; che non pranzerà, che leggerà fino alla chiusura. Non l’ascolto più, ma ha dovuto allontanarsi dal suo primitivo argomento poiché d’un tratto sento: - ...aver come lei la fortuna di scrivere un libro. - Bisogna ch’io dica qualcosa.

- Fortuna… - dico, in tono dubitativo.

Fraintende il senso della mia risposta e si corregge premurosamente: - Scusi, avrei dovuto dire: merito.

Saliamo le scale. Non ho voglia di lavorare. Qualcuno ha lasciato sul tavolo Eugénie Grandet, il libro è aperto a pagina ventisette. Lo prendo macchinalmente e mi metto a leggere la pagina ventisette, poi la pagina ventotto: non ho il coraggio di cominciare dal principio. L’Autodidatta si è diretto verso gli scaffali con passo vivace; ne riporta due volumi e li posa sulla tavola, ha l’aria d’un cane che ha trovato un osso.

- Che cosa legge?

Mi pare riluttante a dirmelo: esita un po’, rotea i suoi grandi occhi smarriti, e poi mi porge i libri con un’aria impacciata. Sono La torba e le torbiere, di Larbalétrier, e Hitopadésa o l’Istruzione utile, di Lastex. Ebbene? Non vedo che cosa lo metta in imbarazzo: queste letture sembrano decorosissime. Per scarico di coscienza sfoglio Hitopadésa e non vi trovo niente di men che elevato.

 

Lunedì.

Come ho potuto scrivere, ieri, questa frase assurda e pomposa: «Ero solo, ma procedevo come una schiera di soldati che scende su una città»? Io non ho bisogno di far delle frasi. Scrivo per mettere alla luce certe circostanze. Diffidare della letteratura. Bisogna scrivere tutto come viene alla penna, senza cercare le parole.
Ciò che mi fa disgusto, in fondo, è d’esser stato sublime, ieri sera. Quando avevo vent’anni mi sborniavo, e poi spiegavo che ero un tipo sul genere di Descartes. Sentivo perfettamente che mi gonfiavo d’eroismo, mi lasciavo andare, mi piaceva. Dopodiché, il giorno seguente avevo una tale nausea come se mi fossi risvegliato in un letto pieno dì vomito. Io non vomito, quando sono ubriaco, ma sarebbe molto meglio. Ieri non avevo nemmeno la scusa dell’ubriachezza. Mi sono esaltato come un imbecille. Ho bisogno di ripulirmi con pensieri astratti, trasparenti come l’acqua.
Questo senso d’avventura decisamente non proviene dagli avvenimenti: ne ho fatto la prova. Piuttosto è il modo con cui gli istanti si concatenano. Ecco come credo che avvenga: d’un tratto si sente che il tempo scorre, che ogni istante porta con sé un altro istante, questo un altro e così dì seguito; che ogni istante si annulla, che non vale la pena di tentare dì trattenerlo, ecc. ecc. E allora si attribuisce questa proprietà agli avvenimenti che vi appaiono negli istanti; ciò che riguarda la forma lo si attribuisce al contenuto. Insomma, di questo famoso scorrere del tempo, se ne parla molto ma non lo si vede affatto. Si vede una donna, si pensa che diventerà vecchia, soltanto che non la si vede invecchiare. Ma a volte, sembra di vederla invecchiare e di sentirsi invecchiare con lei: questo è il senso dell’avventura.
Questo si chiama, se ben ricordo, l’irreversibilità del tempo, il senso dell’avventura sarebbe semplicemente quello dell’irreversibilità del tempo. Ma perché non lo si ha sempre? Forse il tempo non sarebbe sempre irreversibile? Vi sono momenti in cui si ha l’impressione che si può fare quel che si vuole, andare avanti o tornare indietro, che ciò non ha importanza; e poi altri in cui si direbbe che le maglie si sono rinserrate e, in questi casi, non è questione di mancare il proprio colpo poiché non si potrebbe più ripeterlo.
Anny sapeva trarre dal tempo tutto quanto era possibile. All’epoca in cui lei era a Gibuti e io ad Aden, quando andavo a trovarla per ventiquattr’ore, lei s’ingegnava dì moltiplicare i malintesi tra noi, fino a che non restavano più che sessanta minuti alla mia partenza; sessanta minuti, giusto il tempo che ci vuole per sentir passare i secondi uno ad uno. Mi ricordo una di queste terribili serate. Dovevo ripartire a mezzanotte. Eravamo andati al cinema all’aperto; eravamo disperati, lei quanto me. Soltanto che era lei che dirigeva il giuoco. Alle undici, all’inizio del film lei mi prese la mano e me la serrò tra le sue senza una parola. Mi sentii invadere da una gioia acre e compresi, senza aver bisogno di guardare l’orologio, che erano le undici. A partire da quell’istante cominciammo a sentir scorrere i minuti. Quella volta ci lasciammo per tre mesi. Ad un certo punto si proiettò sullo schermo un’immagine tutta bianca, l’oscurità s’addolcì e vidi che Anny piangeva. Poi, a mezzanotte, ella lasciò la mia mano dopo averla stretta violentemente; mi alzai e partii senza dirle una parola. Fu un lavoro ben fatto.

 

Traduzione di Bruno Fonzi

 

Gli "Otto punti":

 

La tradizione dei bigliettini continua! I partecipanti possono scrivere su bigliettini di carta in modo anonimo le proprie impressioni a caldo sui film visti. I commenti vengono raccolti, messi in una scatola letti durante la cena. Il gioco prevede anche che si indovini l'autore di ogni bigliettino. Il testo dei bigliettini è riportato qui sotto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bianca

 

1) L'inizio del film è riuscitissimo. Il "voyeurismo" di Michele che spia vicini e amici ed è poi a sua volta spiato dalla polizia è reso benissimo anche registicamente. Ottima (e in anticipo sui tempi) l'idea della scuola-spettacolo. Poi tutto si blocca un po' col difetto tipico di Moretti: sceneggiatura debole bozzettistica e che oltre tutto spazia dalla commedia surreale al noir. Così, alla fine, il filme (pur complessivamente gradevole) finisce per concentrarsi tutto sui tic e le ossessioni di Michele. Divertenti all'inizio, ma a lungo andare, inevitabilmente, un po' ripetitive.

2) Vedere un film di Nanni Moretti è come rivedere un vecchio amico simpatico ma un po' fuori di testa. Non importa se il film è un po' "slegato" ma fa piacere vederlo e gli si vuole bene.

3) Incredibilmente attuale. Moretti si pone le stesse domande che i giovani delle diverse generazioni si pongono: cos'è l'amore? e' possibile che duri per sempre? Perché ci si divide? ... e continuiamo così... facciamoci del male.

4) Bianca appare dopo quindici minuti di film e nonostante tutto Michele resta triste in tutto il film. Per il resto, che dire, io non riesco a non immedesimarmi con lui. I pazzi mi sembrano tutti gli altri.

5) Moretti faceva ridere! Il film si perde un po' ma rimane un'impressione di vivacità, di freschezza e di originalità. Bella proposta.

6) Un film folle, un modo di vedere il mondo da fuori, come dal punto di vista di un marziano! Chi sarà il vero pazzo? Lui o tutti gli altri?

7) Bianca è bellissimo, bellissima. Se non si fosse capito Bianca mi piace molto. Moltissimo. Ma dire perché mi piace mi risulta difficile. Sono tante le cose che mi piacciono di questo film. Ma soprattutto, penso, per il suo sottofondo malinconico.

 

Partecipanti: Francesco, Marta, Lilia, Mauro, Enrico, Daniele, Daniela, Paolo.